martedì 6 ottobre 2015

Come si discute sulla Costituzione


Sono intervenuto oggi nell'aula del Senato nel vano tentativo di ricostruire un clima civile. Sarebbe necessario nella discussione sulla Costituzione, e anche utile per far emergere la vera posta in gioco. Purtroppo la proposta non è stata recepita, almeno finora. Ecco il testo del mio intervento:

Signor presidente, onorevoli senatori,

nessuno di noi si deve rassegnare alla mancanza di dialogo in argomento costituzionale. Anche chi pensa di aver fatto di tutto deve cercare ancora di modificare il clima negativo di questa sessione del Senato.
Mettiamo da parte per un momento il rimpallo di responsabilità e cerchiamo di capire se è possibile fare un passo avanti. Non chiedo di ignorare quanto è accaduto, ma nessuna forzatura può giustificare altre forzature.
Voglio essere chiaro, credo sia stato un errore, grave prima di tutto sul piano politico, quello commesso da una parte delle minoranze con l'alluvione emendativa.

Ritengo altresì che la maggioranza, proprio in virtù della sua forza deliberativa, debba essere più interessata di altri a portare a termine il provvedimento in un clima sereno. Abbiamo già migliorato in alcuni punti il testo e altri emendamenti sono stati illustrati dalla presidente Finocchiaro. Domando: oltre quelli annunciati ci sono altri articoli che possono o debbono essere migliorati. Mi pare difficile negarlo. Se non altro sul piano tecnico sono evidenti alcune incongruenze, ad esempio l'articolo 39 o la mancanza di una norma di chiusura del procedimento legislativo, come ha spiegato stamane il senatore Quagliariello. E poi forse tra tutte le proposte avanzate dalle minoranze ci saranno pure soluzioni ragionevoli che possano arricchire il testo con piena soddisfazione di tutti. Ad esempio sulle competenze del Senato, sulla garanzia degli organi costituzionali il Quirinale in primis, sul titolo V.

Bene, allora prendiamoci un'altra ora di dibattito generale; un esponente della maggioranza esponga gli ulteriori miglioramenti che si intende apportare, si svolga un confronto proficuo con le minoranze, le quali potrebbero ritirare molti emendamenti inutili e concentrare l'attenzione sulle questioni dirimenti; si mantenga ferma la scadenza del 13 ottobre per l'approvazione, riorganizzando il dibattito dei prossimi giorni sugli argomenti principali secondo un programma concordato nella conferenza dei capigruppo, senza continuare a scaricare le tensioni politiche sulla presidenza del Senato.

Chiedo soprattutto al mio partito di prendere l'iniziativa di conciliazione. Ho partecipato alla discussione interna e tutti hanno sostenuto che l'unità del Pd avrebbe aiutato il confronto con gli altri partiti. Bene è il momento di farlo vedere. Non dobbiamo dare l'impressione che la nostra unità chiuda il dibattito.

Il primo partito dell'assemblea non lo è solo sul piano numerico. Il primo partito è quello che più di altri si spende per cercare la massima condivisione sulla scrittura della Costituzione.

1 commento:

  1. Caro Senatore, ho apprezzato il suo tentativo di "civilizzare" il clima in Senato, ma purtroppo non condivido la sua attribuzione di responsabilità decisive all'opposizione.
    Ho seguito le sedute in Senato quasi integralmente, soffrendo molto e talvolta piangendo, sempre ricordando i martiri che si stanno calpestando con l'aiuto di tal Verdini, antico mentore del premier.
    Sono una "comune cittadina", come dicono giornalisti e dèi dell'olimpo parlamentare e governativo, non sono una costituzionalista, ma so leggere e comprendere un testo come la nostra Costituzione, scritta con chiarezza, concisione e proprietà. Non alla Cociancich o alla Finocchiaro, per dirne un paio.
    Mi piacerebbe discuterne con lei punto per punto in uno spazio meno angusto di questo e in tempi meno assurdi diei tempi contingentati, strumenti per tagliare la libertà di parola.
    Io difendo il Senato e non mi faccio imbrogliare dall'alibi falso del superamento del bicameralismo perfetto, che si può ottenere con mezzi meno distruttivi e molto più facili e condivisi da tutti/e.
    Non mi faccio illudere dal Senato delle Auronomie, perché noi abbiamo bisogno di un Senato delle Garanzie, dei controlli e dei contrappesi.
    Io difendo il suffragio universale e, se avessi la libertà di opinone ed espressione dei parlamentari, accuserei i novelli costituenti di stare intaccando il 2° comma del 1° Pricipio Fondamentale. Mi perdoni, ma Finocchiaro e compagni non potranno mai gabellarmi i loro emendamenti e/o articoli come rispesttosi del voto diretto, che " è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico." (2° comma art. 48).
    Quanto alle dinamiche politiche e personali, rispettosamente le faccio notare che i toni alti spesso sono stati determinati dalla gestione di chi aveva in mano il potere decisionale.
    Le faccio altresì notare che il silenzio può essere più devastante e distruttivo anche delle urla (poche), perché chiude totalmente alla relazione e anche al semplice scambio. Pochi atti comunicativi hanno la violenza del silenzio, quando esprime disprezzo ed esclusione. L'esempio più facile lo fornisce il caso Cociancich: perché è rimasto in silenzio per un tempo così lungo? Perché poi ha parlato? Che cosa intendeva dire stando zitto. Lui le risposte le doveva ai cittadini/e come me che stavano seguendo il dialogo o lo scontro, lo chiami come vuole. Io mi sono offesa, perché so che sarei saltata su a chiarire immediatamente la vicenda, se avessi avuto qualcos da chiarire. ...
    Oggi pomeriggio le opposizioni hanno scelto il silenzio, il silenzio di chi è reso impotente, altro che i milioni di emendamenti, il silenzio di chi costretto in gabbia, la gabbia delle regole e dei regolamenti e della mancanza di fair play. Ho apprezzato la scelata della resistenza non violenta, perché quel silenzio voleva mostrare la resistenza nell'impotenza e non certo la tracotanza del potere.
    Devo fermarmi, caro Senatore Tocci, e mi dispiace pensare che forse siamo molto lontani, mentre speravo che lei fosse sconvolto da quell'art. 2 e anche dall'1, e da tutto l'insieme. Sono come l'ultimo giapponese? No. Sono una dissidente che vorrebe andare in esilio, in un Paese che non butta via così una grande istituzione. Per esempio gli Stati Uniti? Nel frattempo mi dedicherò allo studio dei resoconti di queste tremende giornate e di quest'ultimo pomeriggio (6/10/2015) in cui la monotona successione di emendamenti e numeri e voti contrari un silenzio innaturale mi ha evocato certe recitazioni di litanie con risposte tutte uguali scandiscono i momenti di qualche lugubre veglia funebre.
    Poi qualcuno che mi vuol bene mi ha indotta ad abbandonare il tormento e a cercare consolazione e conforto fuori, tra cittani e cittadine immemori, stanchi di lavori e durezze, del tutto ignari di ciò che si sta combinando a loro insaputa.
    Buona notte, caro Senatore, a domani, alle 9:30.

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