giovedì 27 luglio 2017

La rete e il castello, parte III - Porte chiuse all'ateneo


Qui di seguito il terzo e ultimo appuntamento della serie La Rete e il Castello, il mio saggio sullo stato attuale della ricerca e università in Italia. Potete recuperare anche la prima e la seconda puntata
Abbiamo approvato in Senato il decreto sulle regole di finanziamento dell'università con riferimento al criterio del costo standard. L'argomento presenta una certa complessità matematica che ho cercato di spiegare in un testo inevitabilmente difficile. Una sintesi semplificata si può leggere nel testo del mio intervento nell'aula del Senato a pagina 41 di questo documento PDF. Rispetto a quel testo, è stato successivamente eliminato con il voto di fiducia l'emendamento 12.27.


Negli ultimi mesi molti atenei hanno istituito il numero chiuso in diversi corsi di studio. Si chiudono le porte dell'università nonostante il basso numero di immatricolati. Si scoraggiano i giovani al proseguimento degli studi in un paese che ha la metà dei laureati rispetto alla media europea. È una politica contro l'interesse nazionale, ma nessuno l'ha dichiarata e nessuno si assume la responsabilità degli effetti. È solo la conseguenza di algoritmi apparentemente neutrali e incomprensibili ai cittadini. Se ne sono serviti i governi degli ultimi dieci anni per attuare la più pesante recessione nella storia del sistema universitario italiano, una sorta di triplice arretramento di circa -20, -20, -20 per cento di docenti, di fondi e di studenti. Nessun altro comparto della pubblica amministrazione ha subito un salasso di questa portata. E nessun altro paese europeo ha risposto alla crisi indebolendo le strutture dell'alta formazione e della ricerca.

Dal 2014 a oggi il numero chiuso è stato aiutato anche dall'applicazione dell'algoritmo del costo standard nella ripartizione dei finanziamenti. Esso infatti contiene palesi errori nel metodo di calcolo e determina effetti dannosi e iniqui nel sistema universitario. La Corte Costituzionale però ha annullato i decreti con i quali i governi passati si erano impossessati illegittimamente della competenza e ha restituito la parola al Parlamento. In questi giorni abbiamo potuto discutere le norme sul costo standard inserite dal governo nell'articolo 12 del decreto legge n. 91/2017 dedicato un tema diverso come il Mezzogiorno, senza la coerenza di argomento che sarebbe prescritta dalle regole costituzionali.

In base alla sentenza della Corte il governo ha inserito nel decreto una sorta di sanatoria sulla ripartizione dei fondi dal 2014 a oggi. Voleva altresì prolungare negli anni successivi l'applicazione del suo algoritmo, ma la ritrovata potestà legislativa del Parlamento ha consentito di correggere almeno gli errori più gravi del metodo matematico. Provo a renderli comprensibili, spero senza perdere il rigore dell'analisi. Spesso la complessità di questi algoritmi rimane oscura ai più e impedisce la limpida discussione sui contenuti delle politiche pubbliche.