mercoledì 15 gennaio 2014

La Banca d'Italia val bene una rata dell'Imu


Mai più decreti “salsicciotto” che insaccano norme disorganiche. Questo avevano promesso - con parole più eleganti - il Capo dello Stato, il Presidente del Consiglio e il segretario del Pd nei discorsi di fine anno.
Alla prima seduta del Senato del 2014, però, ci siamo trovati a esaminare un decreto, approvato a Novembre dal Governo e controfirmato dal Quirinale, che assembla norme di diversa natura: l’ultima rata dell'Imu 2013, la vendita degli immobili statali e la valutazione del capitale della Banca d'Italia.

Nella riunione del Gruppo PD al Senato in diversi abbiamo chiesto di proporre al governo l'eliminazione almeno di quest'ultima parte, trasformandola in un disegno di legge, allo scopo di tenere fede agli impegni presi. Non si capisce infatti come mai l'aggiornamento del valore della Banca centrale, fissato nel lontano 1936, sia diventato improvvisamente tanto urgente da giustificare il ricorso al decreto legge. La norma non ha rilevanza contabile, almeno sul piano formale, e quindi è possibile stralciarla senza procurare alcuna sofferenza nei conti pubblici.

Il Gruppo PD, invece, ha accettato la motivazione del Governo che si giustifica con la necessità di ottenere tempi certi per l'approvazione di decisioni importanti. Ma è una necessità che si autoavvera. Sono proprio i governi, soprattutto negli ultimi anni, a ingolfare l'agenda parlamentare con i decreti legge, rendendo così impossibile lo svolgimento dell'ordinaria attività legislativa in tempi definiti.
In questo caso la fretta viene dall'esigenza di concludere prima possibile l’accordo raggiunto tra i promotori del decreto: i grandi gruppi bancari e assicurativi, la burocrazia di via Nazionale e il Governo.

I primi sono quelli che ottengono di più senza correre alcun rischio e soprattutto senza prendere impegni nella politica della crescita. Banca Intesa, Unicredit, Generali e altri ottengono una strepitosa rivalutazione delle rispettive quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia che passa dal valore attuale di 165 mila euro a 7,5 miliardi di euro. Ovviamente non esiste una regola di mercato per stabilire quanto valga il capitale dell'Istituto, il quale è stato autorizzato ad autovalutarsi adottando un modello di stima che dipende dai rendimenti attesi nei prossimi venti anni. 
La procedura non può essere definita in modo oggettivo, ma è viziata da ampia discrezionalità, tanto da provocare una critica e una richiesta di chiarimenti dalla Bce. E non ha prodotto neppure un valore definito, bensì una forchetta di oscillazione tra 5 e 7,5 miliardi. 

Con ulteriore discrezionalità il ministro dell'Economia ha collocato il valore al livello massimo, senza darne una spiegazione analitica, come ha rilevato il senatore Massimo Mucchetti in aula. Se si fosse scelto un modello di stima diverso (ad esempio la rivalutazione monetaria o relativa al Pil) oppure se si fosse accettato il minimo della forchetta il capitale sociale e quindi le quote private di banche e assicurazioni potevano diminuire di molto. 

Mi domando se sia prudente una procedura che, senza mettere a confronto i diversi modelli di calcolo, affida a un gruppo ristretto di persone - oggi tutti galantuomini, domani chissà - l'attribuzione di miliardi di euro a favore di soggetti privati. Questi non ottengono solo la valorizzazione ma riscuotono soldi freschi dalla vendita "forzosa" delle quote, al fine di scendere dalle attuali percentuali a due cifre fino al 3%, con la motivazione di spezzettare le partecipazioni realizzando una curiosa public company in assenza di mercato. Subiscono quindi una dolce prepotenza, perché sono garantiti dall'acquisto di Banca d'Italia nel caso molto probabile che non possano vendere le rispettive partecipazioni, le quali rispetto alle normali azioni di borsa non avranno alcun potere decisionale. Sono infatti ben scritte nel decreto le regole che impediscono ai privati di condizionare le funzioni della Banca centrale e su questo punto è falsa e demagogica la campagna grillina e berlusconiana.

