Invece di sciogliere il Consiglio Comunale, è meglio abolire il Comune di Roma. Il malgoverno ne ha fatto esplodere le disfunzioni, ma era già da tempo una struttura amministrativa obsoleta. È insieme troppo grande e troppo piccola. È troppo grande per il governo di prossimità dei servizi ai cittadini e della vita di quartiere, ed è troppo piccola per il governo dei processi ormai dilagati a scala regionale, nella demografia, nell'economia, nei trasporti, nell'ambiente e nell'urbanistica.
In seguito all'abolizione le attuali competenze del Comune andrebbero trasferite ai Municipi e alla Città Metropolitana, rafforzando sia la gestione dei quartieri sia il governo dell'area vasta. Si può fare apportando piccole modifiche alla legge Delrio, come ho proposto in un apposito disegno di legge presentato al Senato.
Con questa riforma gli attuali Municipi assumerebbero lo status di Comuni metropolitani in grado di rispondere direttamente ai cittadini senza perdersi in rimpalli di competenze. Inoltre, la Città Metropolitana uscirebbe dall'attuale inedia e diventerebbe la potente istituzione di governo dei processi strutturali dell'area romana. Con l'occasione, il disegno di legge propone di eleggere i suoi organi con i collegi della legge elettorale che era in vigore per le Province, in modo da eliminare il sistema delle preferenze che ha contribuito non poco ad alimentare la corruzione.
Si può ipotizzare poi una seconda fase di riforma più impegnativa attribuendo alla Città metropolitana i poteri legislativi regionali. Si potrà realizzare quando si affronterà il vero problema finora eluso del Titolo V, quello della riduzione del numero delle regioni, come viene peraltro suggerito dai migliori esperti istituzionali e dagli amministratori più consapevoli. Si avranno quindi Regioni più grandi, ma si potrà sostenere con molte ragioni l'istituzione di una Regione Capitale più piccola per territorio e sede dello Stato centrale. Si otterrebbe una grande semplificazione concentrando in una sola istituzione le funzioni oggi ripartite in tre diversi enti spesso in contrasto per competenze e per volontà: il Comune, la Città Metropolitana e la Regione Lazio. Alla nuova Regione sarebbero devolute anche le competenze statali connesse alle funzione di capitale, come previsto in Costituzione con la revisione del 2001. Una sola istituzione in relazione diretta con lo Stato, sarebbe un modello di governo semplice, autorevole e potente, proprio come Berlino che è una città, un Land e una capitale.
In seguito all'abolizione le attuali competenze del Comune andrebbero trasferite ai Municipi e alla Città Metropolitana, rafforzando sia la gestione dei quartieri sia il governo dell'area vasta. Si può fare apportando piccole modifiche alla legge Delrio, come ho proposto in un apposito disegno di legge presentato al Senato.
Con questa riforma gli attuali Municipi assumerebbero lo status di Comuni metropolitani in grado di rispondere direttamente ai cittadini senza perdersi in rimpalli di competenze. Inoltre, la Città Metropolitana uscirebbe dall'attuale inedia e diventerebbe la potente istituzione di governo dei processi strutturali dell'area romana. Con l'occasione, il disegno di legge propone di eleggere i suoi organi con i collegi della legge elettorale che era in vigore per le Province, in modo da eliminare il sistema delle preferenze che ha contribuito non poco ad alimentare la corruzione.
Si può ipotizzare poi una seconda fase di riforma più impegnativa attribuendo alla Città metropolitana i poteri legislativi regionali. Si potrà realizzare quando si affronterà il vero problema finora eluso del Titolo V, quello della riduzione del numero delle regioni, come viene peraltro suggerito dai migliori esperti istituzionali e dagli amministratori più consapevoli. Si avranno quindi Regioni più grandi, ma si potrà sostenere con molte ragioni l'istituzione di una Regione Capitale più piccola per territorio e sede dello Stato centrale. Si otterrebbe una grande semplificazione concentrando in una sola istituzione le funzioni oggi ripartite in tre diversi enti spesso in contrasto per competenze e per volontà: il Comune, la Città Metropolitana e la Regione Lazio. Alla nuova Regione sarebbero devolute anche le competenze statali connesse alle funzione di capitale, come previsto in Costituzione con la revisione del 2001. Una sola istituzione in relazione diretta con lo Stato, sarebbe un modello di governo semplice, autorevole e potente, proprio come Berlino che è una città, un Land e una capitale.
Ho proposto questa riforma già da tempo e ora sviluppo l'argomento all'interno di un'analisi sul passato e sul futuro di Roma nel mio libro Non si piange su una città coloniale, pubblicato oggi anche in ebook dall'editore goWare e disponibile in parte in questo blog.
