Non ho votato la fiducia al governo sulla legge per la scuola in Senato. Non si può accettare un’altra riforma finta, una nuova rottura con milioni di elettori, l’ennesima mortificazione del Parlamento.
Avevo creduto alle parole di Renzi che ammetteva l’errore e mostrava di volerlo correggere. Mi sono impegnato insieme ad altri per aiutarlo a trovare soluzioni innovative e a riprendere un dialogo. E invece ha interrotto la partita portando via la palla, fino al punto di impedire al Senato di emendare la legge sia in commissione sia in aula. Neppure la destra arrivò a tanto; sulle leggi Moratti e Gelmini noi allora all’opposizione fummo in condizioni di votare gli emendamenti ed esprimere la nostra contrarietà. Oggi, mi rattrista che dal governo il Pd impedisca il confronto parlamentare. Una grande forza politica deve essere coerente in minoranza e in maggioranza.
Avevo sperato che fosse la buona occasione per una riforma. Per la prima volta un giovane Presidente del Consiglio metteva al primo posto la scuola. Avrebbe dovuto chiamare le migliori intelligenze del Paese a scrivere un progetto per il secolo che viene. E invece ha scritto un disegno di legge modesto, che si occupa per lo più di minutaglie amministrative rendendole più complicate, che ricopia male leggi esistenti facendole passare per nuove. Nessuno dei grandi problemi è posto nell’agenda di governo: il grave fenomeno del neoanalfabetismo degli adulti, i cicli scolastici lunghi e inefficaci, l’aumento delle diseguaglianze, il ritardo della didattica di fronte ai caratteri del mondo nuovo. Si approva per forza una legge priva di un’idea di scuola, anoressica di alimenti culturali, sconnessa da un progetto per il paese. Al vuoto si sopperisce con l’ossessione di uno solo che comanda. Stavolta si concede al preside di derogare le graduatorie dei concorsi, aprendo la strada al clientelismo, a nuovi squilibri sociali e alle tendenze ideologiche. Da venti anni le leggi hanno penalizzato gli insegnanti, ora si appanna la loro libertà e viene ferita perfino la dignità. La riforma della scuola si farà un’altra volta, quando avremo un governo che riuscirà a entusiasmare gli insegnanti.