Da molto tempo sono convinto che Roma abbia bisogno di un Politecnico, di un centro propulsivo di crescita e condivisione della conoscenza. Non un nuovo ateneo, ma un connettore tra il sistema città e le attuali strutture di ricerca e di alta formazione. Ne ho parlato nell'ultimo capitolo del libro Roma come se (pp. 251-3) e poi con l'amico Marco Simoni abbiamo rilanciato la proposta in un articolo sul Messaggero del 9 dicembre 2020, che si può leggere di seguito.
Dopo l’Istituto Italiano di Tecnologia a Genova e, quindici anni dopo, lo Human Technopole a Milano nell’area dell’Expo2015, il governo intende creare altri poli di aggregazione scientifica nel nostro paese. Il Presidente Conte ha annunciato recentemente un nuovo polo internazionale per l’Agri-Tech a Napoli, oltre alle iniziative già recentemente lanciate del centro di super computer a Bologna e quello per l’intelligenza artificiale a Torino. Come è evidente c’è una grande assente da questo piano tanto importante quanto condivisibile: Roma.
Attenzione: non si tratta di sollevare una polemica o di una rivendicazione territoriale, ma di un bisogno economico e di sviluppo del Paese che non può più permettersi una Capitale che indietreggia. Roma non è solo un centro amministrativo, è una Capitale scientifica e tecnologica, ancora alimentata da un grande Novecento: la fisica di Fermi e Amaldi, la scuola di matematica di Volterra ed Enriques, l’informatica di Ruberti, i satelliti di Broglio, l’Istituto di Sanità di Marotta, il Cnen di Ippolito, i radar della Selenia. Roma esercita un’influenza economica diretta su un terzo del Paese, e una indiretta proiezione globale fondamentale per tutta l’Italia.
Noi pensiamo dunque che sia il momento di investire in un nuovo Politecnico di Roma, anche con le risorse del programma Next Generation EU. Non deve essere un altro ateneo che si sovrappone a quelli esistenti, ma un centro propulsivo di crescita e diffusione della conoscenza, in grado di connettere le migliori risorse delle università e dei centri di ricerca, di coinvolgere le imprese romane nelle sfide tecnologiche e di mobilitare i luoghi urbani della creatività. Deve essere una struttura pubblica di alta competenza scientifica, indipendente da condizionamenti burocratici e baronali o di piccolo cabotaggio politico, capace di connettere Roma al resto del mondo, alle sue tendenze più dinamiche, avendo l’ambizione di modificarle e orientarle.