Mai
più decreti “salsicciotto” che insaccano norme disorganiche.
Questo avevano promesso - con
parole più eleganti - il Capo dello Stato, il Presidente del
Consiglio e il segretario del Pd nei discorsi di fine anno.
Alla
prima seduta del Senato del 2014, però, ci siamo trovati a esaminare
un decreto, approvato a Novembre dal Governo e controfirmato dal
Quirinale, che assembla norme di diversa natura: l’ultima rata
dell'Imu 2013, la vendita degli immobili statali e la valutazione del
capitale della Banca d'Italia.
Nella
riunione del Gruppo PD al Senato in diversi abbiamo chiesto di
proporre al governo l'eliminazione almeno di quest'ultima parte,
trasformandola in un disegno di legge, allo scopo di tenere fede agli
impegni presi. Non si capisce infatti come mai l'aggiornamento del
valore della Banca centrale, fissato nel lontano 1936, sia diventato
improvvisamente tanto urgente da giustificare il ricorso al decreto
legge. La norma non ha rilevanza contabile, almeno sul piano formale,
e quindi è possibile stralciarla senza procurare alcuna sofferenza
nei conti pubblici.
In
questo caso la fretta viene dall'esigenza di concludere prima
possibile l’accordo raggiunto tra i promotori del decreto: i grandi
gruppi bancari e assicurativi, la burocrazia di via Nazionale e il
Governo.
I primi sono quelli che ottengono di più senza correre alcun rischio
e soprattutto senza prendere impegni nella politica della crescita.
Banca Intesa, Unicredit, Generali e altri ottengono una strepitosa
rivalutazione delle rispettive quote di partecipazione al capitale
della Banca d'Italia che passa dal valore attuale di 165 mila euro a
7,5 miliardi di euro. Ovviamente non esiste una regola di mercato per
stabilire quanto valga il capitale dell'Istituto, il quale è stato
autorizzato ad autovalutarsi adottando un modello di stima che
dipende dai rendimenti attesi nei prossimi venti anni.
La procedura
non può essere definita in modo oggettivo, ma è viziata da ampia
discrezionalità, tanto da provocare una critica e una richiesta di
chiarimenti dalla Bce. E non ha prodotto neppure un valore definito,
bensì una forchetta di oscillazione tra 5 e 7,5 miliardi.
Con
ulteriore discrezionalità il ministro dell'Economia ha collocato il
valore al livello massimo, senza darne una spiegazione analitica,
come ha rilevato il senatore Massimo Mucchetti in aula. Se si fosse
scelto un modello di stima diverso (ad esempio la rivalutazione
monetaria o relativa al Pil) oppure se si fosse accettato il minimo
della forchetta il capitale sociale e quindi le quote private di
banche e assicurazioni potevano diminuire di molto.
Mi domando se sia
prudente una procedura che, senza mettere a confronto i diversi
modelli di calcolo, affida a un gruppo ristretto di persone - oggi
tutti galantuomini, domani chissà - l'attribuzione di miliardi di
euro a favore di soggetti privati. Questi non ottengono solo la
valorizzazione ma riscuotono soldi freschi dalla vendita "forzosa"
delle quote, al fine di scendere dalle attuali percentuali a due
cifre fino al 3%, con la motivazione di spezzettare le partecipazioni
realizzando una curiosa public company
in assenza di mercato. Subiscono quindi una dolce prepotenza, perché
sono garantiti dall'acquisto di Banca d'Italia nel caso molto
probabile che non possano vendere le rispettive partecipazioni, le
quali rispetto alle normali azioni di borsa non avranno alcun potere
decisionale. Sono infatti ben
scritte nel decreto le regole che impediscono ai privati di
condizionare le funzioni della Banca centrale e su questo punto è
falsa e demagogica la campagna grillina e berlusconiana.
È
vero invece che si tratta di una generosa concessione ai principali
gruppi finanziari italiani. Non solo come si è detto con la
rivalutazione dei patrimoni ma anche con l’aumento dei dividendi
che dalla quota di 70 milioni del 2012 potranno arrivare fino a 400
milioni (con l'incertezza sul computo dei dividendi che dovrebbe
distinguere le funzioni dell’Istituto riconducibili alla proprietà
degli azionisti da quelle esclusivamente pubblicistiche; si veda in proposito l'articolo di Giovanni Siciliano, Quanto vale la Banca d’Italia).
