Ormai sappiamo quasi tutto dei Mali di Roma. Per scoprire i Beni di Roma, invece, ci vuole uno sguardo nuovo. A Roma l'innovazione è come una civiltà sepolta ancora da scavare. Occorre un'archeologia del contemporaneo per portarla alla luce, rompendo la crosta dell'indifferenza e del conformismo che la opprime.
Sarà per questo che il nuovo, quando riesce ad esprimersi, si fa beffa del consueto.
C'è ironia nei giovani del co-working che producono l'immateriale proprio nelle vecchie officine dove si batteva il ferro.
C'è ironia nei giovani del co-working che producono l'immateriale proprio nelle vecchie officine dove si batteva il ferro.
C'è ironia nei colori sgargianti della street art che illumina il paesaggio dei palazzi anonimi di periferia.
C'è ironia nel progettare un giardino pensile sopra la brutta tangenziale est.
C'è ironia nell'usare il car-sharing liberandosi del fardello proprietario dell'automobile.
C'è ironia nel realizzare un orto urbano dove era previsto un centro commerciale.
C'è ironia nei giovani del Garage-Zero che in un'autorimessa del Tuscolano hanno dato vita all’unica galleria romana di arte contemporanea nota nel mondo.
C'è ironia involontaria nella ruspa speculativa che ha rotto una falda creando un romantico laghetto nell'area industriale inquinata della Snia-Viscosa.
C'è ironia nel ripulire una discarica coltivando gigli, gladioli e tulipani da parte dei cittadini dell’associazione Bulbi Sovversivi.