È vero invece che si tratta di una generosa concessione ai principali gruppi finanziari italiani. Non solo come si è detto con la rivalutazione dei patrimoni ma anche con l’aumento dei dividendi che dalla quota di 70 milioni del 2012 potranno arrivare fino a 400 milioni (con l'incertezza sul computo dei dividendi che dovrebbe distinguere le funzioni dell’Istituto riconducibili alla proprietà degli azionisti da quelle esclusivamente pubblicistiche; si veda in proposito l'articolo di Giovanni Siciliano, Quanto vale la Banca d’Italia).
Non era questo il momento di chiedere in cambio alle grandi banche qualcosa che vada nell'interesse delle imprese e dei cittadini? Sarebbe stato utile legare queste concessioni a precisi impegni nell’offerta di credito, che varrebbe molto più della riduzione del cuneo nell’aiutare le imprese. Oltretutto sono in parte gli stessi gruppi che in queste settimane ottengono altri vantaggi dall'accordo che consente a Telefonica di prendere il comando di Telecom, utilizzando proprio il dichiarato non intervento del Governo.

La burocrazia di Via Nazionale mostra dunque un certo azzardo, in contrasto con la tradizionale prudenza. Decide di impegnare una parte consistente delle riserve statutarie (oggi valgono 15 miliardi) per effettuare l'acquisto e si assume al posto dei privati il rischio dell'incerta rivendita. Se non troverà nuovi acquirenti l'Istituto diventerà azionista di se stesso e proprietario di quote prive di mercato, senza neppure definire una scadenza temporale dell'aggravio. Il pericolo è stato evidenziato nel parere della Bce ma non sembra preoccupare nessuno. Eppure fino a ieri palazzo Koch aveva svolto una sottile moral suasion sul mondo politico per escludere qualsiasi possibilità di utilizzare le riserve statutarie e ancor di più quelle valutarie, che pure molti esperti ritengono sovradimensionate dopo l’introduzione dell’euro.

Perché la banca centrale assume questo rischio? Si vuole cogliere l’occasione dell’attuale debolezza della politica per cancellare la norma sulla pubblicizzazione del capitale dell'Istituto, già approvata dal Parlamento nel 2005 e non a caso mai attuata. Oggi per decreto legge si decide che il capitale di Banca d’Italia sarà per sempre al 100% di proprietà privata. 
Nessun paese europeo ha mai preso tale decisione, con l’esclusione della Grecia e in parte del Belgio che però mantiene la maggioranza pubblica. Sono gli esempi migliori da seguire? È curioso che noi italiani stavolta ci sentiamo di dare lezioni di liberismo agli altri su un argomento così delicato. 

Nel dibattito parlamentare si è sostenuto che il capitale è stato sempre privato, ma non è vero: le banche proprietarie per oltre mezzo secolo sono rimaste pubbliche, e quando furono privatizzate nel ’93 si fece finta di non vedere le conseguenze – come spesso accadde in quegli anni – sul capitale dell’Istituto. 
C’è stata quindi una privatizzazione di fatto, senza una decisione formale del Parlamento, che è durata dal ’93 al 2005. Il vulnus fu eliminato con la norma esplicita di pubblicizzazione proposta da Tremonti in occasione della polemica con il governatore Fazio sul caso Parmalat. L’autore della norma è stato ricordato nel nostro dibattito interno con un “attenti al lupo”, dimenticando che Ds e Margherita non contestarono affatto la statalizzazione, ma ne proposero una versione più intelligente tramite una fondazione di diritto pubblico costituita con il patrimonio dell’Istituto. Semmai bisognerebbe spiegare perché oggi il Pd cambia posizione.

In audizione al Senato, il Governatore ha sostenuto che l’autonomia dell’Istituto è garantita dai privati ma non dallo Stato. È un argomento suggestivo se usato in un convegno, ma suscita interrogativi di principio se pronunciato in sede parlamentare. La politica possiede da sempre un potere di condizionamento anche più forte della proprietà delle quote poiché il Governo nomina addirittura il Governatore, ma questa procedura non ma mai leso l'autonomia della banca.
Sul piano pratico, inoltre, la preoccupazione va in senso contrario. Se un ministro che per quarant’anni ha lavorato a Palazzo Koch scrive per decreto legge la nuova governance, si indebolisce l’autonomia del Parlamento non quella della Banca d’Italia.

Il Governo segue l'obiettivo di corto respiro di incassare l'entrata fiscale una tantum delle rivalutazioni patrimoniali delle banche - rinunciando ai dividendi permanenti che verrebbero dalla pubblicizzazione - per finanziare il buco creato dall’abolizione della rata 2013 dell’Imu, il macigno che da mesi blocca la politica economica e destabilizza la credibilità dei tributi locali verso i cittadini.

