Quello che pubblico oggi è un lungo saggio sulla crisi dell'Atac, l'azienda dei traporti di Roma. L'ho scritto nel tentativo di approfondire le cause e i possibili rimedi di una crisi che dura da tanto, troppo tempo. Due sono i fattori da cui prende le mosse il testo. Il primo è che l'avvio della procedura fallimentare dell'azienda ha già mostrato quali siano i gravi rischi per i lavoratori e per i cittadini. Qui si propone una strada alternativa per mettere in sicurezza l'azienda e riformarla radicalmente. Il secondo fattore è l'indizione per il prossimo 3 giugno del referendum consultivo sul ricorso alla concorrenza, che aprirà un dibattito popolare e sarà certamente un bene per la politica del trasporto. Ci sarà però anche il rischio di una mera contrapposizione ideologica tra pubblico e privato, mentre è fondamentale entrare nel merito delle scelte per valutarne i vantaggi collettivi. Qui si propone una via contro la privatizzazione selvaggia e a favore di una liberalizzazione che migliori l'efficienza mediante le gare europee e mantenga saldamente in mano pubblica il servizio.
Nel tentativo di chiarire le diverse opzioni il testo si è dovuto misurare con il linguaggio tecnico, in un difficile equilibrio tra rigore analitico e immediata comprensibilità. Comunque, ho incluso un riassunto iniziale che indica gli argomenti fondamentali del saggio.
Potete leggere e scaricare il saggio La crisi dell'Atac, le scelte sbagliate e le soluzioni possibili a questo indirizzo.
Caro Walter,
RispondiEliminase tu fossi passato al M5S quando te lo suggerii, ora, anziché scrivere sul Web cose egregie in merito ad ATAC, saresti in Campidoglio a realizzarle !!
Io dico che - ammettendo per assurdo l'ipotesi - lo butterebbero fuori dopo due secondi: competenza e indipendenza sono difetti intollerabili per un cinque stelle come si deve...
EliminaGrazie Walter per una nuova prova di quanto tu sia interessato a far crescere la buona politica. Qualcosa di diverso dal carezzare il pelo ai cittadini secondo il risultato del sondaggio sui loro umori per poi non tenerne conto quando si hanno responsabilità, mutando indirizzo politico come si cambia la maglia della salute al mattino.
RispondiEliminatutto molto bello. Analisi puntuale e completa. A questo punto mi chiedo: Visto che è così chiaro e ovvio come si doveva\poteva salvare o risanare questa azienda, per quale motivo le precedentio giunte non hanno posto in essere queste brillanti soluzioni?
RispondiEliminaAltra domanda, se l'idea della liberalizzazione (che trasformerebbe L'ATAC in usa società di servizi che esternalizza il lato produttivo) è così facile da realizzare, per quale motivo Marino non l'ha messa in piedi. Oggi avremmo un'azienda in salute ed il concordato non sarebbe stato necessario.
cordialmente
Nell'analisi di Walter Tocci, oltre a non pochi aspetti forse comprensibili solo agli addetti ai lavori, mi colpisce tutta una serie di dettagli comprensibili anche a noi semplici utenti del servizio. Insomma, ancora una volta si riconferma l'insipienza delle decisioni prese dalla giunta Raggi e da quella di Alemanno… al di là delle difficoltà e insufficienze che hanno sempre caratterizzato la rete dei trasporti romani.
RispondiEliminaI paragrafi finali in cui si ipotizza che la "talpa" rimanga sotterrata tra il Colosseo e i Fori Imperiali mi mette una grande tristezza. In futuro verrà riscoperta grazie a qualche scavo archeologico e i nostri discendenti resteranno fulminati dalla nostra incapacità.
La prima volta che ho visto all'opera una "talpa" è nel film "Roma" di Fellini, quando racconta della costruzione della linea A della metro. Ma allora la "talpa" servì a scoprire un meraviglioso affresco dei nostri antenati, che erano dei grandi ingegneri e ci hanno lasciato una città meravigliosa.
Purtroppo, molti secoli per costruirla e poche decine di anni per distruggerla !!
Vicesindaco a Roma dal 1993 al 2005. Credo che non ci sia altro da aggiungere. La citta dello sport ringrazia.
RispondiEliminaChe io sappia e ‘stato vice sindaco con Rutelli e non con Veltroni. Quindi massimo 2001, non 2005. Sostenere che allora la città non fosse migliore di adesso è pura malafede.
RispondiEliminaMi viene il dubbio che tu non sia mai stato in una capitale europea, certo non ci sei stato per lavoro. Il confronto con Parigi Madrid Berlino Praga etc.una volta poteva essere un obbiettivo difficile, ora è più facile attraversare un warmhole.
