Fino a quando PD e M5S sopporteranno la contraddizione tra l'armonia di Palazzo Chigi e la discordia del Campidoglio? I due palazzi sono vicini, ma un abisso li separa politicamente. La soluzione peggiore sarebbe applicare in modo artificioso un modello all'altro. Se la discordia del Campidoglio dovesse minare, come una sorta di richiamo della foresta, l'esperienza di governo nazionale, si aprirebbe la strada al ritorno della peggiore destra. Al contrario, sarebbe ridicolo se l'accordo di governo inducesse il PD a rimangiarsi le critiche alla sindaca Raggi. Per fugare questo dubbio è arrivata addirittura la raccolta di firme per le dimissioni. Rimane però la contraddizione e se ne esce solo con un passo in avanti, che senza smentire la polemica precedente apra un terreno più avanzato di confronto.
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martedì 22 ottobre 2019
PD e M5S: un passo avanti e un passo indietro per Roma
Alla presentazione del libro Le mappe della disuguaglianza sono intervenuto e in conclusione ho avanzato una proposta politica che riassumo in questo articolo (pubblicato ieri su Strisciarossa).
sabato 12 ottobre 2019
Il caleidoscopio romano
In libreria trovate fresco di stampa il bellissimo libro Le Mappe della disuguaglianza. Una geografia sociale metropolitana, di Keti Lelo, Salvatore Monni e Federico Tomassi, per i tipi Donzelli. Contiene anche il mio contributo in forma di postfazione con il titolo Il caleidoscopio romano, di cui potete leggere le prime pagine in questo post.
Mercoledi 16 alle ore 17,30 si svolgerà alla Treccani la presentazione del libro; qui l'invito.
Mercoledi 16 alle ore 17,30 si svolgerà alla Treccani la presentazione del libro; qui l'invito.
Chi pensa di conoscere Roma sarà rimasto
sorpreso dalla lettura di questo libro. Non solo per i singoli risultati, ma
per la varietà dei fenomeni rappresentati sulle mappe.
Gli autori ci restituiscono la complessità
sociale e spaziale di Roma. E se ne ha un riscontro perfino nel loro modo di
lavorare che intreccia competenze e sensibilità diverse, formando un affiatato
collettivo di ricerca. Sono mossi da un lato dal rigore scientifico e
dall’altro dalla stringente esigenza di far sapere ai cittadini come stanno
davvero le cose. Mapparoma è un linguaggio che tiene insieme la curiosità della
ricerca e la passione civile per le sorti della città.
Pur
nella freddezza dei numeri affiora un appello accorato affinché il compito
repubblicano del rimuovere le diseguaglianze diventi davvero una priorità
politica. È merito degli autori avervi insistito da molti anni con le loro
ricerche sulla condizione della periferia romana, anche quando quella priorità
era stata dimenticata perfino a sinistra.
venerdì 20 settembre 2019
Roma 2030
Qui si può ascoltare il mio intervento al convegno Roma 2030 organizzato da Domenico De Masi per la Camera di Commercio di Roma:
https://www.radioradicale.it/scheda/584284/roma-2030-idee-per-roma?i=4032520
Di seguito si può leggere il testo dell'intervento:
https://www.radioradicale.it/scheda/584284/roma-2030-idee-per-roma?i=4032520
Di seguito si può leggere il testo dell'intervento:
La crisi di Roma è più grave di come appare. Non voglio dire che ci sia
qualcosa di più grave degli autobus in fiamme, dei rifiuti per strada, del
discredito nazionale e internazionale. Tutto ciò è la superficie visibile, ma
c’è una crisi più profonda.
È finito il ciclo storico iniziato a Porta
Pia. Il vecchio modello di capitale, la città coloniale di Pasolini, non ha
futuro. Siamo vissuti con tre rendite: il centralismo statale, il consumo
immobiliare della campagna romana, il simbolo di un’immeritata eredità storica.
Pur con tanti squilibri le tre rendite hanno trasformato un piccolo borgo
papalino ottocentesco in una delle più grandi città europee. È evidente, però,
che le rendite non funzioneranno più nel secolo appena cominciato. Quando di
esaurisce un ciclo storico si aprono le buche non solo nelle strade, ma anche
nell'economia, nella società e nella politica. E ciò apre domande difficili e
appassionanti: di che cosa vivrà Roma? Quale forma urbana si darà? Come potrà
rielaborare l’antico nella produzione culturale contemporanea? Sarà importante
celebrare i 150 anni della capitale, ma senza nostalgia per il passato, anzi
come occasione per ripensarne il modello e il senso.