Eppure dall'esame formale del decreto non si evince il nesso Imu-Banca d'Italia, poiché non viene contabilizzata l’entrata fiscale della valorizzazione del capitale. Il mistero è presto chiarito: una norma rocambolesca della legge di stabilità ha coperto il buco dell'Imu imponendo alle banche di pagare in anticipo nel 2013 le tasse ordinarie che matureranno nel 2014. È un prelievo forzoso che avrebbe destato critiche in ogni paese europeo, ma evidentemente è stato sopportato dal sistema creditizio in cambio dei suddetti vantaggi patrimoniali. Lo scambio però è ineguale: il prelievo pesa su tutte le banche ma i vantaggi vanno solo alle grandi.

Per rispettare questo patto il Governo ha perfino rischiato la rottura in Europa. L’iter legislativo accelerato ha impedito alla commissione del Senato di attendere che la Bce inviasse il suo parere, peraltro molto critico sotto una superficie di linguaggio paludato. Spero si possa esaminarlo alla Camera, magari invitando in audizione lo stesso Draghi. Le lettere di Francoforte evidentemente non sono tutte uguali: quella che chiedeva di modificare la Costituzione sul pareggio di bilancio fu messa in pratica in pochi mesi, mentre in questa circostanza non si è voluto attendere neppure venti giorni per leggerla in Senato.

Non sfugge a nessuno che dietro le critiche della Bce ci sia la pressione della Bundesbank, la quale è contrariata per il vantaggio competitivo conferito alle grandi banche italiane con la rivalutazione patrimoniale. Questa è una buona notizia: vuol dire che abbiamo deciso finalmente di aprire una discussione con la Germania. Voglio sperare che sia l’inizio di una strategia più combattiva in Europa, e che si sappia portarla avanti. Se invece lo strappo europeo venisse dalla fretta di concludere un pasticcio domestico, si rischierebbe di passare dalla parte del torto. 
È discutibile, ad esempio, negare alle banche europee di acquistare le quote, innalzando improvvisamente le frontiere in regime di unità monetaria e di crescente integrazione dei sistemi creditizi. Sono protezioni inutili nell'economia globalizzata: le banche italiane che hanno diritto alle quote possono essere scalate da operatori europei e questi a loro volta da operatori internazionali.

L’intera storia è un esempio di come la classe dirigente italiana prende le sue decisioni. I tre soggetti si muovono a corto raggio e trovano l’equilibrio a ribasso: le Banche private si capitalizzano per decisione politica ma senza impegni verso il Paese, la Banca centrale si scrive la legge per conto proprio, e il Governo raccoglie solo l'una tantum fiscale. Se invece i tre protagonisti pensassero in grande otterrebbero risultati migliori per loro e per tutti. Basterebbe ribaltare la logica seguita fin qui.

Prendiamo l’aspetto positivo della vicenda: la Banca d’Italia ha finalmente ammesso - in contrasto con la Bce - che le riserve sono abbondanti e possono essere utilizzate senza patemi d’animo. Invece di pagare le quote ipervalutate delle banche private, si potrà utilizzare una piccola quota delle riserve valutarie oggi stimate in 100 miliardi. È una ricchezza degli italiani da mettere a frutto per uscire dalla più grave crisi economica del secolo. Basterebbero ad esempio 5 miliardi per creare, mediante un effetto leva, un fondo investimenti di oltre 50 miliardi.

Sarebbe la grande occasione per modernizzare il Paese e per creare lavoro: agenda digitale, infrastrutture fisiche e immateriali, innovazione produttiva, ricerca scientifica e istruzione pubblica. Nelle stesse risorse si troverebbero i fondi per trasformare la Banca d’Italia in fondazione di diritto pubblico indennizzando le banche private secondo le quote attualmente possedute. E gli istituti di credito che hanno scritto in bilancio valori gonfiati dovranno pagarne le conseguenze: ad esempio la Carige, che si attribuiva un’impossibile partecipazione alle riserve valutarie. 

