Ho scritto un saggio sull'eredità di Antonio Cederna a vent'anni dalla sua scomparsa. Ne abbiamo parlato il 17 Marzo nell'ambito di una conferenza organizzata dall'associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli alla Camera dei Deputati. Riporto qui sotto l'introduzione al mio saggio, che potete leggere per intero qui.
Sono passati venti anni senza Antonio Cederna. Quanto ci manca? E perché ci manca? Il ricordo, la stima e l’affetto prendono il sopravvento su ogni altro tentativo di afferrare il vuoto che ha lasciato. Eppure, con il passare del tempo la sua figura cresce per il rilievo storico e per la feconda inattualità. Ci manca tanto in quanto nessuno è riuscito a sostituirlo. Ci manca perché è ancora più necessario. La mancanza allora riguarda noi, abitanti del nostro tempo.
Non abbiamo ancora una vera comprensione storica di Cederna. Non può averla la nostra generazione, troppo coinvolta nelle sue battaglie per vedere ciò che permane di esse e anzi le supera. Saranno le generazioni successive a comprendere la sua opera, con il disincanto capace di distillare una memoria fino a trarne nuove ambizioni.
Noi siamo una generazione di passaggio che può solo testimoniare gli eventi, prendersi cura dell’opera, custodirla per le interpretazioni che verranno, in una sorta di archeologia intergenerazionale.
Nel frattempo, la cosa più utile che possiamo fare è combattere gli stereotipi. Sono inveterati, per lo più inventati dai detrattori, ma alla lunga introiettati anche da alcuni sostenitori. Negli ultimi tempi subì la diffidenza del suo giornale che ritardava o non dava spazio agli articoli. Ancor di più deve aver sofferto, e sento il bisogno di scusarmene qui dopo tanto tempo, per l’insofferenza che la nostra amministrazione mostrò verso le sue critiche peraltro sempre garbate e motivate. Si arrivò perfino a criticarlo per ritorsione sui ritardi nella gestione del parco dell’Appia, di cui generosamente aveva accettato di fare il presidente nella fase di avvio. L’ultimo articolo è un grido di dolore - Chiedo solo una chiave – per dire che bastava dargli la piena agibilità della sede. Oggi, quel grido possiamo intenderlo come una metafora. Forse non abbiamo ancora trovato la chiave interpretativa dell’opera di Cederna.
Seguendo il tuo lavoro di elaborazione ne sono sempre più convinto con l'amarezza di non vederti in lizza. Le tue idee/proposte sono infatti tali da suscitare un confronto positivo tra tutti coloro i quali guardano alla cosa pubblica con passione e competenza.E non soltanto dal punto di vista urbanistico.Io mi ostino a credere che tante potrebbero essere le forze che oggi si disperdono e che invece riunite sarebbero ancora un patrimonio. Bisogna sforzarsi di compiere questa fatica, dare questo segno. Siamo in mano ad incompetenti malversatori e questo non potrà durare a lungo senza che la collettività sia chiamata a pagare un prezzo altissimo.
RispondiEliminaGrreat reading your blog
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