Non
era questo il momento di chiedere in cambio alle grandi banche
qualcosa che vada nell'interesse delle imprese e dei cittadini?
Sarebbe stato utile legare queste concessioni a precisi impegni
nell’offerta di credito, che varrebbe molto più della riduzione
del cuneo nell’aiutare le imprese. Oltretutto sono in parte gli
stessi gruppi che in queste settimane ottengono altri vantaggi
dall'accordo che consente a Telefonica di prendere il comando di
Telecom, utilizzando proprio il dichiarato non intervento del
Governo.
La burocrazia di Via Nazionale mostra dunque un certo azzardo, in contrasto
con la tradizionale prudenza. Decide di impegnare una parte
consistente delle riserve statutarie (oggi valgono 15 miliardi) per
effettuare l'acquisto e si assume al posto dei privati il rischio
dell'incerta rivendita. Se non troverà nuovi acquirenti l'Istituto
diventerà azionista di se stesso e proprietario di quote prive di
mercato, senza neppure definire una scadenza temporale dell'aggravio. Il pericolo è stato evidenziato nel parere della Bce ma non sembra
preoccupare nessuno. Eppure fino a ieri palazzo Koch aveva svolto una
sottile moral suasion
sul mondo politico per escludere qualsiasi possibilità di utilizzare
le riserve statutarie e ancor di più quelle valutarie, che pure
molti esperti ritengono sovradimensionate dopo l’introduzione
dell’euro.
Perché
la banca centrale assume questo rischio? Si vuole cogliere
l’occasione dell’attuale debolezza della politica per cancellare
la norma sulla pubblicizzazione del capitale dell'Istituto, già
approvata dal Parlamento nel 2005 e non a caso mai attuata. Oggi per
decreto legge si decide che il capitale di Banca d’Italia sarà per
sempre al 100% di proprietà privata.
Nessun paese europeo ha mai
preso tale decisione, con l’esclusione della Grecia e in parte del
Belgio che però mantiene la maggioranza pubblica. Sono gli esempi
migliori da seguire? È curioso che noi italiani stavolta ci sentiamo
di dare lezioni di liberismo agli altri su un argomento così
delicato.
Nel dibattito parlamentare si è sostenuto che il capitale
è stato sempre privato, ma non è vero: le banche proprietarie per
oltre mezzo secolo sono rimaste pubbliche, e quando furono
privatizzate nel ’93 si fece finta di non vedere le conseguenze –
come spesso accadde in quegli anni – sul capitale dell’Istituto.
C’è stata quindi una privatizzazione di fatto, senza una decisione
formale del Parlamento, che è durata dal ’93 al 2005. Il vulnus fu
eliminato con la norma esplicita di pubblicizzazione proposta da
Tremonti in occasione della polemica con il governatore Fazio sul
caso Parmalat. L’autore della norma è stato ricordato nel nostro
dibattito interno con un “attenti al lupo”, dimenticando che Ds e
Margherita non contestarono affatto la statalizzazione, ma ne
proposero una versione più intelligente tramite una fondazione di
diritto pubblico costituita con il patrimonio dell’Istituto. Semmai
bisognerebbe spiegare perché oggi il Pd cambia posizione.
In
audizione al Senato, il Governatore ha sostenuto che l’autonomia
dell’Istituto è garantita dai privati ma non dallo Stato. È un
argomento suggestivo se usato in un convegno, ma suscita
interrogativi di principio se pronunciato in sede parlamentare. La
politica possiede da sempre un potere di condizionamento anche più
forte della proprietà delle quote poiché il Governo nomina
addirittura il Governatore, ma questa procedura non ma mai leso
l'autonomia della banca.
Sul
piano pratico, inoltre, la preoccupazione va in senso contrario. Se
un ministro che per quarant’anni ha lavorato a Palazzo Koch scrive
per decreto legge la nuova governance,
si indebolisce l’autonomia del Parlamento non quella della Banca
d’Italia.
Il Governo segue l'obiettivo di corto respiro di incassare l'entrata
fiscale una tantum
delle rivalutazioni patrimoniali delle banche - rinunciando ai
dividendi permanenti che verrebbero dalla pubblicizzazione - per
finanziare il buco creato dall’abolizione della rata 2013 dell’Imu,
il macigno che da mesi blocca la politica economica e destabilizza la
credibilità dei tributi locali verso i cittadini.