Si potrebbe quindi scrivere non un improvvisato decreto ma una legge organica di riforma della Banca d’Italia al fine di garantirne il prestigio e l’autonomia. Alle banche private sarebbe offerta l’occasione di competere nella gestione del fondo investimenti, facendosi valere come imprese finanziarie, invece di proteggere le rendite di posizione maturate negli anni Trenta.
Soprattutto, il Governo troverebbe finalmente la carta vincente per creare lavoro. Sarebbe più credibile in Europa nel proporre la politica della crescita, anticipandola con l'uso intelligente delle proprie risorse.



26 commenti:

  1. sono una elettrice di Civati e non capisco come fate, voi deputati del pd che siete contrari a certe scelte del governo, a votare sempre la fiducia. Non mi dica che è per coerenza politica per favore, bastaaa!

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    1. guarda che se non si vota la fiducia,il governo cade...non so se hai capito,ma ci facciamo una figura del cazzo se facciamo gcadere il governo senza spiegazioni...

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    2. scusate, ma noi italiani dobbiamo tenerci questo schifo perchè voi non facciate figuracce? Alla faccia dell'interesse nazionale....

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  2. Bravo Tocci!
    Cosa ne pensa il "mulino bianco n. 2"?
    Saluti

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  3. Un commento molto critico da parte della prof.ssa Venanzi sulla valutazione della Banca d'Italia: http://dipeco.uniroma3.it/db/docs/venanzi_valutazione_quote_BDI(1).pdf

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  4. Grazie, molto interessante l'analisi della prof.sa Venanzi. Consiglio a tutti la lettura

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    1. e adesso? e adesso che cosa fa? come prende le sue decisioni? lei dice bene con le riserve in possesso di bankitalia levereggate saebbero possibili importanti investimenti, del tutto necessari al paese, e adesso che cosa le dice la sua coscienza? ci sono milioni di poveri in più ogni quinquennio di questa lunga depressione che ci sta aspettando, e adesso, lei, CHE COSA FA?

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  5. Caro Walter

    francamente mi pare che tutta l'operazione, facendo la tara sulle raffinatezza tecniche, si configuri come l'ennesimo regalo (svariati miliardi di euro) fatto alle grandi banche presenti in BdI e all'espropriazione di un'altro pezzo del (residuale) controllo dello Stato sull'economia.
    A me questa sembra la funzione prevalente del partito democratico nella sua incarnazione "Governo Letta".
    Mentre il capitale della BdI non si può usare per l'economia reale si può usare per ripianare la voragine delle truffe finanziarie: non è questo che stiamo facendo, in tutta Europa dal 2010? accollandone la colpa sulla spesa pubblica? con la solerte complicità del PD? Mentre si continua a vaticinare di una ripresa che non c'è.
    Le bugie, in tempi di crisi hanno le gambe ogni giorno più corte e non basteranno le pallonate di Renzi per salvare il PD dalle sue enormi responsabilità.

    Ciao

    Benedetto

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  6. Mi associo alle perplessità espresse da Benedetto.

    Ricapitoliamo. Se ben comprendo:

    1) Si rivalutano le quote di BdI attribuendo loro fino a € 7 miliardi
    2) La BdI effettua un acquisto di azioni proprie dalle banche private detentrici, pagando loro gli € 7 miliardi post rivalutazione
    3) Quindi, a conti fatti, lo Stato dà alle banche € 7 miliardi (al netto delle imposte su plusvalenze) attraverso il “tesoretto” di BdI anziché utilizzare questi soldi per investimenti

    C’è qualche ragione di merito che mi sfugge, oppure è la solita questione di scambio di favori (e speriamo solo favori…) tra politica e banche?

    Riguardo ai tre punti sinteticamente esposti sopra, notiamo che :

    1) Non si può valorizzare a “valori di mercato” un bene demaniale per eccellenza, ovvero l’ente di emissione della moneta, poiché è inammissibile che i proventi reddituali derivanti dal signoraggio bancario vadano in mano a privati, e se il capitale non produce proventi automaticamente non ha alcun valore patrimoniale. Il signoraggio rappresenta infatti una tassa occulta immessa nell’economia attraverso il tasso di riferimento applicato dalla banca centrale ai prestiti di base monetaria alle banche private, che queste poi riapplicano a famiglie ed imprese, e come tale deve tornare alla collettività. La questione sulla metodologia utilizzata per la valutazione del titolo (nello specifico DDM a più stadi, mi pare di capire) con i relativi dettagli mi sembra quindi del tutto irrilevante.

