Di seguito la prima parte di La rete e il castello, mio saggio in tre puntate sullo stato attuale di università e ricerca in Italia, tra tagli ai finanziamenti e imposizioni dall'alto. La prima parte si concentra sulle difficoltà della ricerca. La seconda parte la trovate qui, mentre la terza verrà pubblicata più avanti.
La ricerca libera è indebolita in Italia. Le risorse sono assegnate dal principe ai conti e ai vassalli che le distribuiscono ai sudditi. il castello si erge sopra la rete scientifica.
Le cifre parlano chiaro. Il finanziamento in corso dei bandi di ricerca per tutti gli atenei e per l’insieme delle discipline accademiche è ridotto a 30 milioni di euro l’anno. Ma non si dica più che il debito non consente di fare meglio, perché i soldi ci sono quando si tratta di evitare i bandi. Sei volte tanto, oltre 180 milioni di euro (100 ordinari e 80 per il progetto Human Technopole) sono assegnati a un solo ente, la Fondazione IIT, che poi distribuisce finanziamenti agli atenei e ottiene in cambio la firma sulle pubblicazioni scientifiche, migliorando immeritatamente il suo ranking. I rettori hanno smesso di denunciare i privilegi della Fondazione da quando hanno ricevuto le commesse di ricerca. D'altro canto, università ed enti sono costretti ad andare col cappello in mano perché indeboliti dai tagli, dai vincoli del turn over e dall'alluvione burocratica che soffoca le energie vitali. Invece, l'IIT ha potuto assumere senza limiti, derogare alle procedure pubbliche e tenere in banca circa 400 milioni di euro che non riesce ancora a spendere. Gli “economisti di palazzo” cantano le lodi di questa curiosa competizione tra un giocatore legato e l'altro dopato, sentenziando che il pubblico non funziona ed è meglio affidare tutta la ricerca alla Fondazione. È un'operazione ideologica e di potere. Si va imponendo un sistema di regolazione della ricerca mai visto prima in Italia. Vale la pena allora studiarne meglio i caratteri.
Le cifre parlano chiaro. Il finanziamento in corso dei bandi di ricerca per tutti gli atenei e per l’insieme delle discipline accademiche è ridotto a 30 milioni di euro l’anno. Ma non si dica più che il debito non consente di fare meglio, perché i soldi ci sono quando si tratta di evitare i bandi. Sei volte tanto, oltre 180 milioni di euro (100 ordinari e 80 per il progetto Human Technopole) sono assegnati a un solo ente, la Fondazione IIT, che poi distribuisce finanziamenti agli atenei e ottiene in cambio la firma sulle pubblicazioni scientifiche, migliorando immeritatamente il suo ranking. I rettori hanno smesso di denunciare i privilegi della Fondazione da quando hanno ricevuto le commesse di ricerca. D'altro canto, università ed enti sono costretti ad andare col cappello in mano perché indeboliti dai tagli, dai vincoli del turn over e dall'alluvione burocratica che soffoca le energie vitali. Invece, l'IIT ha potuto assumere senza limiti, derogare alle procedure pubbliche e tenere in banca circa 400 milioni di euro che non riesce ancora a spendere. Gli “economisti di palazzo” cantano le lodi di questa curiosa competizione tra un giocatore legato e l'altro dopato, sentenziando che il pubblico non funziona ed è meglio affidare tutta la ricerca alla Fondazione. È un'operazione ideologica e di potere. Si va imponendo un sistema di regolazione della ricerca mai visto prima in Italia. Vale la pena allora studiarne meglio i caratteri.