Oggi, 14 ottobre, è il compleanno del PD.
Sono passati ormai sei anni da quelle primarie che affidarono a Veltroni il compito di costruire un partito davvero nuovo, come non si era mai visto prima in Italia. Non abbiamo ancora realizzato quell'opera. Oggi, con un piccolo emendamento al nostro simbolo, sulle bandiere scriverei così: PD NON ANCORA.
Una carenza e nel contempo una promessa. Il nostro è un partito che ha grandi potenzialità rimaste inespresse, e spetterà al prossimo congresso il compito di rimuovere gli ostacoli che finora ci hanno intralciato il cammino.
In "Sulle orme del gambero" ho ricordato così quel momento storico:
Avevamo fondato il Pd per risolvere la transizione italiana, ma l’obiettivo non è stato raggiunto. Con le primarie di Veltroni nel 2007 sembrò davvero possibile. Mi impegnai con entusiasmo nei dibattiti dei circoli di base. Ovunque scoprivo un potenziale enorme da mettere a frutto: a San Basilio, un quartiere popolare romano, il capo della vecchia sezione della Dc ricordava all’anziano compagno del Pci quando gli impediva di attaccare i manifesti ed entrambi ci scherzavano sopra, trovandosi ormai a lavorare insieme; all’assemblea di Donna Olimpia, altro luogo pasoliniano, oltre la metà dei partecipanti erano persone mai entrate prima in una sezione di partito e costringevano tanti vecchi militanti come me a ragionare diversamente dal passato. Nei circoli del Pd, in quel momento, si riscriveva la storia e si preparava l’avvenire. Invece gran parte degli ex-dirigenti di Ds e Margherita continuarono a fare le stesse cose di prima sotto una nuova bandiera. Quel ceto politico cambiò partito per conservare se stesso.