    2) Non si può giocare con un istituto di emissione come fosse una qualunque società quotata che riacquista azioni sul mercato per sostenere il corso del titolo. A questo punto sarebbe molto più onesto dire ai cittadini che si vogliono dare € 7 miliardi (meno imposte su plusvalenza) alle banche, come ampiamente avvenuto in Germania, UK, Francia e Spagna tra 2008-12, per cifre del resto assai superiori, anziché finalizzarle ad altri scopi.

    3) Sarebbe invece molto utile capire quali utilizzi alternativi possano avere le attività patrimoniali della BdI, visto che nell’attuale quadro di politica monetaria comune con la BCE non vi è (apparentemente) nessuna necessità reale di mantenimento di ingenti attività a garanzia nella BdI. Notiamo che non è tanto un tema di “utilizzo” di riserve nel passivo, quanto di quali attività sono composte quelle riserve. Dando uno sguardi al bilancio di BdI (Agosto 2013), verrebbe subito da pensare che quei € 110 miliardi circa disponibili in oro (punto 1 in bilancio) ed attività finanziarie in valuta estera (punto 2.2 in bilancio) – se liquidabili facilmente, specie con il rialzo avuto dall’oro – sarebbero utilizzabili per un bel piano decennale di efficienza energetica e rinnovo edilizio nazionale. Attenzione però: con i chiari di luna che ci sono in Europa, teniamo a mente che quei € 110 in valori reali ed esteri potrebbero fare molto molto ma comodo in una ipotetica e rischiosa (ma pur sempre possibile) uscita dall’euro …

    Infine, un punto cruciale che meriterebbe finalmente di essere discusso in modo aperto è quello di stampare (moderatamente) moneta per il finanziamento primario della spesa pubblica senza produzione di debito pubblico, il cui effetto inflazionistico in una situazione di crisi occupazionale come quella che viviamo è tutt’altro che scontato. Con buona pace dei fondamentalisti della teoria quantitativa della moneta strettamente intesa.

    Chiedo venia per eventuali inesattezza, il tema è complesso ed apre molte riflessioni di natura monetaria.

    Stefano
    www.progettotrenta.it

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  7. Bravo Tocci. Grazie per la chiarezza. Adesso basta regali alle grandi banche mentre la situazione di tante piccole aziende è drammatica.

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  8. Grazie Walter Tocci. Ma non è chiaro se le riserve statutarie "valgono 15 miliardi" oppure vengono "stimate in 100 miliardi"
    Amedeo

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    1. Hai ragione, forse non ho chiarito la differenza. Le riserve statutarie sono una sorta di capitale che sorregge l'attività istituzionale e le funzioni specifiche della Banca. Le riserve valutarie invece sono il tesoro nazionale che viene custodito dalla Banca d'Italia ai fini esclusivi della protezione della moneta; oggi molti economisti sostengono che queste riserve valutarie siano sovrabbondanti rispetto ai compiti della tutela dell'euro e quindi, a loro e a mio avviso, potrebbero essere utilizzate in piccola parte per un piano investimenti nazionale.

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  9. Bel commento e bell'analisi. Ma mentre questo articolo lo leggono in quattro gatti la frittata è già stata fatta.
    E alla fine della fiera lei Civati & co. (coloro sui quali nutrivamo qualche speranza, mal riposta ahimè) avete votato a favore, quindi siete complici di questa grande porcata, di merito e di metodo.
    Ci son delle battaglie su cui può valer la pena far cadere un governo o uscire da una maggioranza. Si chiamano ideali.
    Anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti.

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  10. Grazie Walter, per questa analisi lucida di un tema così complesso e allo stesso tempo così importate

    Roberto Battiston

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    1. Grazie Roberto, mi fa piacere risentirti; anche se avrei voluto darti notizie migliori.

