martedì 29 luglio 2014

Sulla riduzione del numero dei parlamentari


Oggi sono intervenuto in Senato a sostegno dell'emendamento che intende ridurre il numero dei deputati. Il governo ha espresso parere contrario pur avendo sostenuto nei mesi passati l'esigenza di ridurre le indennità. L'emendamento è stato bocciato a maggioranza. Ecco il testo della mia dichiarazione di voto. 

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La riduzione del numero dei deputati è un emendamento ragionevole che ha lo scopo di un migliore equilibrio nell'elezione del Presidente della Repubblica, tema molto delicato e ancora non risolto, come riconosciuto quasi da tutti in questa aula.Con il testo in esame, la Camera diventa sei volte più grande del Senato, mentre fino a oggi era solo due volte più grande. Questo squilibrio consente a chi vince le elezioni di impossessarsi delle massime cariche dello Stato e della legislazione fondamentale, perché amplifica l'effetto del premio di maggioranza. 

Questo premio ha una componente buona e una cattiva. Quando viene applicato all'interno della Camera è uno strumento sacrosanto per dare al governo la possibilità di attuare il mandato elettorale. Se invece è utilizzato nella relazione bicamerale per creare un insuperabile primato numerico di un ramo del Parlamento, rischia di indebolire le garanzie repubblicane. La riduzione dei deputati, quindi, consente l'uso equilibrato del premio di maggioranza e assicura l'indipendenza del Presidente della Repubblica.


giovedì 17 luglio 2014

Linguaggio costituzionale


Discorso al Senato in occasione della discussione sulla revisione costituzionale del 17 Luglio 2014.


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Signor Presidente, onorevoli senatori,
come le persone, anche le parole si stancano, dice il libro dell'Ecclesiaste. Sotto il peso delle promesse, degli inganni e delle delusioni si è sfiancata perfino la parola riforma. Concediamole un po' di riposo almeno in questo dibattito.
Nessuno dei problemi istituzionali è stato risolto e molti sono stati aggravati dalla proposta di revisione costituzionale insieme con l'Italicum. Segnalo quattro questioni.

1. 
Da quasi un decennio gli elettori chiedono di poter guardare in faccia gli eletti, ma qui si decide di voltare le spalle. I cittadini continueranno a non scegliere i deputati e non eleggeranno neppure i senatori, né il presidente della Città Metropolitana, né i consiglieri della Provincia, che rivive con il brutto nome di Area Vasta. Il risultato è che il ceto politico elegge il ceto politico. È un grande azzardo restringere la rappresentanza proprio mentre viviamo forse la più grave frattura tra società e istituzioni della storia italiana.

I consiglieri regionali che hanno problemi con la giustizia saranno incentivati a farsi nominare senatori per godere dell'immunità estesa alle cariche non elettive. E per i cittadini viene indebolito lo strumento del referendum; quello di Mario Segni nel post-Tangentopoli, ad esempio, non sarebbe più possibile. Forse è un segno dei tempi - accade alle rivoluzioni mancate di essere poi anche rinnegate. 
Nel complesso, si perde l'occasione per ricostruire la fiducia popolare nei confronti delle assemblee elettive.