Eppure
dall'esame formale del decreto non si evince il nesso Imu-Banca
d'Italia, poiché non viene contabilizzata l’entrata fiscale della
valorizzazione del capitale. Il mistero è presto chiarito: una norma
rocambolesca della legge di stabilità ha coperto il buco dell'Imu
imponendo alle banche di pagare in anticipo nel 2013 le tasse
ordinarie che matureranno nel 2014. È un prelievo forzoso che
avrebbe destato critiche in ogni paese europeo, ma evidentemente è
stato sopportato dal sistema creditizio in cambio dei suddetti
vantaggi patrimoniali. Lo scambio però è ineguale: il prelievo pesa
su tutte le banche ma i vantaggi vanno solo alle grandi.
Per
rispettare questo patto il Governo ha perfino rischiato la rottura in
Europa. L’iter legislativo accelerato ha impedito alla commissione
del Senato di attendere che la Bce inviasse il suo parere, peraltro
molto critico sotto una superficie di linguaggio
paludato. Spero si possa esaminarlo alla Camera, magari invitando in
audizione lo stesso Draghi. Le lettere di Francoforte evidentemente
non sono tutte uguali: quella che chiedeva di modificare la
Costituzione sul pareggio di bilancio fu messa in pratica in
pochi mesi, mentre in questa circostanza non
si è voluto attendere neppure venti giorni per leggerla in Senato.
Non
sfugge a nessuno che dietro le critiche della Bce ci sia la pressione
della Bundesbank, la quale è contrariata per il vantaggio
competitivo conferito alle grandi banche italiane con la
rivalutazione patrimoniale. Questa è una
buona notizia: vuol dire che abbiamo
deciso finalmente di aprire una discussione con la Germania. Voglio
sperare che sia l’inizio di una strategia più combattiva in
Europa, e che si sappia portarla avanti. Se invece lo strappo europeo
venisse dalla fretta di concludere un pasticcio domestico, si
rischierebbe di passare dalla parte del torto.
È discutibile, ad
esempio, negare alle banche europee di acquistare le quote,
innalzando improvvisamente le frontiere in regime di unità monetaria
e di crescente integrazione dei sistemi creditizi. Sono protezioni
inutili nell'economia globalizzata: le banche italiane che hanno
diritto alle quote possono essere scalate da operatori europei e
questi a loro volta da operatori internazionali.
L’intera
storia è un esempio di come la classe
dirigente italiana prende le sue decisioni.
I tre soggetti si muovono a corto raggio e trovano l’equilibrio a
ribasso: le Banche private si capitalizzano per decisione politica ma
senza impegni verso il Paese, la Banca centrale si scrive la legge
per conto proprio, e il Governo raccoglie solo l'una tantum fiscale. Se
invece i tre protagonisti pensassero in grande otterrebbero risultati
migliori per loro e per tutti.
Basterebbe ribaltare la logica seguita fin qui.
Prendiamo
l’aspetto positivo della vicenda: la Banca d’Italia ha finalmente
ammesso - in contrasto con la Bce - che le riserve sono abbondanti e
possono essere utilizzate senza patemi d’animo. Invece di pagare le
quote ipervalutate delle banche private, si potrà utilizzare una
piccola quota delle riserve valutarie oggi stimate in 100 miliardi. È
una ricchezza degli italiani da mettere a frutto per uscire dalla più
grave crisi economica del secolo. Basterebbero ad esempio 5 miliardi
per creare, mediante un effetto leva, un fondo investimenti di oltre
50 miliardi.
Sarebbe
la grande occasione per modernizzare il Paese e per creare lavoro:
agenda digitale, infrastrutture fisiche e immateriali, innovazione
produttiva, ricerca scientifica e istruzione pubblica. Nelle stesse
risorse si troverebbero i fondi per trasformare la Banca d’Italia
in fondazione di diritto pubblico indennizzando le banche private
secondo le quote attualmente possedute. E gli
istituti di credito che hanno
scritto in bilancio valori gonfiati dovranno
pagarne le conseguenze: ad esempio la Carige, che
si attribuiva un’impossibile partecipazione alle riserve valutarie.
Si potrebbe quindi scrivere non un improvvisato decreto ma una legge
organica di riforma della Banca d’Italia al fine di garantirne il
prestigio e l’autonomia. Alle banche private sarebbe offerta
l’occasione di competere nella gestione del fondo investimenti,
facendosi valere come imprese finanziarie, invece di proteggere le
rendite di posizione maturate negli anni Trenta.
