Pagine

sabato 9 aprile 2016

Petrolio


Da tanto tempo il Petrolio spiega gli eccessi del potere in Italia, come nel romanzo postumo di Pasolini. 

L’ex-ministra Guidi non poteva garantire l’autonomia del mandato, anche ammessa la buona fede, a causa delle relazioni private e professionali. Era chiaro già al momento della nomina; non ci volevano i magistrati per capirlo. Il suo nome fu rivendicato da Berlusconi per un’intesa politica che non riguardava solo le riforme istituzionali e che prosegue nel sostegno di Verdini. Come se non bastasse, la ministra era inadeguata al compito, lo sapevano perfino gli ambienti confindustriali. È mancata l’iniziativa strategica della politica industriale, l'unica in grado di alimentare la crescita oltre i vincoli macroeconomici, come dimostra Obama. L'immagine “donna giovane” è stata utilizzata per coprire conflitti di interesse, manovre politiche e inefficienza di governo. Non si doveva “cambiare verso” nella classe dirigente?


Nell'intercettazione la ministra usa un gergo molto diffuso: “mettere dentro” alla legge di stabilità quell'emendamento di Tempa Rossa, per blindarlo con il voto di fiducia, costringendo il Parlamento ad approvare la norma che solo qualche settimana prima la Commissione Ambiente aveva rigettato. Non ho alcun dubbio sull'onestà del nostro governo, mi preoccupa l'abuso della legislazione d'emergenza. Nei paesi civili le regole per la realizzazione delle infrastrutture energetiche sono decise in un débat public e non si ricorre al blitz parlamentare. A forza di “mettere dentro” la legge diventa un ammasso di norme confuse, eterogenee, contraddittorie e mutevoli. Non serve a fare presto, anzi aumenta la burocrazia e di conseguenza rallenta l'attuazione di opere ben progettate. Soprattutto la legislazione di emergenza è l’humus che alimenta la gramigna delle lobby.

È la prima volta in Italia che si va al referendum su richiesta delle Regioni. Non si è sottolineato il paradosso. Mentre si istituisce il Senato delle Autonomie si riportano in capo alle burocrazie ministeriali diverse competenze del territorio: non solo i pozzi di petrolio, l’imposizione ai sindaci delle procedure sugli stadi, il controllo delle sovrintendenze da parte dei prefetti e soprattutto le competenze tolte alle Regioni con il nuovo Titolo V. I consiglieri regionali hanno accettato il neocentralismo in cambio del pennacchio senatoriale, ma sono costretti a ricorrere al referendum. 

Non si è sottolineata neppure l'utilità dell'iniziativa referendaria, che ha costretto il governo alla retromarcia. Ha cancellato le pessime procedure dello Sblocca Italia che allentavano i controlli ambientali e ha dovuto anche ripristinare il divieto di trivellazione nei pressi delle coste. 

Il 17 aprile si vota per chiudere gli impianti alla scadenza delle concessioni, cancellando un comma della legge di stabilità 2016 che consente di prolungarle fino a esaurimento. È una norma sbagliata per motivi giuridici e di concorrenza. Innanzitutto, prolungare per legge un contratto tra pubblico e privato è un “vizietto” italiano tante volte denunciato dalle procedure europee di infrazione. Si crea un monopolio senza scadenza, perché sarà il concessionario a decidere di fatto quando finirà la “vita utile” del giacimento. Se si voleva prelevare il combustibile residuo si potevano studiare procedure per mettere a gara la concessione scaduta, stimolando il vecchio concessionario o altri operatori a innovare la qualità ambientale dell’impianto anche prevedendo il riuso per l'energia solare o eolica. Quasi sempre i monopolisti giocano il ricatto occupazionale per conservare le concessioni, ma da 20-30-40 anni erano ben consapevoli di dover chiudere gli impianti - solo da pochi mesi è stato consentito il prolungamento - e comunque avrebbero a disposizione altri 5-10 anni secondo i casi. Con questi tempi lunghi ogni impresa seria è in grado di farsi carico dei lavoratori, a meno che non voglia strumentalizzare il referendum, ma la politica non dovrebbe legittimare l’imbroglio.

Come spesso accade nei referendum, oltre gli aspetti tecnici si confrontano due indirizzi politici. Il governo ha abbassato a colpi di voti di fiducia l’asticella dei controlli ambientali, centralizzando la politica dei combustibili fossili. Votare SI è un riconoscimento al movimento referendario che ha già salvato la qualità dei nostri mari e sollecita il Paese a fare di più e meglio con le energie rinnovabili.