Ci sono tante emergenze da risolvere,
affanni quotidiani da affrontare, servizi da migliorare, ma si possono fare le
piccole cose solo avendo in mente un’ambizione per il secolo nuovo. Non vale il
contrario: se manca l’ambizione non si realizzano neppure le piccole cose, come
è sotto gli occhi di tutti.
mercoledì 15 maggio 2019
Roma: dalla capitale in sé alla capitale per sé
La rivista Il Mulino ha dedicato l'ultimo numero a Roma, con articoli di Vittorio Emiliani, Nunzia Penelope, Edoardo Zanchini, Fabrizio Ciocca. Anche io ho scritto un articolo, dedicato, diversamente dal mio solito, a un'analisi politologica dei partiti romani. Lunedì 6 maggio abbiamo presentato il numero della rivista nella sede della Fondazione Modigliani a Roma. In quell'occasione ho svolto un ragionamento più ampio di analisi e di proposta. Di seguito, chi è interessato può leggere il testo del mio intervento.
Nei momenti difficili bisogna chiedere aiuto ai poeti. Pier Paolo Pasolini scrisse nel 1970, per la musica di Ennio Morricone in occasione del centenario di Porta Pia, un verso che in poche parole contiene già un bilancio di Roma capitale: Non si piange su una città coloniale.
Lo confesso, per me è diventato quasi un assillo. Mi appare misterioso, lo rileggo da tanti anni nel tentativo di comprenderlo. Finora ho individuato tre possibili interpretazioni.
Prima, l'interpretazione assertiva: Roma è così e non cambierà mai. È lo stereotipo che ci impedisce di vedere il carattere meno noto della città generativa di solidarietà e di invenzioni.
Seconda, l'interpretazione spregiativa: Roma non merita neppure le lacrime, è solo da disprezzare. È lo sdegno che non vede le differenze e produce solo la passività, è il contrario dell'indignazione che conosce i conflitti e chiama a prendere parte.
Terza, l'interpretazione esortativa: Non si deve piangere, bisogna rimboccarsi le maniche per fare qualcosa di buono per Roma.
È la versione preferita, ma proprio perché vogliamo impegnarci non dobbiamo indorare la pillola. La crisi è più grave di come appare. Non voglio dire che ci sia qualcosa di più grave degli autobus in fiamme, dei rifiuti per strada, del discredito nazionale e internazionale. Tutto ciò è la superficie visibile, ma c’è una crisi più profonda.
martedì 14 maggio 2019
Per la Lista civica di Roma
La rivista Il Mulino ha dedicato l'ultimo numero a Roma, con articoli di Vittorio Emiliani, Nunzia Penelope, Edoardo Zanchini, Fabrizio Ciocca. Anche io ho scritto un articolo, dedicato, diversamente dal mio solito, a un'analisi politologica dei partiti romani. Lunedì 6 maggio abbiamo presentato il numero della rivista nella sede della Fondazione Modigliani a Roma. In quell'occasione ho svolto un ragionamento più ampio di analisi e di proposta, che si è concluso con l'idea di una Lista civica di tutto il centrosinistra.
Chi è interessato a leggere il testo completo del mio intervento lo trova qui.
Di seguito, invece, si può leggere la parte del discorso relativa alla Lista civica.
Chi è interessato a leggere il testo completo del mio intervento lo trova qui.
Di seguito, invece, si può leggere la parte del discorso relativa alla Lista civica.
Roma ha bisogno di una nuova classe dirigente. Come e da chi può essere costituita? Alcuni esponenti già li conosciamo, ad esempio alcuni bravi amministratori dei Municipi che sono in dialogo costante con i cittadini. Ma la maggior parte non li conosciamo ancora, magari si paleseranno prossimamente. Adesso stanno facendo altre cose: chi organizza una scuola per i migranti, chi studia la struttura urbana, chi inventa un nuovo servizio per i cittadini, chi organizza filiere produttive per il risparmio energetico o per il riciclo dei rifiuti, chi è impegnato a riqualificare i quartieri da Tor Bella Monaca a Corviale. Oppure chi è andato via da Roma, come Francesca Bria, che da giovane ha frequentato i centri sociali romani, poi ha lavorato nell'Agenzia inglese per l'innovazione e oggi è assessore della giunta Colau a Barcellona.