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  11. Bravo Tocci, sempre ben documentato nell'intrinseco delle questioni.
    Alberto Palazzi

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  12. Non sono all'altezza dell'articolo e comunque non servirebbe a nulla. Mi concentro sul problema della democrazia nelle massime istituzioni italiane e nel partito denominato PD. Lei, persona di valore, e altre persone di valore, dotate di raziocinio e di onestà, votate a favore delle peggiori cose per "disciplina di partito". Può capire, quindi, la desolazione, la tristezza, la disperazione di altre persone oneste e raziocinanti nella squallida situazione politica dell'Italia. A completare la sciagura mancava solo l'arrivo al potere, POTERE, nel PD di un nuovo segretario e delle sue rapide "azioni". Con stima, nonostante.
    un'apolide politica

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  13. La cosa piu' grave di questo decreto e' che impedira' di fatto a qualsiasi governo futuro di riprendere in mano la Banca d' Italia e quindi in caso di implosione dell'Euro ci siamo tagliati fuori l'unica via di fuga il piano B per salvarci ma si rende conto di cosa avete votato uno scippo al popolo Italiano e non dica che non lo sapevate il convegno organizzato alla camera dei deputati lo scorso dicembre spiegava propio queste cose se lei se lo e' perso si guardi l'intervento di Nino Galloni. lo trova su youtube digitando " nino galloni camera dei deputati si stava meglio quando si stava peggio" in 25 min spiega molto bene il perche' siamo in questo disastro economico e perche' con il decreto Bankitalia ci siamo tagliati ogni possibilita' di salvezza.Emiliano

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  14. Sen. Tocci su youtube cerchi nino galloni come ci hanno deindustrializzato" " Nino galloni il funzionario oscuro che fece paura ad Elmuth Khol" "nino galloni e nando ioppolo cosa sta' succedendo in Italia".le garantisco che ne vale la pena NinoGalloni ex direttore generale dei ministeri dell''economia e del lavoro spiega con competenza cognizione di causa ed esperienza diretta l'evoluzione del declino dell'economia Italiana e spiega molto bene le origini le possibile soluzioni all'attuale crisi economica che tante aziende,posti di lavoro,e vite umane sta' falcidiando.Le faccio presente che da economista ultrasessantenne uomo delle istituzioni quale e' arriva nell l'intervento alla camera dei deputati da me consigliato nel commento precedente ad invocare una rivoluzione per fermare il decreto Bankitalia,inoltre a quanto pare l'associazione dei consumatori adusbef ha sporto denuncia per peculato in 130 citta' per fermare il decreto ed il Giudice Imposimato a invocato il ricorso alla corte istituzionale sempre per fermare il ddl visto che in tutto il paese sta' montando un onda di sdegno contro il decreto non le sembra che lei ed altri parlamentari del PD avreste dovuto avere piu' coraggio e votare contro il ddl?si accusano i grillini di scarsa democrazia ma a quanto pare il PD non e' da meno se arrivano ordini di scuderia e si pigia il bottone a richiesta.Adesso esiste la rete ed i cittadini si informano io credo che il centrosinistra paghera' molto caro in termini elettoral questo ddl.Emiliano

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  15. caro Walter non ti avevo più sentito dopo la ns chiacchierata sul tema. mi fa piacere vedere che hai mantenuto una netta valutazione critica. Credo che questo provvedimento rappresenti un cedimento gravissimo all'oligarchia della Bd'I e delle grandi banche e una umiliazione del Parlamento, che peraltro non ne avrebbe ulteriore bisogno. Questo provvedimento la dice lunga sulla natura del governo Letta. Però delle osservazioni tue e di altri del PD non si è visto traccia in pubblico!
    Lanfranco Turci