È triste ascoltare Renzi quando invita a non votare per un referendum proposto dallo stesso Pd nei consigli regionali. Rischia di dimenticare “l’età dell’innocenza” del giovane leader che chiamava alla partecipazione i cittadini contro l’establishment. 

Versione aggiornata di un mio articolo pubblicato oggi sulla rivista Left.

9 commenti:

  1. Come di consueto, considerazioni assai condivisibili.
    Varrebbe la pena sfruttare l'attenzione dei media sull'intreccio tra interessi di Governo e interessi economici per chiedersi a che punto è la notte a proposito di un possibile do ut des tra Telecom e Mediaset. Come la vedi, Walter?
    Luciano De Fiore

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Hai ragione, caro Luciano, la questione merita un'analisi approfondita. Non solo il petrolio, ancor di più le televisioni hanno condizionato la politica italiana.

      Elimina
  2. OLtre a motivi giuridici e di concorrenza, mi pare che ci sia una ricaduta molto pratica. Una fase a rischio più alto ed anche di costo elevato per il concessionario è quella della chiusura di un impianto. Stando ad una lettura ristretta delle norme oggetto del referendum verrebbe facile osservare che si mette in mano del concessionario la scelta del termine temporale finale della fase di esercizio. E se fosse semplicemente così dovremmo aspettarci impianti lasciati fittiziamente in funzione, con invecchiamento e progressivo aumento del rischio. Esistono altre norme o vincoli effettivi nelle concessioni capaci di impedire esiti di questo tipo? Le frasi che contornano quel comma della legge di stabilità dicono poco se non appoggiano su altri strumenti di cogenza: "nel rispetto degli standard di sicurezza..."; "sono sempre assicurate ... nonché le operazioni finali di ripristino ambientale".
    Fammi dire un grazie a chi in queste settimane si è impegnato preferendo l'informazione agli slogan. Personalmente ho trovato utile questo http://www.butac.it/reality-check-del-comitato-si-referendum/ e un documento curato dalla nostra responsabile nazionale per l'ambiente Chiara Braga http://www.chiarabraga.it/attachments/1061_NOTA%20REFERENDUM%20TRIVELLE_DIP.%20AMBIENTE.pdf
    Valerio Russo

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Valerio, hai ragione, il baco è proprio nell'espressione "vita utile" dell'impianto. Sarà solo l'impresa a decidere l'utilità, anche per le note carenze di controllo del pubblico. Questo significa che la concessione non ha una conclusione certa, in contrasto con precise direttive europee, e si avvicina a una sorta di alienazione. La procedura di gara che propongo, invece, potrebbe essere connessa a una riconversione dell'impianto nell'energia eolica o solare. Si darebbe modo ad altri operatori di realizzare progetti innovativi oppure vincerebbe il vecchio concessionario migliorando l'attuale qualità ambientale.

      Elimina
  3. Caro Walter,
    io - come, credo, la quasi totalità degli elettori - non ho ben capito su cosa si voterà (e in particolare su quali sarebbero le conseguenze del SI).
    Mi sembra però che gli attacchi a effetto al Governo (difende i petrolieri, i monopolisti,scarsa attenzione all'ambiente ecc.)sappiano troppo di propaganda: lo dico perchè leggo che Prodi e Bersani voteranno NO. Sarebbe interessante capire il perchè
    Abbracci, Nicola

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Prodi e Bersani, tuttavia, andranno a votare come Mattarella, e come farò io. Non così il bulletto toscano, da cui Walter fatica molto a staccarsi ( ma prima o poi...) . Invito Nicola Nanni a votare (come crede, ovviamente). Gaspare GALATI

      Elimina
  4. Non è vero che ècla prima volta che si vota su richiesta delle regioni anche il geniale referendum sull'abolizione del ministero dell'agricoltura fu di iniziativa regionale

    RispondiElimina
  5. Con l'aiuto di Mario Tozzi, geologo e divulgatore scientifico, indico molte (buone) ragioni per votare SI al referendum di domenica 17 Aprile:

    - La legge proibisce nuove concessioni ma non l’innalzamento di nuove piattaforme: se le concessioni terminano alla loro scadenza naturale le aziende estrattrici non saranno invogliate a potenziare le piattaforme esistenti, come la legge consentirebbe. D'altronde:

    - Non ci possono essere concessioni a vita, in nessun posto d’Italia, né per l’acqua né per le cave. Perché dovrebbe essere possibile per il petrolio?

