lunedì 29 aprile 2013

Viva la sincerità


Testo del mio intervento all'assemblea dei senatori PD del giorno 29 Aprile 2013.


C’è un paradosso. Abbiamo successo in virtù dei nostri demeriti. Abbiamo fatto il governo a causa di uno sbaglio. Oppure abbiamo sbagliato per fare il governo. Rimane il dubbio che i 101 non fossero scavezzacolli indisciplinati ma lucidi strateghi che volevano fare il contrario di quanto avevamo raccontato agli elettori prima e dopo il voto.
Già avevamo ottenuto il premio di maggioranza con una campagna elettorale sbagliata. Come ha detto il presidente Napolitano, quel premio lo abbiamo sprecato; forse proprio perché non lo avevamo meritato. Vincere per demerito può avere effetti devastanti se nell’euforia si dimenticano i propri difetti, ma può essere una fortuna se si dimostra di saper cambiare se stessi. Dovremmo farlo in tre direzioni: servizio per il Paese, sincerità tra noi, apertura verso gli altri. 



giovedì 25 aprile 2013

Perché abbiamo sbagliato.
Quattro riflessioni sincere (e provvisorie)


Il seguente articolo è stato pubblicato il 24 Aprile sul sito Globalist.it


È tempo di dirci la verità sulla sconfitta per il Quirinale. Al di là della girandola di nomi, dei tradimenti occulti e dei dissensi dichiarati, c'è un nocciolo politico che va portato alla luce. L'elezione del Presidente era l'occasione per dare un segnale di coesione nazionale, e su questo siamo tutti d'accordo. Ma per realizzare un tale nobile proposito occorreva scegliere tra due diverse strade.

1. La prima strada era l'accordo istituzionale tra il Pd e il Pdl: è l'ipotesi prevalsa tra i dirigenti, ma non tra i nostri elettori. Questi ultimi non hanno dimenticato che solo tre mesi fa Berlusconi stracciò impunemente un accordo simile, come suo costume da vent'anni, schierandosi all'opposizione e lasciandoci col cerino in mano di fronte agli elettori. Eppure è stato rapidamente perdonato dai nostri, dagli opinion leader e dallo stesso Monti che ne è stato la vittima suprema. Un curioso caso di masochismo dell'establishment.
La candidatura di Marini al Quirinale, come egli stesso ha onestamente riconosciuto, era connessa ad un accordo “a bassa densità” col Pdl per il governo, cioè a una versione camuffata del governissimo che fino a poche ore prima era stato rifiutato sdegnosamente dai nostri dirigenti.


sabato 20 aprile 2013

Tre voti, due strade, un racconto


Nel momento più difficile si poteva dare alla Repubblica un nuovo Presidente di alto profilo. Stefano Rodotà aveva la credibilità per ricostruire la fiducia nelle istituzioni. Non è un candidato di parte, è una personalità che ha sempre avuto a cuore la garanzia dei diritti di tutti e la sovranità della Legge contro qualsiasi sopruso. Sarebbe stata una novità che avrebbe sbloccato la situazione politica. In breve tempo si sarebbe potuto formare quel governo di cambiamento che abbiamo inutilmente cercato in questi due mesi. Il mio voto stamane non è mancato, e ho sperato che si potesse realizzare un'ampia convergenza per la sua elezione. 




giovedì 18 aprile 2013

La franchezza del tiratore


I franchi tiratori hanno una cattiva fama. Eppure, hanno sempre curato il bene della Repubblica. Per merito loro sono stati eletti i migliori presidenti. Oscar Luigi Scalfaro fu eletto dopo aver impantanato la candidatura Forlani. Il grande Luigi Einaudi fu eletto contro il conte Sforza che aveva già scritto il discorso di investitura. La regola è confermata anche al contrario. Senza franchi tiratori, alla prima votazione, al Quirinale andò Cossiga che poi divenne il Picconatore delle istituzioni repubblicane.

In quel geniale partito che era la DC - bisogna riconoscerlo – i franchi tiratori svolgevano una funzione moderatrice, di equilibrio e di saggezza, contro le decisioni rigide delle segreterie dei partiti. Almeno per una riconoscenza storica, quindi non bisognerebbe più chiamarli franchi tiratori bensì i saggi grandi elettori.
D’altronde, l’elezione del Presidente è forse il momento più creativo della vita parlamentare, è l’occasione dell’invenzione politica che nasce da imprevedibili decisioni dei rappresentanti del popolo. Compito dei dirigenti di partito in tali passaggi è niente di più e niente di meno che convincere i parlamentari. Non si può dire che stavolta ce l’avete messa tutta, lo dico a Bersani con la stima che gli porto da sempre. Sinceramente, non mi avete convinto.