Però i tempi stringono, dobbiamo fare qualcosa per accelerare la preparazione dell'alternativa. Occorre prima di tutto rimuovere l'ostacolo del ceto politico, che non molla la presa pur avendo fatto Caporetto. Conosco l'ambiente per esperienza diretta e so che ne fanno parte anche persone in gamba e validi amministratori, ma è la logica di ceto che blocca la generatività sociale. È una logica diffusa sia a destra sia a sinistra e perfino i grillini, che dovevano spazzarla via, l'hanno imparata presto e male.
venerdì 26 aprile 2019
La politica fuori luogo
Ho scritto un saggio per la rivista di filosofia Il Pensiero, fondata da Vincenzo Vitiello, nel numero monografico dedicato alla figura del fuori luogo nelle diverse accezioni filosofiche. Di seguito si può leggere il testo.
Abstract
Il
"fuori luogo" della politica è inteso in due significati: come esodo
dai luoghi della rappresentanza e come comportamento urticante o inopportuno.
Esaurita la retorica della spoliticizzazione riemerge una potenza del negativo
come nucleo metafisico del politico, che assume forme diverse tra "mare e
terra", nel mondo anglosassone e nel continente europeo. Le forme
politiche sono condizionate dalla "fase termidoriana" del
capitalismo, che accentua i controlli e le norme dopo aver esaurito la fase
rivoluzionaria della deregulation. Si
inasprisce la frattura tra logica di sistema e mondi vitali, come definita da
Habermas, ma non è ricomponibile con un'etica discorsiva. La causa
dell'ingovernabilità è nello scarto tra potenza e saggezza, tra la formidabile
forza di trasformazione e la debole capacità di regolarne gli esiti. Le
soluzioni possibili sono da ricercare nelle dimensioni originarie del politico:
l'educazione intesa a là Condorcet
come capacità di governo della società; la città intesa a là Baudelaire come trasformazione a misura dell'umano.
sabato 6 aprile 2019
Potenza e saggezza nella città
Il bisogno di giustizia nella città che cambia è il titolo del del convegno organizzato a Milano da Urbanpromo. Gli atti sono pubblicati nel sito di Planum. Di seguito si può leggere la mia relazione, in una versione ampliata e rielaborata.
Per preparare uno stato d'animo adatto alla nostra discussione
ascoltiamo un verso di Baudelaire dalla poesia Il Cigno:
La vecchia Parigi non è più;
la
forma di una città muta più rapidamente,
ahimè,
del cuore di un mortale.
In poche e semplici parole il verso esprime lo
sconcerto del poeta di fronte ai cantieri della modernizzazione di Haussmann.
Al di là del riferimento storico, emerge una tensione
più generale tra due dimensioni dell'urbano:
da un lato la logica di sistema che guida la
trasformazione e dall'altro la forma di vita costituita dai bisogni, dai sogni,
dalle relazioni tra le persone e di queste con i luoghi.
La prima è improntata a una razionalità
tecnico-economica, mentre la seconda è segnata dalla sensibilità e
dall'imprevedibilità del cuore di un
mortale.
In altre parole, nel verso si avverte una tensione tra
la potenza di trasformazione e la saggezza della vita.
venerdì 22 marzo 2019
La scienza e l'Europa
Nell'Aula Magna della Sapienza abbiamo discusso l'opera in cinque volumi di Pietro Greco, La Scienza e l'Europa. Dalle origini a oggi, Edizioni L'asino d'oro. Si tratta di una monumentale ricostruzione storica che integra le discipline matematiche e fisiche con la filosofia, la medicina, l'economia, la geopolitica, l'arte e la letteratura al fine di analizzare la relazione profonda tra il vecchio continente e la ricerca scientifica. L'iniziativa si è svolta il 20 marzo 2019 ed è stata curata dalla casa editrice insieme con la Fondazione della Sapienza, rappresentate rispettivamente da Matteo Fago e Antonello Folco Biagini. A discutere con l'autore ci siamo trovati Franco D'Agostino, Lucia Votano, Domenico De Masi, Piero Angela e il sottoscritto. E' disponibile il video del dibattito curato dall'editore.
Chi è interessato può leggere di seguito il mio intervento oppure ascoltarlo nella video registrazione al tempo di un'ora e venti minuti.
La scienza e l'Europa, l'opera in cinque volumi di Pietro Greco, è da leggere, da conservare e da diffondere.
Da leggere perché, nonostante la mole, è come un romanzo storico. Quando si volta pagina ci si chiede come andrà a finire. La penna di Pietro è elegante, sobria e convincente.
Da conservare perché vi capiterà di riprenderla in mano ripensando a uno scienziato o a una scoperta. È un'opera sistematica e completa, facilmente accessibile, anche per la cura editoriale e gli indici analitici; e quindi anche l'editore merita i complimenti.