    - Dopo gli impegni presi a Parigi, dove abbiamo aderito ad un accordo internazionale che prevede che entro il 2050 dovremo tagliare le nostre emissioni inquinanti, noi andiamo a cercare nuovi idrocarburi? È contraddittorio. Affidarsi al petrolio è una scelta vecchia, non al passo con le possibilità delle nuove tecnologie sostenibili. E’ un discorso di politiche energetiche. Questo referendum parla infatti delle nostre politiche energetiche. Vogliamo uscire o no dal petrolio? Questa è l’occasione per farlo. Non se ne cerca più del nuovo nel mondo, quella strada è chiusa. Il quantitativo di petrolio e di gas naturale fornito al nostro Paese dalle piattaforme entro le 12 miglia non supera rispettivamente lo 0,9% ed il 3% dei consumi nazionali. Una quantità irrisoria. E d'altronde: una volta pagate royalties ed imposte, i concessionari - non importa se esteri come Total e Shell o nazionali come Eni - ne fanno quello che vogliono, e vendono all'Italia come a qualunque altro cliente a prezzi di mercato, quindi la storia della pur parziale "indipendenza energetica" è una bufala come tante altre (uso il linguaggio renziano, che poco si addice ad un Presidente del Consiglio. Per non dire di cariche istituzionali ancora più alte). Una volta estratti, gas e petrolio appartengono alle aziende estrattrici, non all'Italia: questa è l'unica e sola verità.
    Le rinnovabili rappresentano invece la prima voce di investimento nel mondo. Il futuro sono le rinnovabili, in termini occupazionali e per far abbassare i costi ai consumatori. Chi auspica ancora l’utilizzo degli idrocarburi è ancorato al Novecento. Le rinnovabili permangono l’unica scelta coerente e perseguibile se vogliamo davvero rispettare gli obiettivi sanciti a Parigi. Non inquinano.

    - Gli addetti al settore petrolifero non temano: nessuno che abbia consapevolezza della materia si sogna di dire che i combustibili fossili vanno abbandonati del tutto, tanto meno all'istante, anche perché il petrolio servirà sempre, poiché tutte o quasi le cose che maneggiamo ogni giorno e di cui non possiamo fare a meno (le plastiche, il bitume, e via elencando) sono fatte di prodotti derivati dal petrolio. Ma ne servirà meno di quanto ne consumiamo oggi: ed infatti nel mondo c'è già ora, anche a causa della flessione delle produzioni, un eccesso di offerta, non una mancanza. E' per la produzione di elettricità che il petrolio deve essere tendenzialmente abbandonato e sostituito da fonti rinnovabili; la ragione principale a favore delle sorgenti rinnovabili sta nel fatto che esse non bruciano, perché qualunque cosa che bruci genera CO2 (biossido di carbonio, o anidride carbonica), che non è un inquinante ma fa "effetto serra" e perciò contribuisce al riscaldamento globale: quello che il mondo intero si è impegnato a ridurre, con gli accordi di Parigi del 2015 già richiamati in precedenza.

    - Gli addetti alle piattaforme (entro le 12 miglia) andranno a naturale scadenza della concessione, come previsto anche dalla Legge di Stabilità. Non vengono licenziati in tronco il 18 aprile e potranno essere utilizzati altrove, perché gli impianti di estrazione continueranno ad esistere. La favola terroristica delle migliaia di posti di lavoro (diretti e/o di indotto) che verrebbero distrutti dalla vittoria del SI è anch'essa totalmente falsa.

    Franco Bianco

    RispondiElimina
  6. Caro Walter,
    sono Andrea Marcucci un compagno di Mazzini che hai incontrato alla conferenza di Alessandra Montenero sulle reti.
    Vorrei incontrarti e darti una mano sulla campagna di Giachetti. In particolare vorrei anche parlarti di articolato progetto proprio sul petrolio condividendo la tua riflessione sulla questione Guidi.
    In sintesi si potrebbero trovare delle risorse dalle biomasse più che interessanti ricnvertendo alcune attività sia della cantieristica navale che dell'edilizia di cui ho delle chiavi innovative di lettura nella tradizione storica che potrebbero trovare un qualche interesse anche in merito alla qualità ed alla sicurezza dei lavoratori.
    Ma preferirei, se potessi darmi un spazio, parlartene a voce.
    Ti saluta Paolo Allegrezza che come ti accennavo è una risorsa anche per Roma così come mia moglie, Elena Murtas, impegnata nel campo delle azioni di genere.
    Andrea +393282121637 arch.andreamarcucci@gmail.com

    RispondiElimina