domenica 19 febbraio 2017

La forza della fragilità


Questo è il mio intervento all'Assemblea Nazionale del PD del 19 febbraio 2017. Riporto di seguito il testo, mentre qui potete guardare il video.


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Non riesco a credere che ci separiamo. Non mi sembra vero. Non può essere ineluttabile. Quale demone si è impadronito delle nostre volontà?
Da una parte e dall'altra si odono dichiarazioni roboanti, si chiamano le truppe a schierarsi, ma è una battaglia tra due debolezze.

C'è la debolezza della minoranza che abbandona il campo proprio quando potrebbe vincere la partita. Se in questi anni, oltre la critica avesse coltivato una proposta alternativa e una leadership popolare, oggi andrebbe alle primarie sicura di vincerle.
C'è poi la debolezza del Segretario che ripete stancamente il suo copione. Chi può spieghi a Renzi che, se vuole essere forte, deve vincere se stesso. Deve reinventarsi come leader, deve stupire l'opinione pubblica con uno stile nuovo e ampliare i consensi correggendo gli errori. Quelli indicati chiaramente dagli elettori.
Le due debolezze, così diverse in tutto, sono unite nell'esito disastroso. Non si vincono le prossime elezioni ripetendo il ritornello già sconfitto al referendum e ancora prima alle amministrative e alle regionali. Che altro deve succedere per cambiare musica?
D'altro canto la scissione metterebbe in sicurezza la sconfitta impedendo la conquista della maggioranza relativa. 

Le due debolezze mettono a nudo la fragilità del PD. Ci accorgiamo adesso che può andare in frantumi, se non abbiamo un sovrappiù di cura e di responsabilità. Anche nella vita delle persone accade che si rompa qualcosa quando la fragilità viene negata o rimossa. Quando invece viene riconosciuta, la fragilità diventa una forza, una sensibilità nuova e uno sguardo più autentico sulle cose: la bellezza di un cristallo di mille colori, di un petalo che non vuole cadere.


Anche il PD può tramutare in forza la sua fragilità, se la riconosce come nuova visione del mondo, come volontà di mettersi in discussione. Nel congresso del 1969 Aldo Moro propose al suo partito di "farsi movimento di alternativa a se stesso" per governare i mutamenti della società italiana. Diamo un titolo moroteo al nostro congresso: Per un PD alternativo a se stesso, per ripensare la sue ragioni e i compiti nel nuovo secolo che comincia solo adesso. I primi anni Duemila erano solo la coda del Novecento. Solo ora emergono le nuove faglie: un Occidente senza unità atlantica, un'Europa senza Mediterraneo e un capitalismo diffidente verso la democrazia. Sono tutti temi che interpellano un grande partito democratico, del socialismo europeo e ben piantato nel Mediterraneo. 

Alternativi a noi stessi per riconquistare la fiducia dei lavoratori e dei giovani. Per liberarsi dai miti della Seconda Repubblica. Il referendum ha cancellato l'illusione che si possa governare il Paese ricorrendo agli artifici elettorali e istituzionali, e ha ripristinato una semplice verità: per governare il Paese bisogna convincere la maggior parte degli italiani. Servono grandi partiti capaci di unire le forze. Proprio chi ha sostenuto il NO al referendum dovrebbe evitare gli abbandoni minoritari e i piccoli partiti.

Ma bisogna anche evitare l'autarchia di questi anni che ha creato intorno a noi un deserto con pochi amici e molti nemici. Non solo i dirigenti attuali, anche quelli di prima hanno deluso le promesse e le speranze della fondazione del PD. Già questo riconoscimento dovrebbe sciogliere la contrapposizione tra maggioranza e minoranza. Veltroni voleva fondare un partito mai visto - lo ha ricordato qui - ma consegnò la pratica alle burocrazie DS e Margherita. Bersani voleva realizzare il partito solido, ma ne accompagnò la liquefazione. Renzi doveva rottamare i vecchi dirigenti, ma confermò tutti i notabili sul territorio. Dopo tre insuccessi dovrebbe essere chiaro che una persona sola non è in grado di cambiare il partito, se non c'è un'elaborazione collettiva che orienta il verso dell'innovazione. 