Soprattutto,
il Governo troverebbe finalmente la carta vincente per creare lavoro.
Sarebbe più credibile in Europa nel proporre la politica della
crescita, anticipandola con l'uso intelligente delle proprie risorse.
sono una elettrice di Civati e non capisco come fate, voi deputati del pd che siete contrari a certe scelte del governo, a votare sempre la fiducia. Non mi dica che è per coerenza politica per favore, bastaaa!
RispondiEliminaguarda che se non si vota la fiducia,il governo cade...non so se hai capito,ma ci facciamo una figura del cazzo se facciamo gcadere il governo senza spiegazioni...
Eliminascusate, ma noi italiani dobbiamo tenerci questo schifo perchè voi non facciate figuracce? Alla faccia dell'interesse nazionale....
EliminaBravo Tocci!
RispondiEliminaCosa ne pensa il "mulino bianco n. 2"?
Saluti
Un commento molto critico da parte della prof.ssa Venanzi sulla valutazione della Banca d'Italia: http://dipeco.uniroma3.it/db/docs/venanzi_valutazione_quote_BDI(1).pdf
RispondiEliminaGrazie, molto interessante l'analisi della prof.sa Venanzi. Consiglio a tutti la lettura
RispondiEliminae adesso? e adesso che cosa fa? come prende le sue decisioni? lei dice bene con le riserve in possesso di bankitalia levereggate saebbero possibili importanti investimenti, del tutto necessari al paese, e adesso che cosa le dice la sua coscienza? ci sono milioni di poveri in più ogni quinquennio di questa lunga depressione che ci sta aspettando, e adesso, lei, CHE COSA FA?
EliminaCaro Walter
RispondiEliminafrancamente mi pare che tutta l'operazione, facendo la tara sulle raffinatezza tecniche, si configuri come l'ennesimo regalo (svariati miliardi di euro) fatto alle grandi banche presenti in BdI e all'espropriazione di un'altro pezzo del (residuale) controllo dello Stato sull'economia.
A me questa sembra la funzione prevalente del partito democratico nella sua incarnazione "Governo Letta".
Mentre il capitale della BdI non si può usare per l'economia reale si può usare per ripianare la voragine delle truffe finanziarie: non è questo che stiamo facendo, in tutta Europa dal 2010? accollandone la colpa sulla spesa pubblica? con la solerte complicità del PD? Mentre si continua a vaticinare di una ripresa che non c'è.
Le bugie, in tempi di crisi hanno le gambe ogni giorno più corte e non basteranno le pallonate di Renzi per salvare il PD dalle sue enormi responsabilità.
Ciao
Benedetto
Mi associo alle perplessità espresse da Benedetto.
RispondiEliminaRicapitoliamo. Se ben comprendo:
1) Si rivalutano le quote di BdI attribuendo loro fino a € 7 miliardi
2) La BdI effettua un acquisto di azioni proprie dalle banche private detentrici, pagando loro gli € 7 miliardi post rivalutazione
3) Quindi, a conti fatti, lo Stato dà alle banche € 7 miliardi (al netto delle imposte su plusvalenze) attraverso il “tesoretto” di BdI anziché utilizzare questi soldi per investimenti
C’è qualche ragione di merito che mi sfugge, oppure è la solita questione di scambio di favori (e speriamo solo favori…) tra politica e banche?
Riguardo ai tre punti sinteticamente esposti sopra, notiamo che :
1) Non si può valorizzare a “valori di mercato” un bene demaniale per eccellenza, ovvero l’ente di emissione della moneta, poiché è inammissibile che i proventi reddituali derivanti dal signoraggio bancario vadano in mano a privati, e se il capitale non produce proventi automaticamente non ha alcun valore patrimoniale. Il signoraggio rappresenta infatti una tassa occulta immessa nell’economia attraverso il tasso di riferimento applicato dalla banca centrale ai prestiti di base monetaria alle banche private, che queste poi riapplicano a famiglie ed imprese, e come tale deve tornare alla collettività. La questione sulla metodologia utilizzata per la valutazione del titolo (nello specifico DDM a più stadi, mi pare di capire) con i relativi dettagli mi sembra quindi del tutto irrilevante.