sabato 13 aprile 2013

Non più, non ancora. Proposte per Quirinale e governo


Non viviamo tempi normali. Almeno su questo ci dovrebbe essere ampio accordo tra noi. Il vecchio mondo è ormai esaurito e il nuovo non sappiamo come sarà. Il momento sospeso tra il non più e il non ancora è il più adatto a dare un nuovo senso delle cose.
Le elezioni hanno certificato la fine della Seconda Repubblica: i due poli hanno perso quasi dieci milioni di voti; le ricette economiche mainstream suscitano la rivolta di imprenditori, lavoratori e disoccupati; la promessa di riforma istituzionale ha prodotto finora solo disordine nello Stato. Il 24 Febbraio abbiamo avuto l’occasione di uscire a sinistra dalla crisi. Abbiamo mancato clamorosamente l’obiettivo.
Il sistema politico è come un macigno che dopo essere rotolato nel pendio della montagna si è fermato in bilico su un crepaccio. Sono possibili solo due iniziative. O lo riportiamo a monte mettendolo in sicurezza o lo facciamo cadere e cerchiamo un’altra pietra angolare su cui edificare la Terza Repubblica. Non si può rimanere a guardare il macigno, come abbiamo fatto in questo mese con la linea mediana che non graffia all’esterno e non è neppure condivisa pienamente all’interno. Anzi, un chiarimento sincero sarebbe salutare.


sabato 6 aprile 2013

Bolle di mattone. Prefazione al libro di Mario De Gaspari


Chi apre queste pagine ha in mano un libro prezioso. Il suo valore dipende non solo dalla qualità dell'analisi ma dal fatto che è raro poterla leggere in un testo rigoroso come questo. E' davvero povera la letteratura sulla rendita immobiliare, non solo nella ricerca teorica, ma nella pubblicistica corrente e ancor di più nel dibattito politico. Eppure, Mario De Gaspari dimostra che è la chiave analitica più efficace per comprendere l'incubazione della Grande Crisi, le attuali difficoltà ad uscirne, il ruolo inedito e perverso del sistema creditizio e soprattutto l'impatto di tutti questi fenomeni sulla decadenza italiana. 


venerdì 5 aprile 2013

Discorso al Senato sul decreto per Roma capitale


Signor Presidente, colleghi senatori, sono possibili tre piani di lettura del decreto per Roma Capitale: quello tecnico, quello dei cittadini e quello storico.
In ordine al primo, il Governo ha presentato delle argomentazioni ragionevoli a sostegno di alcune modifiche apportate al testo già approvato dalla Commissione Bicamerale. Quindi, a nome del PD, dichiaro il voto favorevole alla ratifica della proposta governativa. Siamo disponibili a votare su una breve risoluzione unitaria e a tal fine ritiriamo il nostro testo, nel quale il giudizio favorevole era accompagnato da alcuni commenti che comunque svilupperò nel mio breve discorso. Rimane solo il dubbio, signor Ministro: perché il Governo tecnico non ha avuto la perizia tecnica di sottoporre a suo tempo alla Commissione Bicamerale le sue osservazioni? Ci saremmo risparmiati questo passaggio parlamentare.
Per quanto riguarda il secondo aspetto, ho sentito la Lega scatenarsi contro il provvedimento. Forse hanno dimenticato che queste norme sono figlie dell'accordo del 2008 tra Alemanno, Polverini e Bossi. A Roma è conosciuto come «l'accordo della pajata» (Applausi dal Gruppo PD) perché suggellato da un ridicolo evento gastronomico davanti a Palazzo Montecitorio. L’accordo conteneva la scelta, a mio avviso sciagurata, di cancellare gli investimenti che venivano dalla vecchia legge 396-1990 per spostare tutte risorse solo sulla spesa corrente, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Dopo cinque anni, infatti, l'effetto di tutto questo apparato normativo è stato soltanto il cambiamento della carta intestata del Comune; sulle automobili dei vigili urbani non c'è più scritto «Comune di Roma» ma «Roma Capitale». I cittadini non hanno visto altro miglioramento che questo. (Applausi dai Gruppi PD e SCpI).

mercoledì 3 aprile 2013

In ricordo di Ugo Vetere


Il primo ricordo che mi assale è Ugo col braccio ingessato in visita nelle fabbriche della Tiburtina colpite dall’alluvione del 1984. Mi sembra ancora di vederlo che cammina in mezzo ai capannoni distrutti, senza paura di scivolare, con la sicurezza e l’entusiasmo di sempre, pronto a dare ai funzionari istruzioni perentorie per l’emergenza, caloroso nell’alleviare la disperazione di imprenditori e lavoratori, autorevole nel far sentire che la città intera era al loro fianco. E anch’io, giovane presidente del V municipio, mi sentivo rincuorato dalla sua presenza, non solo perché era il sindaco, ma anche perché era Ugo, il compagno generoso sempre disponibile ad aiutare gli altri, il caro maestro della nostra generazione. Ha insegnato l’arte del buongoverno a migliaia di giovani amministratori. Pochi come lui sapevano spiegare come funziona un bilancio comunale e come si deve usare l’amministrazione per rispondere ai bisogni popolari. Averlo accanto mi ha sempre dato sicurezza, anche negli ultimi tempi, quando veniva a trovarmi nella stanza di vicesindaco per portarmi i suoi consigli sui problemi della città, per segnalarmi le cose che andavano migliorate, con la delicatezza e l’affetto di un padre. Così vorrei ricordarlo, se me lo consentono i figli Chiara, Elisabetta, Guido e la compagna della sua vita, la cara Germana.