Piero Fassino ha presentato nel suo intervento un bilancio positivo del decennio, ma un bilancio più sincero dimostra che i problemi veri sono rimasti insoluti, mentre abbiamo pensato solo ad avvicendare i leader. È colpa anche dello Statuto che riduce tutto alla conta sulle persone, chiedendo ai sostenitori solo il voto, ma non la partecipazione alle scelte congressuali. Uno degli autori, Salvatore Vassallo - che stimo per la coerenza e la chiarezza - ha sostenuto che lo Statuto ha cancellato l'idea e perfino la parola congresso. Ha ragione ed è surreale che qui si parli di congresso se non è previsto nella nostra Carta fondamentale. Se vogliamo un vero congresso bisogna cestinare lo Statuto e scriverne uno nuovo. Non si può procedere, invece, con emendamenti ad personam ieri per consentire a Renzi di partecipare alle primarie e oggi per dare tutti i poteri al Tesoriere.

Dovremmo liberare la fantasia per immaginare un congresso inedito, senza cadere nelle ritualità del passato, un colloquio con la società, un'invenzione di nuovi strumenti di partecipazione.
Organizzare gli argomenti per una discussione aperta ai militanti e agli elettori, non solo con le assemblee, ma con focus tematici, gruppi di ascolto e referendum sui punti controversi.
Creare occasioni di approfondimento con gli studiosi, i giovani ricercatori e le istituzioni culturali.
Aprire Forum con le forze sociali e le associazioni di cittadinanza attiva.
Formare una generazione sull'esempio morale e culturale di Giulio Regeni, inviando migliaia di giovani all'estero a studiare i movimenti dei lavoratori e poi ascoltare i loro resoconti in una grande assemblea del PD sul lavoro del ventunesimo secolo.
Organizzare una diversa Festa dell'Unità come EXPO delle buone pratiche dei circoli e degli amministratori per rappresentare la creatività del partito, invece dei soliti dibattiti stile Ballarò.
Introdurre, infine, una regola di apprendimento sociale: chiunque si candidi alla prossima Assemblea Nazionale lasci la propria casa per un periodo andando a vivere nelle periferie del disagio, della mancanza dei diritti e delle rivolte xenofobe. Sarebbe un'intensa esperienza umana e popolare che aprirebbe le menti dei nuovi dirigenti.

Sono solo alcuni esempi per dire che si può progettare un congresso corale, variopinto e appassionante per milioni di sostenitori del PD. A conclusione, certo si sceglierebbe anche un leader, ma non sarebbe più un Cavaliere solitario, avrebbe con sé un popolo che lo condurrebbe alla vittoria.


12 commenti:

  1. Ti si deve rispetto, Walter, per la forza e l'ostinazione con cui affermi che i re sono nudi, mentre gli altri ne elogiano l'abbigliamento. Anche se è tardi e si dovrà passare per una catarsi pesante (nonostante l'esempio di Blair e epigoni) per "fare" sinistra , hai tutta la mia stima per come tieni duro e lotti fino in fondo.

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  2. Die grosse Stumpfsinn/la grande stupidità

    Dato che il Segretario dimissionario ha citato uno dei miei libri preferiti, provo a rispondere alla tua domanda con un'altra citazione, tratta dalla Montagna Incantata di Thomas Mann: "...al giovane sembrava come se il mondo e la vita avessero un'aria piuttosto sospetta; come se fossero in una posizione stranamente falsa e sempre più inquietante; come se fosse salito al potere un demone che, maligno e folle, già da tempo avesse esercitato un notevole influsso, ma ora avesse reso manifesto il suo potere in modo così apertamente sfrenato da arrivare a incutere un terrore misterioso e suggerire pensieri di fuga: il demone il cui nome era stupidità."
    Forse val la pena di ricordare che alla fine del libro di Mann la Grande Stupidità partorisce la Prima Guerra Mondiale...

