Quando
ero un giovane militante avevo inventato un gioco mentale per
mettermi di buon umore. Allora si usava andare quasi tutte le sere
dalla sede centrale del partito verso la periferia, dove erano le
nostre roccaforti elettorali. Lungo il viaggio mantenevo fisso lo
sguardo dal finestrino dell'autobus verso la strada e al susseguirsi
dei palazzi associavo l'aumento degli elettori di sinistra. Oggi, per
avere la stessa sensazione devo fare un'inversione di marcia.
A volte
faticavo a trovare il luogo dell'assemblea. In quelle periferie
diradate era infatti difficile darsi un appuntamento. Gli spazi erano
estesi e senza differenze sia nei quartieri dei palazzoni legali sia
nelle borgate delle casette abusive. Oggi, al contrario le nostre
roccaforti elettorali sono nella città consolidata, dove è proprio
l'alta densità a creare le differenze e le opportunità del
riconoscimento.
Infine,
trovavo in quelle assemblee quasi sempre problemi nuovi da discutere.
La periferia era allora in continua espansione e l'arrivo di nuovi
ceti sociali forniva occasioni per la partecipazione popolare. Oggi,
al contrario, le fortune elettorali della sinistra sono collocate nei
vecchi quartieri, sia quelli di provenienza borghese sia quelli della
periferia storica riscoperti dagli stili di vita della classe
creativa.