2) Non si può giocare con un istituto di emissione come fosse una qualunque società quotata che riacquista azioni sul mercato per sostenere il corso del titolo. A questo punto sarebbe molto più onesto dire ai cittadini che si vogliono dare € 7 miliardi (meno imposte su plusvalenza) alle banche, come ampiamente avvenuto in Germania, UK, Francia e Spagna tra 2008-12, per cifre del resto assai superiori, anziché finalizzarle ad altri scopi.
3) Sarebbe invece molto utile capire quali utilizzi alternativi possano avere le attività patrimoniali della BdI, visto che nell’attuale quadro di politica monetaria comune con la BCE non vi è (apparentemente) nessuna necessità reale di mantenimento di ingenti attività a garanzia nella BdI. Notiamo che non è tanto un tema di “utilizzo” di riserve nel passivo, quanto di quali attività sono composte quelle riserve. Dando uno sguardi al bilancio di BdI (Agosto 2013), verrebbe subito da pensare che quei € 110 miliardi circa disponibili in oro (punto 1 in bilancio) ed attività finanziarie in valuta estera (punto 2.2 in bilancio) – se liquidabili facilmente, specie con il rialzo avuto dall’oro – sarebbero utilizzabili per un bel piano decennale di efficienza energetica e rinnovo edilizio nazionale. Attenzione però: con i chiari di luna che ci sono in Europa, teniamo a mente che quei € 110 in valori reali ed esteri potrebbero fare molto molto ma comodo in una ipotetica e rischiosa (ma pur sempre possibile) uscita dall’euro …
Infine, un punto cruciale che meriterebbe finalmente di essere discusso in modo aperto è quello di stampare (moderatamente) moneta per il finanziamento primario della spesa pubblica senza produzione di debito pubblico, il cui effetto inflazionistico in una situazione di crisi occupazionale come quella che viviamo è tutt’altro che scontato. Con buona pace dei fondamentalisti della teoria quantitativa della moneta strettamente intesa.
Chiedo venia per eventuali inesattezza, il tema è complesso ed apre molte riflessioni di natura monetaria.
Stefano
www.progettotrenta.it
Bravo Tocci. Grazie per la chiarezza. Adesso basta regali alle grandi banche mentre la situazione di tante piccole aziende è drammatica.
RispondiEliminaGrazie Walter Tocci. Ma non è chiaro se le riserve statutarie "valgono 15 miliardi" oppure vengono "stimate in 100 miliardi"
RispondiEliminaAmedeo
Hai ragione, forse non ho chiarito la differenza. Le riserve statutarie sono una sorta di capitale che sorregge l'attività istituzionale e le funzioni specifiche della Banca. Le riserve valutarie invece sono il tesoro nazionale che viene custodito dalla Banca d'Italia ai fini esclusivi della protezione della moneta; oggi molti economisti sostengono che queste riserve valutarie siano sovrabbondanti rispetto ai compiti della tutela dell'euro e quindi, a loro e a mio avviso, potrebbero essere utilizzate in piccola parte per un piano investimenti nazionale.
EliminaBel commento e bell'analisi. Ma mentre questo articolo lo leggono in quattro gatti la frittata è già stata fatta.
RispondiEliminaE alla fine della fiera lei Civati & co. (coloro sui quali nutrivamo qualche speranza, mal riposta ahimè) avete votato a favore, quindi siete complici di questa grande porcata, di merito e di metodo.
Ci son delle battaglie su cui può valer la pena far cadere un governo o uscire da una maggioranza. Si chiamano ideali.
Anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti.
Grazie Walter, per questa analisi lucida di un tema così complesso e allo stesso tempo così importate
RispondiEliminaRoberto Battiston
Grazie Roberto, mi fa piacere risentirti; anche se avrei voluto darti notizie migliori.
EliminaBravo Tocci, sempre ben documentato nell'intrinseco delle questioni.
RispondiEliminaAlberto Palazzi
Non sono all'altezza dell'articolo e comunque non servirebbe a nulla. Mi concentro sul problema della democrazia nelle massime istituzioni italiane e nel partito denominato PD. Lei, persona di valore, e altre persone di valore, dotate di raziocinio e di onestà, votate a favore delle peggiori cose per "disciplina di partito". Può capire, quindi, la desolazione, la tristezza, la disperazione di altre persone oneste e raziocinanti nella squallida situazione politica dell'Italia. A completare la sciagura mancava solo l'arrivo al potere, POTERE, nel PD di un nuovo segretario e delle sue rapide "azioni". Con stima, nonostante.