Mafia capitale ha scoperchiato una profonda crisi di governo della città. La causa prima è nel fallimento della classe politica e in subordine anche degli apparati amministrativi. La nuova cornice istituzionale sarebbe l’occasione per progettare un’inedita forma di amministrazione locale, facendo tabula rasa dell’attuale assetto, eliminando tutte le incrostazioni e le inefficienze che hanno alimentato l’humus della corruzione.
Non avrebbe alcun senso tornare a votare per gestire una macchina ormai logorata che non può più funzionare, chiunque la guidi. Sarebbe più saggio riformare il modello di governo e poi chiamare gli elettori a scegliere una nuova classe politica in grado di guidare non più il Comune ma la nuova istituzione della Regione capitale. Si potrebbe definire una scadenza per le elezioni e nel frattempo avviare una fase costituente mediante un’intesa tra tutti gli attori istituzionali, lo Stato, la Regione Lazio, la Città Metropolitana e il Comune. Le forze politiche di maggioranza e di opposizione dovrebbero contribuire a definire il nuovo assetto di governo. Il dibattito politico uscirebbe dalle recriminazioni sul passato e dai conflitti quotidiani, per volgersi al futuro della città. Poi chi ha più filo tesserà più tela. A governare la Regione capitale sarà la classe politica che dimostrerà di saper guidare Roma verso una rinascita civile.
Nell'incontro che abbiamo avuto con la Simoni al Circolo PD Mazzini la Tempesta ha avanzato l'idea di una Scuola degli Amministratori Locali, da proporre alla Funzione Pubblica e al DFP. Non che di Scuole non ce ne siano. Ma manca l'idea che un Amministratore locale, funzionario o dirigente di un governo locale debba passare una selezione rigorosa in un percorso formativo caratterizzato fortemente dal punto di vista dell'etica pubblica e del contrasto alla corruzione (che però può manifestarsi nei termini di un conflitto con i politici eletti).
RispondiEliminaAlla Funzione Pubblica e agli Affari Regionali.
EliminaSecondo me la sua proposta è da prendere in considerazione, ma il problema di ogni struttura è il personale che la guida e la fa funzionare, dal più umile degli uscieri al più elevato dirigente. Al di là della classe politica che potrà prendere in mano questo nuovo organismo, lei pensa che le donne e gli uomini e le regole di funzionamento attuali garantiscano una efficienza e una efficacia più elevate?
EliminaAssolutamente d'accordo con Tocci del quale mi piace la "discesa in campo". E' una impostazione lucida che a prima vista ( perchè deve essere approfondita da chi legge) è il supporto strategico necessario per il che fare. Ci sono molte persone anche di diversa provenienza politica, ma tutte unite dalla idea della politica come "servizio" e non praticata a scopi personali che potrebbero essere cchiamate a daare un contributo il più disinteressato possibile. Intanto, nella loro opera, Orfini e Barca non vanno lasciati soli anche perchè "le gambe" per realizzare le idee di Tocci dobbiamo rafforzarle, costruirle, togliere di mezzo quelle tarlate o peggio, Insomma c'è tutto un lavoro immediato e di prospettiva che va affermato, impostato, diretto. Un augurio a Tocci che sono sicuro farebbe bene, sia nella squadra di Marino che solo. Sono contento perchè è da tempo che lo vado sollecitando in questa direzione.
RispondiEliminaIl Comune di Roma è già stato abolito dall'articolo 114 della Costituzione come riformato nel 2001. Il punto è l'inattuazione della norma costituzionale, con l'aggravante dell'appiattimento di Roma Capitale nell'ambito della Città metropolitana operato dalla legge Delrio. Va bene invocare nuove riforme costituzionali, ma si cominci intanto a dare veramente corso a quelle che ci sono.
RispondiEliminaIl saggio è lungo, molto corposo e molto interessante. E' stato quasi come leggere un romanzo. Non ho mai votato PD, ma ritengo che le analisi e le proposte del senatore Tocci dovrebbero essere oggetto di riflessione anche fuori dal recinto partitico. Non perché tutto debba essere condiviso, ma insomma, c'è ancora qualcuno che non ha smesso di pensare (e no, non è affatto scontato, la maggior parte dei politici oggi ha smesso).
RispondiEliminadoppio, triplo salto mortale carpiato con avvitamento pur di non fare la cosa piu' semplice e naturale: sciogliere il comune di roma e rivotare. ah gia', i favoriti sono i perfdi 5 stelle allora bisogna inventarsi l'impossibile pur di non fargli conquistare roma, ivi compresa la demenziale proposta tocciana di abolire il comune di roma
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