Salve Walter, avrei una domanda da porle in ambito trasporti pubblici.
RispondiEliminaQualcuno ha mai fatto due conti per vedere quale sarebbe il costo medio procapite per i cittadini romani (Roma e provincia) qualora si pensasse ad eliminare il biglietto e rendere i trasporti pubblici un servizio comunale, pagato con le tasse comunali, al pari del sistema fognario, dell'illuminazione stradale, etc ?
Io vedrei molti vantaggi, tra i quali:
1) entrate certe per il Comune/Provincia rispetto ad oggi, con cui finanziare la ristrutturazione della rete. Oggi tra biglietti falsi e mancanza di controlli il biglietto lo paga solo una parte dei viaggiatori.
2) riduzione del traffico e dell'inquinamento, in quanto, visto che i trasporti sarebbero gratuiti (o meglio prepagati), tanto varrebbe utilizzarli.
3) Miglioramento della viabilità, vista la riduzione delle auto circolanti.
4) eliminazione delle operazioni di controllo dei biglietti ed elevazione delle contravvenzioni sui mezzi, con conseguenti eliminazioni delle onerose pratiche di riscossione del credito, etc.
I turisti potrebbero pagare una quota tramite la tassa di soggiorno che già versano agli hotel.
Sfuggirebbero al pagamento tutti coloro che non hanno un reddito, ma ad essere onesti già oggi costoro non pagano e, qualora scoperti, è estremamente improbabile che si riesca a recuperare qualcosa. Del resto questa fascia di persone non paga già oggi alcun servizio comunale.
Credo sia un'ipotesi di lavoro quantomeno da valutare.
Cosa ne pensa ?
Spero di non scatenare un vespaio di polemiche ma solo uno scambio di opinioni. Grazie e saluti
Ho letto, in prossimità del referundum in materia, con attenzione il saggio su ATAC nella versione estesa. Dettagliato e visionario e mi complimento per questo. Ciò che non condivido, tuttavia, è l'assunto, non spiegato in punto di logica, ma comprensibile soltanto con il salto nel dogma, dell'incapacità del soggetto pubblico di svolgere, con efficienza ed efficacia, anche il compito di operatore industriale. Si assume che il soggetto pubblico sia in grado, sia pure con i necessari e arditi interventi di qualificazione delle competenze, di svolgere i ruoli di 1. lucido interprete delle esigenze della domanda nel contesto urbano, ed extraurbano, di riferimento; 2. visionario pianificatore della rete e della flotta ad essa strumentale; 3. sagace investitore nella proprietà della flotta; 4. attento architetto del disegno del servizio; 5. severo gestore dei contratti di appalto. Ma si esclude che lo stesso soggetto sappia attrezzarsi per gestire l'attività operativa del trasporto e le funzioni tecniche ad esso connesse, ovvero in primis la condotta e la manutenzione dei mezzi ed il customer service. Questo giudizio dogmantico è la base di leggitimazione logica della soluzione proposta di liberalizzazione delle attività operative. E tale soluzione poggia sull'altro assunto dogmatico che il privato, nella fattispecie una pluralità di privati, sappia svolgere tale attività industriale con un grado maggiore di efficienza ed efficacia. Se il primo dogma, l'incapacità genetica (?!) del soggetto pubblico di svolgere l'attività operativa, ha un'apparente giustificazione nei numerosi fallimenti industriali succedutisi in Italia dagli anni '80 in avanti, il secondo dogma, la capacità del soggetto privato (anch'essa genetica?!) di svolgere con successo tale attività difetta ampiamente perfino di una mera validazione statistica, poiché i fallimenti di soggetti industriali privati, soprattutto nei business complessi dei servizi, sono stati numerosi e fragorosi negli anni. L'appalto delle attività operative a basso valore aggiunto finanziario, ma ad alto valore aggiunto per i clienti, è un percorso lungo il quale si sono cimentate varie e numerose aziende di servizi a partire dagli anni '90 in avanti. Questo processo di appalto è noto come terziarizzazione, chiericamente mascherato col corrispondente inglese di outsourcing. Oltre che aver creato una formidabile esplosione del caporalato essendo, produttività e costo dello staff operativo, le uniche leve concesse a questa categoria di imprenditori, ha privato le grandi aziende di servizi della linfa vitale del contatto con la realtà dei clienti per la pianificazione dei cambiamenti. La divisione di tali aziende in due, da una parte la torre eburnea delle competenze cerebrali ad alto valore aggiunto, dall'altra la cayenna delle attività operative ha indebolito entrambi i tronconi di uno stesso mestiere, unico e indivisibile per organizzazioni che vogliano davvero perseguire il successo di lungo periodo.
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