RispondiEliminaun'apolide politica
La cosa piu' grave di questo decreto e' che impedira' di fatto a qualsiasi governo futuro di riprendere in mano la Banca d' Italia e quindi in caso di implosione dell'Euro ci siamo tagliati fuori l'unica via di fuga il piano B per salvarci ma si rende conto di cosa avete votato uno scippo al popolo Italiano e non dica che non lo sapevate il convegno organizzato alla camera dei deputati lo scorso dicembre spiegava propio queste cose se lei se lo e' perso si guardi l'intervento di Nino Galloni. lo trova su youtube digitando " nino galloni camera dei deputati si stava meglio quando si stava peggio" in 25 min spiega molto bene il perche' siamo in questo disastro economico e perche' con il decreto Bankitalia ci siamo tagliati ogni possibilita' di salvezza.Emiliano
RispondiEliminaSen. Tocci su youtube cerchi nino galloni come ci hanno deindustrializzato" " Nino galloni il funzionario oscuro che fece paura ad Elmuth Khol" "nino galloni e nando ioppolo cosa sta' succedendo in Italia".le garantisco che ne vale la pena NinoGalloni ex direttore generale dei ministeri dell''economia e del lavoro spiega con competenza cognizione di causa ed esperienza diretta l'evoluzione del declino dell'economia Italiana e spiega molto bene le origini le possibile soluzioni all'attuale crisi economica che tante aziende,posti di lavoro,e vite umane sta' falcidiando.Le faccio presente che da economista ultrasessantenne uomo delle istituzioni quale e' arriva nell l'intervento alla camera dei deputati da me consigliato nel commento precedente ad invocare una rivoluzione per fermare il decreto Bankitalia,inoltre a quanto pare l'associazione dei consumatori adusbef ha sporto denuncia per peculato in 130 citta' per fermare il decreto ed il Giudice Imposimato a invocato il ricorso alla corte istituzionale sempre per fermare il ddl visto che in tutto il paese sta' montando un onda di sdegno contro il decreto non le sembra che lei ed altri parlamentari del PD avreste dovuto avere piu' coraggio e votare contro il ddl?si accusano i grillini di scarsa democrazia ma a quanto pare il PD non e' da meno se arrivano ordini di scuderia e si pigia il bottone a richiesta.Adesso esiste la rete ed i cittadini si informano io credo che il centrosinistra paghera' molto caro in termini elettoral questo ddl.Emiliano
RispondiEliminacaro Walter non ti avevo più sentito dopo la ns chiacchierata sul tema. mi fa piacere vedere che hai mantenuto una netta valutazione critica. Credo che questo provvedimento rappresenti un cedimento gravissimo all'oligarchia della Bd'I e delle grandi banche e una umiliazione del Parlamento, che peraltro non ne avrebbe ulteriore bisogno. Questo provvedimento la dice lunga sulla natura del governo Letta. Però delle osservazioni tue e di altri del PD non si è visto traccia in pubblico!
RispondiEliminaLanfranco Turci
Le moderne teorie monetarie affermano con dati incovertbili che stampare moneta non comporta necessariamente inflazione infatti l'effetto inflazionistico si ha solo quando viene emessa troppa moneta rispetto ai beni e servizi disponibili mentre quando ci sono i beni ei servizi disponibili ma non c'e' moneta circolante questi rimangono invenduti per cui crolla l'economia chiudono aziende cresce la disoccupazione e si va' in deflazione,la prova di questo e' che negli ultimi anni la BCE ha inondato di denaro il sistema bancario a tassi irrisori ma questo non ha fatto ripartire ne l'inflazione ne tantomeno l'economia perche'quei soldi non sono entrati nel sistema econonomico Italiano ma sono serviti alle banche private ad acquistare titoli pubblici a tassi che oscillano a secondo dello spread dal4 al 6% interessi che lo stato deve pagare al sistema bancario privato e per farlo deve togliere i soldi dalle tasche dei cittadini attraverso