Da diffondere in tante direzioni. I cinque volumi dovrebbero trovarsi in ogni biblioteca civica. La scienza non è astrusa, anzi deve essere alla portata di tutti i cittadini. La cittadinanza scientifica è il filo conduttore degli scritti di Pietro, ma direi più in generale della sua vita.
Questi libri dovrebbero trovarsi in ogni biblioteca scolastica, perché la didattica della scienza è aiutata dalla storia. A volte agli studenti sembrano freddi i risultati scientifici, ma si può suscitare il piacere della scoperta proprio dando conto del percorso travagliato, dei sentieri interrotti, degli sviamenti che hanno preceduto storicamente la formulazione delle teorie scientifiche. E poi si può svellere la sicumera di noi moderni, ricordando il grande Eratostene che più di duemila anni fa, senza laser e senza satelliti, riuscì a calcolare con un certa precisione la dimensione della Terra.
Infine, questi libri dovrebbero trovarsi nella biblioteca del Parlamento europeo. Utilizziamo l'occasione delle elezioni di maggio. Mi permetto di avanzare una proposta ai colleghi discussant. Scriviamo una lettera a prima firma Piero Angela, il più famoso tra i presenti; a nome di tutti voi, credo di poterlo dire, per dare seguito a questa bella assemblea. Scriviamo una lettera ai candidati di tutti i partiti perché leggano e riflettano sull'opera di Greco. Già vedo un certo scetticismo tra voi, state pensando che nessuno la leggerà, ma a noi basterebbe uno solo tra loro per gettare un seme; poi gli potremmo chiedere di organizzare una nuova presentazione a Strasburgo per avviare in quel contesto un dibattito.
D'altronde, Pietro ha scritto per influire sulle decisioni politiche. Non è solo un ottimo giornalista, non è solo un raffinato storico della scienza, non è solo un apprezzato comunicatore della scienza, è anche un intellettuale impegnato, engagé si sarebbe detto una volta.
In passato l'intellettuale engagé ha avuto un ruolo importante, ma oggi è quasi scomparso a causa del divorzio tra politica e cultura. Nella separazione entrambe hanno perso qualcosa: la politica è diventata superficiale e quindi meno credibile; la cultura ha perso influenza nella società. Al distacco gli intellettuali hanno reagito in tre modi: chi ha ripiegato nello specifico disciplinare, ed è del tutto comprensibile; chi ha preso a gigioneggiare utilizzando la spettacolarità dei media; chi si è fatto cooptare come consigliere del Principe, nell'illusione che non potendo convincere tutti i politici si potesse convincere uno solo, il più potente tra loro; ma è appunto un'antica illusione, già Platone tentò di educare il tiranno di Siracusa, ma se ne tornò ad Atene con una profonda delusione, espressa nella settima lettera che dovrebbero leggere tutti gli aspiranti consiglieri del Principe.
Greco evita tutti questi tre modi. Non si chiude in una disciplina, anzi le utilizza tutte come gli strumenti di un'orchestra, la matematica e la fisica, ma anche l'economia, la medicina, la sociologia, la geopolitica, l'arte, la letteratura e ovviamente la storia. Non è nel suo stile gigioneggiare, anzi il suo assillo è comunicare la scienza con rigore e semplicità. Non cerca la scorciatoia del Principe - anche perché di Principi non se ne vedono in giro - ma percorre la strada più lunga: accrescere la consapevolezza dei cittadini affinché siano poi essi a convincere i politici.
A tal fine lancia l'allarme: l'Europa è in declino perché ha voltato le spalle alla scienza. È la tesi fondamentale sviluppata nei cinque volumi dell'opera.
sabato 9 marzo 2019
Per il compleanno del quartiere Trieste-Salario
A Roma comincia a diffondersi un'informazione di quartiere. Anche al Trieste-Salario, dove abito, si è affermato un giornale ben fatto e ricco di notizie: Roma h24 Trieste-Salario. In occasione del centenario della posa della prima pietra, il 28 Febbraio del 1928, ho scritto un editoriale che potete leggere di seguito oppure direttamente nell'edizione digitale del giornale.