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  3. Mi concedo una similtudine per come ho vissuto l'Assemblea. " I genitori,nella stragrande maggioranza dei casi,amano i figli e vorrebbero ascoltarli,aiutarli,educarli,ma spesso non hanno nè gli strumenti,nè le competenze,nè alleanze per farlo.Per rendere valida un'educazione,pertanto,ci vuole certamente l'amore,ma insieme bisogna provvedere alla propria formazione di genitori e di educatori,alla " formazione dei formatori ".Ecco nel P.D.; mancano i formatori quelli che avrebbero dovuto formare i nuovi politici a cambiare il Paese,quelli che ci arebbero messo nella condizione di vincere nuovamente;abbiamo avuto la grande occasione politica e l'abbiamo mancata.La responsabilità? Maggioranza e minoranza in egual misura,si sono disinteressati della base.

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  4. Grazie per il tuo contributo, che prova ad andare al cuore della questione. Al momento temo non trovi ascolto, se non in quel popolo anonimo che non sembra aver voce. C'è ancora spazio per chi, come me, non è né con Renzi né con D'Alema e la scissione, ma è per un PD che voglia finalmente guardare in faccia la dura realtà? Mi viene in meente l'epigrafe di Leopardi alla Ginestra "E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce"
    Nino di Gennaro.

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  5. Come sempre, Tocci, dimostri di avere un'anima e una mente capaci di sognare e indicare il bene.
    È ammirevole il tuo sforzo. Eppure c'è qualcosa che va aggiunto a quanto, autorevolmente, dici. Alludo al perché si sta insieme: in una coppia, in una casa, in un partito.
    Senza nulla togliere ai tanti che ci hanno creduto e tuttora ci credono, lo sai bene quanto me: l'idea della politica prevalente nel PD non è "fare un mondo nuovo, migliore per tutti". È, piuttosto: "amministrare l'esistente"; a ogni costo. Perché - a me appare evidente - per "fare un mondo migliore" occorre sognarlo, desiderarlo, prefigurarlo. Serve immaginazione, per progettare la politica, per mettersi nei panni altrui, per sostenere il peso immenso dei sogni e dei bisogni collettivi. Servono immaginazione e volontà, spirito di sacrificio e dimenticanza di sé. La politica che mi piace - e che piace anche a te - non è mera amministrazione. Ho torto? Forse. Ma guarda ai "territori": là dove il PD ha governato e governa, la politica è inesistente: esiste solo l'amministrazione. Il deserto che abbiamo intorno è il frutto dell'incuria e dell'albagia dei Renzi di oggi, dei D'Alema di ieri.

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    1. non hai torto : infatti Renzi non è andato oltre il riferimento del sindaco che perlopiu' è un amministratore. La immaginazione della sua narrazione non va oltre gli 80 euro che propaganda come idea di sinistra (redistribuzione del reddito.....)

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  6. Arrivo qui da un periodo di osservazione del tipo di comunicazione "praticabile" con interventi ... su argomenti offerti dal portale c3dem.it ... utili solo a dimostrarne la totale "inadeguatezza" a fini partecipativi.

    Trovo qui un'esortazione alla "invenzione di nuovi strumenti di partecipazione".

    Sarebbe opportuno avviare un dialogo su casi specifici di necessità di partecipazione, per l'urgenza dei quali l'approccio più immediato da valutare si presenti come "adeguamento degli strumenti disponibili al tipo di comunicazione richiesto dal caso preso in esame [caso scuola]".

    Potrei contribuire come cittadino anziano, testimone di errori commessi da politiche "a monte" degli errori della politica di Renzi, dei quali i giovani non possono essere consapevoli.