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  16. Le moderne teorie monetarie affermano con dati incovertbili che stampare moneta non comporta necessariamente inflazione infatti l'effetto inflazionistico si ha solo quando viene emessa troppa moneta rispetto ai beni e servizi disponibili mentre quando ci sono i beni ei servizi disponibili ma non c'e' moneta circolante questi rimangono invenduti per cui crolla l'economia chiudono aziende cresce la disoccupazione e si va' in deflazione,la prova di questo e' che negli ultimi anni la BCE ha inondato di denaro il sistema bancario a tassi irrisori ma questo non ha fatto ripartire ne l'inflazione ne tantomeno l'economia perche'quei soldi non sono entrati nel sistema econonomico Italiano ma sono serviti alle banche private ad acquistare titoli pubblici a tassi che oscillano a secondo dello spread dal4 al 6% interessi che lo stato deve pagare al sistema bancario privato e per farlo deve togliere i soldi dalle tasche dei cittadini attraverso
    le tasse per cui si crea un effetto perverso di avvitamento recessivo e nonostante lo stato raccolga piu' tasse il rapporto debito pil peggiora (la classica cura che uccide il paziente) e non si esce dalla recessione l'unico modo per uscirne e' quello di creare politiche espansive Keynesiane che per effetto del moltiplicatore Keynesiano riducono il rapporto debito pil quindi a deficit positivo.Per supportare queste politiche la BCE potrebbe stampare moneta e darla direttamente agli stati ( non si capisce infatti perche' debba darla a soggetti privati che poi la danno allo stato ad interessi maggiorati),ma visto che per delle regole statutarie assurde la BCE non puo' farlo e la Germania non cambiera' mai queste regole l'Euro implodera portando l'Europa nel caos di un ritorno disordinato alle monete nazionali mentre tutte le altre nazioni Europee hanno mantenuto pubbliche le loro banche potranno tornare quindi a gestire le propie politiche monetarie a noi grazie al ddl Bankitalia questa opzione ci sara' preclusa quindi il csx si e' reso responsabile di un fatto gravissimmo che rimarra nella storia egativa di questo paese.Uscire da questa crisi sarebbe abbastanza semplice e se l'Europa non lo fa' potremmo farlo noi come nazione ( Svezia,Danimarca,e norvegia ad esempio hanno mantenuto le propie monete e infatti non hanno nessun problema e non devono tagliare il welfare come facciamo noi)ma con questo con questo ddl ci siamo preclusi questa possibilita'.Per ulteriori approfondimenti cercate su youtube "Nando Ioppolo di Elia Menta economia criminale" .Emiliano

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  17. Che squallore! Corradino Mineo, ben prima della scenata della ghigliottina, aveva parlato nel suo caffè dell'inopportunità di inserire nel decreto IMU l'aumento di capitale di Bankitalia, sottraendolo alla doverosa discussione parlamentare. Spiegò anche che Finocchiaro ne aveva sottolineato l'irregolarità e Walter Tocci aveva argomentato brillantemente la propria contrarietà, ma poi (incuranti non solo delle regole violate ma della situazione reale del Paese, delle banche che negano il credito alle piccole imprese che chiudono a ritmi impressionanti, degli imprenditori che falliscono e talvolta si suicidano, delle famiglie che non possono pagare mutui e bollette e più in generale degli italiani sempre più schifati dai politici dannosi o, nel migliore dei casi, ignavi) tutti i bravi soldatini del PD, infischiandosene delle proprie convinzioni e sopratutto degli italiani, hanno detto SI PADRONE al proprio partito e hanno evitato di rispedire un decreto osceno al governo ancora più osceno che l'aveva emanato ed eccoci qua. Quel che da fastidio di Tocci, di Civati, di Mineo, di Casson e (pochi) altri, è che tradiscono coloro che, sapendoli preparati e onesti, pensavano e purtroppo ancora pensano: "menomale che ci sono loro!!!" quando invece la loro consapevolezza dei voti sbagliati che esprimono li rende, secondo me, peggiori degli altri. Dovrebbero ricordarsi che sono lì per rappresentare la Nazione e non per eseguire ordini (palesemente sbagliati) del PD.

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    1. Nella sua dichiarazione di voto Giorgia Meloni fa appello agli uomini della sinistra affinche' non seguano le indicazioni di voto del propio partito nell'interesse supremo del popolo Italiano.Fa impressione vedere quello che rimane del glorioso PCI scavalcato a sinistra da FDI.In questo intervento la Meloni dice cose che avrebbero dovuto dire gli uomini e le donne di sinistra ma ormai il PD è il partito al servizio delle lobby e dei poteri economici.
      https://www.youtube.com/watch?v=v11MNJKkMVA

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    2. Sarebbe interessante leggere le risposte di Walter Tocci a questi due commenti, dato che Tocci, a differenza di Civati, ogni tanto degna di considerazione coloro che seguono il suo blog.

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  18. Cerco di convincermi che l'unico serio motivo per cui ciò che rimane del glorioso PCI si comporta in questa maniera è che essi siano seriamente minacciati. Dovrebbero avere il coraggio di renderlo palese e finalmante porre fine a questa loro ingiustificata presenza in quella specie di partito, smettendo anche di elaborare queste accurate ed approfondite analisi che hanno il solo effetto di confondere e sconfortare chi li ha votati.
    Spero (ma è solo una speranza) che le elezioni facciano giustizia anche di questo. Ma vedo che anche lì agite nella stessa maniera e con profonde analisi critiche...

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  19. http://finanziamenti-on-line.it/elenco-societa-che-erogano-finanziamenti-cambializzati_post-8816.html#comment-17985

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