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sabato 11 aprile 2015

Ancora la cura del ferro

La cura del ferro è un programma di sviluppo della rete dei trasporti a Roma. Fu impostato venti anni fa e ha avuto alterne vicende in fase attuativa. In questo saggio si analizzano le incompiute e gli equivoci che si sono accumulati in passato e si individuano i possibili sviluppi per il futuro.

Il Comune di Roma propose nel 1996 una nuova pianificazione dei trasporti con la rete chiamata Metrebus 3x3[1]. Il nome della rete riprendeva quello dell’abbonamento che i cittadini avevano già conosciuto l’anno prima con la novità dell’integrazione tariffaria valida per i bus, le metro e le ferrovie[2]. La rete prevedeva tre passanti ferroviari regionali che scambiavano con tre metropolitane urbane. Per i primi si passò subito all’attuazione delle prime tratte, una per ciascun passante. La FR1 da Fara Sabina a Fiumicino era già stata messa in servizio nei primi mesi del mandato Rutelli utilizzando l’infrastruttura esistente che verrà poi potenziata negli anni successivi. Il cosiddetto “passante dei laghi” da Bracciano ai Castelli fu realizzato in parte da Cesano a San Pietro cogliendo l’occasione del Giubileo, ottenendo forse la più bella ferrovia metropolitana italiana sul modello delle S-Bahn tedesche, oggi impreziosita da una pista ciclabile che scorre sopra la galleria. E il terzo passante avrebbe dovuto connettere Guidonia a Civitavecchia attraverso il completamento dell’anello ferroviario nella zona di Vigna Clara. La realizzazione della tratta da Lunghezza a Tiburtina fu imposta dal Comune come condizione per l’approvazione urbanistica del tracciato dell’Alta Velocità.

Fu un recupero del patrimonio ferroviario esistente, per quasi un secolo colpevolmente sottoutilizzato e abbandonato all’obsolescenza tecnologica; la linea per Cesano, ad esempio, era rimasta a fine Ottocento, senza elettrificazione e a un solo binario. Lavorando sulla vecchia infrastruttura si evitarono le difficoltà di impatto che di solito accompagnano i nuovi tracciati. Si ottennero con costi modesti risultati formidabili, liberando dall’ingorgo diverse parti dell’hinterland. In poco tempo raddoppiò il numero di passeggeri, ma il successo divenne rapidamente un problema, perché il programma di attuazione – invece di proseguire allungando le tratte e potenziando i treni – si interruppe, creando quel disagio del sovraffollamento di cui ancora oggi soffrono i pendolari a Cesano, a Monterotondo e a Lunghezza. Si è fatto scoprire ai cittadini un servizio nuovo per poi abbandonarlo nel disinteresse generale. Dopo quelle tre ferrovie nessuna opera nuova è stata realizzata e neppure progettata. La mancanza di soldi è solo un alibi, se ci fossero progetti e volontà si potrebbero intercettare tanti finanziamenti nazionali non spesi.



venerdì 10 aprile 2015

Non si piange su una città coloniale. Note sulla politica romana


L’abisso di corruttela scoperchiato a Roma meritoriamente dalla magistratura lascia attoniti e indignati. Come è potuto accadere tutto ciò? Molti amici me lo hanno chiesto nei mesi passati. Con questo lungo saggio tento di dare una risposta cercando le cause remote e i rimedi non contingenti. Come spesso capita nel dibattito pubblico, una luce abbagliante mette a fuoco la miseria del presente, ma non illumina né il passato né il futuro.

C’è una crisi capitale del governo della capitale che va al di là della grave patologia attuale e richiede un’analisi a ritroso non solo dei guasti delle giunta di destra, ma anche delle ambiguità e delle incompiute del riformismo precedente. È ineludibile un bilancio sincero ed equanime del nostro quindicennio di governo. D’altro canto le soluzioni non sono riducibili alle battute d’occasione, ma richiedono uno sguardo più lungo sul destino della città.

Di seguito si tenta questa doppia fuga temporale, all’indietro per capire che cosa è successo e in avanti per immaginare un senso nuovo della capitale. Le singole proposte hanno un valore euristico – sono certo imperfette, controverse e non esaustive – e vogliono indicare solo l’urgenza di una ricerca che richiede contributi, critiche e condivisioni più ampie.

Può sembrare quasi provocatorio – e non nascondo l’intenzione – proporre una discussione sul futuro della città quando incalzano le emergenze amministrative e il fallimento della classe politica. I problemi della vita quotidiana quasi mai si risolvono caso per caso se non si cambia il paradigma che li determina. Nasce il cambiamento solo se si prende congedo dalla contingenza per immaginare un’altra visione delle cose.


giovedì 9 aprile 2015

La bontà segreta di Giovanni Berlinguer


Intervento per la commemorazione di Giovanni Berlinguer tenutasi in Senato nella seduta dell’8 Aprile 2015.



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Signor presidente, onorevoli senatori,

è venuto a mancare Giovanni Berlinguer, una figura eminente della Repubblica. È stato uno dei migliori uomini politici italiani. Ha servito con passione e competenza le istituzioni, dal Campidoglio, alla Camera, al Senato, al Parlamento europeo. In ogni assemblea elettiva ha lasciato un segno inconfondibile della sua presenza. Anche in quest'aula di Palazzo Madama si ricordano i suoi contributi preziosi e sempre aperti al confronto con chi la pensava diversamente.

Eppure, nel celebrarne il valore politico mi pare di non dire quasi nulla sulla ricchezza della sua personalità. È stato infatti non solo un politico, ma uno scienziato di ampi orizzonti, un militante dell'impegno sociale, un intellettuale riconosciuto a livello internazionale. È impressionante la vastità dei suoi interessi, la diversità dei campi di azione e la molteplicità dei linguaggi. A tenere insieme questa complessità di pensiero e azione poteva essere solo una pregiata stoffa di umanità, che negli esiti appariva esplicitamente ai suoi interlocutori, ma nelle motivazioni rimaneva come una forza segreta del suo animo. Era un piacere discutere con lui, un'occasione imperdibile lavorare insieme, un privilegio averlo come amico. 

Nei diversi gradi della relazione con gli altri rimaneva costante il suo stile lieve, generoso, semplice, curioso e ironico. Non era privo di contrasti, che però non si elidevano tra loro, anzi vibravano come le corde di un violino creando il fascino della sua personalità: intransigente e aperta, determinata e mite, solare e profonda.