    Suggerirei di valutare, come "caso scuola di adeguamento strumenti di comunicazione a fini partecipativi", il caso del progetto politico di creazione di una regione dolomiti.

    Resto a disposizione per dirne di più, se si rendono disponibili interlocutori con intenti cooperativi.

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  7. a proposito di Ballarò, ho girato i mercati di Palermo come quello del Capo e Vucciria e appunto il Ballarò. Non conoscevo la povertà estrema e anche la miseria che vi abita. Troppi i palazzi ancora bombardati dal 1943.Involontariamente ho ripensato al cd Ponte sullo stretto e mi sembra che l'unica scissione in atto da anni sia quella della realtà. Se gli italiani conoscessero il paese sarebbe stato possibile fare propaganda politica sul ponte?

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  8. caro Walter, ci sarebbe da discutere su tante cose, se vi fosse un luogo in cui discutere, ma il tuo intervento è certamente serio e importante nelle cose essenziali; purtroppo si è verificato tutto ciò che temevo e che ti avevo scritto; speriamo, malgrado tutto, che si possa tornare a ragionare e lavorare.
    Roberto Antonelli

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  9. Civati con POSSIBILE sta cercando di realizzare tutto quello che Tocci vorrebbe, ma
    RAI e Mediaset ne hanno decretato l'ostracismo.

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  10. Il PD avrebbe dovuto fornire gli strumenti per costruire un nuovo "PARTITO VERO" quello dei cittadini elettori del centrosinistra che negli anni difficili dell'Ulivo e di Berlusconi avevano costruito e praticato i tanti luoghi dell'UNITA' sistematicamente frustrati dalla miopia e dagli egoismi di partiti e partitini della coalizione.
    Invece il PD (sotto l'illuminata guida di politicanti più o meno decotti) è nato come la sommatoria di due partiti finti : gli amministratori locali di DS e Margherita che hanno portato le loro dispute di potere fin nei più reconditi circoli di paese; questa è stata la premessa del fallimento e le lapidarie definizioni di Tocci sulle responsabilità di Veltroni, Bersani e Renzi fermano i fotogrammi di questo degrado.
    Il PD è nato morto perché tutte le cose che Tocci dice, ed io sono d'accordo dovrebbe fare un partito di sinistra per rispettare il dettato costituzionale sulla funzione dei partiti era completamente fuori della prospettiva e, forse, anche della capacità dei padri fondatori.
    Comunque sia il risultato è di aver privato una larga fetta della società italiana (il mondo dei lavori, della cultura dell'ambientalismo) di uno strumento politico ed organizzativo adeguato a combattere la battaglia campale in corso tra capitalismo finanziario e società umana, ma anzi prima subendone l'egemonia con qualche blanda ricettina socialdemocratica e poi sbracando completamente col partito di Confindustria e di Renzi.
    A questo punto rimettere il dentifricio nel tubetto è francamente impossibile, la sconfitta elettorale è l'unica "partecipazione" che spaventa e convince questi personaggi e, dopo l'ennesima governabilità ottenuta umiliando e depredando l'Italia democratica e progressista il PD è il problema e non la soluzione.
    Non so se coloro che oggi ne prendono dolorosamente atto con la scissione hanno chiaro tutto questo, sicuramente riprendersi almeno alcuni strumenti dal PD per metterli a disposizione di una nuova ricomposizione che parta dalla democrazia, dai cittadini e dalla Costituzione è un passaggio necessario, difficile e pericoloso considerate le pulsioni del "PENSIERO UNICO BOTTEGAIO" di questi tempi, ma da percorrere costruendo un nuovo soggetto unitario fondato sulla intelligenza sociale in cui tutte le belle proposte che Tocci fa nel suo discorso possono essere possibili. Pensare che siano anche solo proponibili in questo PD modello Marchionne è il segno che il tempo passa per tutti, anche per Walter

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