Buon compleanno al nostro quartiere. Per convenzione nasce nel 1926, ma i caratteri migliori sono concepiti molto prima, negli anni del sindaco Nathan, da due uomini del Nord innamorati di Roma, altro che leghismo: Eduardo Sanjust di Teulada viene da Milano ed elabora il miglior piano regolatore della storia moderna, inventa il paesaggio dei villini e imposta l'equilibrio dell'impianto urbano. Giovanni Montemartini - socialista di Pavia e teorico delle aziende municipalizzate - sviluppa la rete tranviaria come struttura della città. Proprio per consentire al tram l'inversione di marcia, Piazza Verbano assume quella forma rotonda e accogliente che ne fa uno dei luoghi più belli.
Al Trieste-Salario ci sono le testimonianze di tutte le epoche, perfino della preistoria, ma si tratta di singoli siti, mentre per la forma urbana è il quartiere più rappresentativo della Roma del Novecento. Però a modo suo, prendendo lo spirito innovativo della prima parte del secolo e risparmiandosi le sciagure speculative della seconda parte.
A modo suo è anche un quartiere storico: più delle res gestae qui è la vita quotidiana a fare storia. E quindi possiamo riscriverla liberamente in base ai nostri ricordi.
Buon compleanno al nostro quartiere. Per convenzione nasce nel 1926, ma i caratteri migliori sono concepiti molto prima, negli anni del sindaco Nathan, da due uomini del Nord innamorati di Roma, altro che leghismo: Eduardo Sanjust di Teulada viene da Milano ed elabora il miglior piano regolatore della storia moderna, inventa il paesaggio dei villini e imposta l'equilibrio dell'impianto urbano. Giovanni Montemartini - socialista di Pavia e teorico delle aziende municipalizzate - sviluppa la rete tranviaria come struttura della città. Proprio per consentire al tram l'inversione di marcia, Piazza Verbano assume quella forma rotonda e accogliente che ne fa uno dei luoghi più belli.
Al Trieste-Salario ci sono le testimonianze di tutte le epoche, perfino della preistoria, ma si tratta di singoli siti, mentre per la forma urbana è il quartiere più rappresentativo della Roma del Novecento. Però a modo suo, prendendo lo spirito innovativo della prima parte del secolo e risparmiandosi le sciagure speculative della seconda parte.
A modo suo è anche un quartiere storico: più delle res gestae qui è la vita quotidiana a fare storia. E quindi possiamo riscriverla liberamente in base ai nostri ricordi.
sabato 16 febbraio 2019
Pensare/Vedere la città del GRA
La Fondazione per la critica sociale di Rino Genovese ha pubblicato il testo del mio intervento alla presentazione del libro di Alessandro Lanzetta Roma informale. La città mediterranea del GRA, Manifestolibri. Ne ho discusso con Carlo Cellamare, Massimo Ilardi, Enzo Scandurra il 7 Febbraio alla Facoltà di Ingegneria della Sapienza. Di seguito si può leggere il testo.
Questo piccolo libro pone al centro la più grande questione di Roma, cruciale e di grande complessità: che cosa ne faremo della città del Grande Raccordo Anulare? Appaiono ormai fuori gioco tutte le tecniche, le ideologie, l’intero immaginario novecentesco attraverso cui in passato abbiamo pensato la questione. Si tratta di una vera e propria sfida, e Alessandro Lanzetta, con uno stile aforistico, allusivamente nietzschiano, cerca di mettere a punto gli strumenti che potrebbero servirci in futuro.
Anzitutto nel suo libro c’è una messa fuori causa del mainstream urbanistico, mediante una critica ironica, sprezzante, e sarebbe questo un lavoro da fare oggi in militante. Abbiamo infatti una frattura nel pensiero su Roma. Tutta la classe dirigente (di cui io stesso porto una parte di responsabilità) pensa ancora con le categorie del “modello Roma”. È un detrito che rimane, un maistream vecchio e superato. Le cose interessanti provengono invece da giovani studiosi, policy maker, avanguardie culturali, che restano però del tutto isolate.
giovedì 17 gennaio 2019
Una proposta per la tutela della Città storica
L'Associazione Bianchi Bandinelli ha presentato in un apposito convegno il disegno di legge per la tutela dei centri storici. Il testo legislativo e gli atti del convegno sono disponibili qui. Di seguito pubblico il mio intervento.
Della nostra proposta di tutela dei centri storici desidero sottolineare un aspetto, apparentemente marginale, ma di una certa importanza. Il disegno di legge è stata presentato con sapienza giuridica dai relatori che mi hanno preceduto, Giovanni Losavio ed Elio Garzillo. Non potrei dire meglio di loro; come ex-parlamentare mi preme aggiungere solo una considerazione sulla qualità della forma legislativa, poiché si presenta in evidente discontinuità con quella prodotta dal Parlamento negli ultimi tempi.