RispondiEliminale tasse per cui si crea un effetto perverso di avvitamento recessivo e nonostante lo stato raccolga piu' tasse il rapporto debito pil peggiora (la classica cura che uccide il paziente) e non si esce dalla recessione l'unico modo per uscirne e' quello di creare politiche espansive Keynesiane che per effetto del moltiplicatore Keynesiano riducono il rapporto debito pil quindi a deficit positivo.Per supportare queste politiche la BCE potrebbe stampare moneta e darla direttamente agli stati ( non si capisce infatti perche' debba darla a soggetti privati che poi la danno allo stato ad interessi maggiorati),ma visto che per delle regole statutarie assurde la BCE non puo' farlo e la Germania non cambiera' mai queste regole l'Euro implodera portando l'Europa nel caos di un ritorno disordinato alle monete nazionali mentre tutte le altre nazioni Europee hanno mantenuto pubbliche le loro banche potranno tornare quindi a gestire le propie politiche monetarie a noi grazie al ddl Bankitalia questa opzione ci sara' preclusa quindi il csx si e' reso responsabile di un fatto gravissimmo che rimarra nella storia egativa di questo paese.Uscire da questa crisi sarebbe abbastanza semplice e se l'Europa non lo fa' potremmo farlo noi come nazione ( Svezia,Danimarca,e norvegia ad esempio hanno mantenuto le propie monete e infatti non hanno nessun problema e non devono tagliare il welfare come facciamo noi)ma con questo con questo ddl ci siamo preclusi questa possibilita'.Per ulteriori approfondimenti cercate su youtube "Nando Ioppolo di Elia Menta economia criminale" .Emiliano
Che squallore! Corradino Mineo, ben prima della scenata della ghigliottina, aveva parlato nel suo caffè dell'inopportunità di inserire nel decreto IMU l'aumento di capitale di Bankitalia, sottraendolo alla doverosa discussione parlamentare. Spiegò anche che Finocchiaro ne aveva sottolineato l'irregolarità e Walter Tocci aveva argomentato brillantemente la propria contrarietà, ma poi (incuranti non solo delle regole violate ma della situazione reale del Paese, delle banche che negano il credito alle piccole imprese che chiudono a ritmi impressionanti, degli imprenditori che falliscono e talvolta si suicidano, delle famiglie che non possono pagare mutui e bollette e più in generale degli italiani sempre più schifati dai politici dannosi o, nel migliore dei casi, ignavi) tutti i bravi soldatini del PD, infischiandosene delle proprie convinzioni e sopratutto degli italiani, hanno detto SI PADRONE al proprio partito e hanno evitato di rispedire un decreto osceno al governo ancora più osceno che l'aveva emanato ed eccoci qua. Quel che da fastidio di Tocci, di Civati, di Mineo, di Casson e (pochi) altri, è che tradiscono coloro che, sapendoli preparati e onesti, pensavano e purtroppo ancora pensano: "menomale che ci sono loro!!!" quando invece la loro consapevolezza dei voti sbagliati che esprimono li rende, secondo me, peggiori degli altri. Dovrebbero ricordarsi che sono lì per rappresentare la Nazione e non per eseguire ordini (palesemente sbagliati) del PD.
RispondiEliminaNella sua dichiarazione di voto Giorgia Meloni fa appello agli uomini della sinistra affinche' non seguano le indicazioni di voto del propio partito nell'interesse supremo del popolo Italiano.Fa impressione vedere quello che rimane del glorioso PCI scavalcato a sinistra da FDI.In questo intervento la Meloni dice cose che avrebbero dovuto dire gli uomini e le donne di sinistra ma ormai il PD è il partito al servizio delle lobby e dei poteri economici.
Eliminahttps://www.youtube.com/watch?v=v11MNJKkMVA
Sarebbe interessante leggere le risposte di Walter Tocci a questi due commenti, dato che Tocci, a differenza di Civati, ogni tanto degna di considerazione coloro che seguono il suo blog.
EliminaCerco di convincermi che l'unico serio motivo per cui ciò che rimane del glorioso PCI si comporta in questa maniera è che essi siano seriamente minacciati. Dovrebbero avere il coraggio di renderlo palese e finalmante porre fine a questa loro ingiustificata presenza in quella specie di partito, smettendo anche di elaborare queste accurate ed approfondite analisi che hanno il solo effetto di confondere e sconfortare chi li ha votati.
RispondiEliminaSpero (ma è solo una speranza) che le elezioni facciano giustizia anche di questo. Ma vedo che anche lì agite nella stessa maniera e con profonde analisi critiche...
http://finanziamenti-on-line.it/elenco-societa-che-erogano-finanziamenti-cambializzati_post-8816.html#comment-17985
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