Pagine

lunedì 17 novembre 2025

Il discorso più difficile di Tronti: la democrazia totalitaria

Il CRS ha organizzato un impegnativo convegno sull'opera di Mario Tronti. Di seguito potete leggere il mio intervento.


La democrazia è divenuta un regime totalitario, fondato sulla servitù volontaria che è introiettata nell’animo delle persone. “A noi è concessa libertà di pensiero ma non un pensiero di libertà” (Dello Spirito Libero, p. 43).

È lo stesso Tronti a definirlo il suo discorso più difficile, “il più aspro, il più respingente, il più improponibile”, nell’ultimo libro Il proprio tempo appreso col pensiero (p. 92).

La difficoltà non è tecnica né linguistica, ma è di carattere spirituale: consiste nel caricarsi sulle spalle l’indicibile. È la stessa difficoltà espressa sottovoce dagli apostoli nel Vangelo di Giovanni (6, 60-3): "Questo linguaggio è duro, chi può intenderlo?" E Gesù, sapendo in cuor suo che i discepoli mormoravano disse loro: "Questo vi scandalizza? E se vedeste il figlio dell'uomo salire dove era prima? È lo spirito che dà la vita".

Il nostro maestro risponde alla difficoltà spirituale con una decisione esistenziale: “.. mi carico sulle spalle l’indicibile.. non ho nulla da perdere e nulla da guadagnare. Tanto vale giocare a viso aperto quest’ultima partita” (p. 92). In un guizzo di spontaneità svela la tensione interiore tra il pensare e il sentire, quel sentire “che cerco di razionalmente di contenere, con la tentazione quotidiana di emotivamente abbandonarmi ad esso” (p. 82). E aggiunge che non vuole convincere nessuno (p. 68), dismettendo così le vesti del pensatore sempre proteso al compito politico. In un colloquio personale mi confessò che avrebbe voluto essere un dirigente del Partito Comunista Italiano.

La decisione esistenziale supera il vecchio motto, "pensare estremo e agire accorto", ripreso pochi giorni fa come titolo dell’incontro al Senato. La radicalità non ha più bisogno della “dissimulazione onesta” dell’amatissimo Torquato Accetto. Qui, credo si debba ricercare il senso della definizione di “libro postumo”, scritta poche ore prima della morte in quelle righe struggenti, ora pubblicate come esergo.

A un libro postumo si risponde con una critica postuma, dicendo oggi anche ciò che non abbiamo potuto o saputo dirgli quando era in vita. La libertà di pensiero che ha preso per sé, forse la consegna a noi discepoli increduli della sua parola, come gli apostoli.

La costellazione tra questi tre elementi - difficoltà spirituale, decisione esistenziale e libro postumo - orienta nuovi possibili sentieri della critica trontiana. Già li percorre questo convegno e il cammino proseguirà ad opera della nuova generazione di studiosi ai quali, proprio in questa occasione, la mia generazione consegna il testimone.

venerdì 7 novembre 2025

Perché sono contrario alla legge per Roma Capitale

 Alla Camera dei Deputati è iniziata la discussione della legge costituzionale per Roma Capitale sulla base del testo proposto dal governo Meloni. Sono stato invitato il 4-11-2025 in audizione alla Commissione Affari Costituzionali e ho espresso il mio punto di vista critico con questo intervento.



Comincio dagli aspetti positivi.

Nella mia lunga esperienza parlamentare non ho mai visto per Roma Capitale uno spirito di collaborazione tra i partiti come si va esprimendo su questo disegno di legge costituzionale proposto dal Governo. Complimenti, quindi, ai parlamentari protagonisti del dibattito costruttivo.

Come ex-amministratore comunale apprezzo l’attenzione dedicata alla nostra città da questa prestigiosa commissione parlamentare per gli Affari Costituzionali.

Sono d’accordo anche sulle priorità assegnate ad alcune materie, per esempio i beni culturali, in questo momento sotto i riflettori per la tragedia della Torre dei Conti.

Già se ne occupò la legge ordinaria del 5 maggio 2009 n. 42 del 2009 con lo specifico decreto legislativo del 18 aprile 2012 n. 61. Era prevista una Conferenza delle Soprintendenze come sede di coordinamento e di programmazione tra lo Stato e Roma Capitale. Purtroppo nei fatti è stata svuotata di funzioni dalla resistenza conservatrice delle burocrazie ministeriali. Quando si approva una nuova legge ci vorrebbe un’accurata policy analysis, di solito poco praticata in Italia, per capire dove non ha funzionato la legge precedente e quindi evitare di ripetere gli stessi errori. Rimane aperto il cruciale problema di una gestione integrata del patrimonio culturale, a oggi purtroppo frammentato tra le competenze statali e comunali, spesso senza alcuna razionalità. Sulla questione mi permetto di richiamare alla vostra attenzione il mio disegno di legge depositato in Senato nella XVII legislatura (Atto n. 2999). Esso propone una netta distinzione tra competenze tecnico-scientifiche e indirizzi politici. Le prime sono collocate in una Grande Soprintendenza di Roma responsabile di tutti i beni oggi divisi tra Ministero e Comune; gli indirizzi politici sono concertati tra Ministro e Sindaco in un apposito Comitato Strategico della Grande Soprintendenza. 

Vengo al tema dell’audizione, il testo base (C. 2564) per la discussione sulla legge per Roma Capitale. Non condivido l’impianto della proposta e avrei preferito un modello diverso.

In un primo momento non avevo accettato il vostro cortese invito all’audizione, per non turbare il clima di concordia. Poi ho avuto un ripensamento e sono venuto. La postura critica aiuta a vedere i problemi attuativi e forse è utile sottoporli alla vostra attenzione, perché possiate affrontarli e mitigarli pur all’interno del modello che avete scelto. 

I più rilevanti problemi attuativi sono due:

1. Vulnus nel rapporto eletti-elettori

2. Complicazione del governo della città e della regione