Ecco il mio discorso del 18 Dicembre all'Assemblea Nazionale del Partito Democratico.
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Grazie per avermi dato la parola. Non basta parlarsi, dovremmo soprattutto ascoltarci, ciascuno con la curiosità per l'argomento dell'altro. Non siamo stati capaci di farlo prima, dovremmo impararlo almeno dopo la sconfitta.
Un amico del SI mi ha criticato perché, avendo votato NO, invece di sconfitta dovrei parlare di vittoria; io però sono un militante, che non riesce a gioire per le difficoltà del suo partito.
Non servono le letture superficiali o solo politiche del voto. Si sono espressi orientamenti profondi che, se ben interpretati, in futuro potremo volgere a nostro favore. È una buona notizia per la democrazia italiana che migliaia di assemblee popolari e 33 milioni di elettori abbiano discusso della Costituzione, avvertita come ultimo baluardo dalle classi sociali e dai giovani che più hanno subito gli effetti della crisi. Il bisogno di protezione e di "comunità", per dirla con la parola usata da Renzi, quel bisogno che altrove ha preso le sembianze della Brexit e di Trump, qui per nostra fortuna si è espresso nel primato della Costituzione. Dovremmo rallegrarcene e insieme impegnarci ad attuare la Carta. Che il lavoro assicuri "un'esistenza libera e dignitosa", come dice l'articolo 36, è la più urgente riforma sociale nell'Italia di oggi. E anche la vigente seconda parte consentirebbe di attuare molti obiettivi del SI. Basterebbe dimezzare il numero e la lunghezza delle leggi per ottenere un bicameralismo più semplice e norme più chiare per i cittadini. Temo invece che la Costituzione scompaia dalla nostra agenda, come se l'argomento fosse servito solo a legittimare un governo, ma ora non ci interessi più.
Non servono le letture superficiali o solo politiche del voto. Si sono espressi orientamenti profondi che, se ben interpretati, in futuro potremo volgere a nostro favore. È una buona notizia per la democrazia italiana che migliaia di assemblee popolari e 33 milioni di elettori abbiano discusso della Costituzione, avvertita come ultimo baluardo dalle classi sociali e dai giovani che più hanno subito gli effetti della crisi. Il bisogno di protezione e di "comunità", per dirla con la parola usata da Renzi, quel bisogno che altrove ha preso le sembianze della Brexit e di Trump, qui per nostra fortuna si è espresso nel primato della Costituzione. Dovremmo rallegrarcene e insieme impegnarci ad attuare la Carta. Che il lavoro assicuri "un'esistenza libera e dignitosa", come dice l'articolo 36, è la più urgente riforma sociale nell'Italia di oggi. E anche la vigente seconda parte consentirebbe di attuare molti obiettivi del SI. Basterebbe dimezzare il numero e la lunghezza delle leggi per ottenere un bicameralismo più semplice e norme più chiare per i cittadini. Temo invece che la Costituzione scompaia dalla nostra agenda, come se l'argomento fosse servito solo a legittimare un governo, ma ora non ci interessi più.
Con il referendum si chiude un ventennio della politica italiana. Quello di Renzi è stato il coraggioso tentativo di restaurare il vecchio edificio forzando per legge un bipolarismo che però non esiste più nell'opinione pubblica.
Chissà, ci rimarrà un dubbio. Forse se non avesse tentato il plebiscito personale, la revisione costituzionale sarebbe passata e oggi avremmo ancora il suo governo con buone probabilità di vincere le elezioni. O forse no, la sconfitta del PD era inevitabile proprio perché si è presentato come il partito conservatore della Seconda Repubblica ormai superata dagli eventi. Non a caso ci manca il voto giovanile, come si è onestamente riconosciuto nella relazione.
Le promesse del ventennio si sono rivelate tutte fallaci. I leader solitari promettevano più decisione e invece hanno promosso un ceto politico in gran parte inadeguato a governare lo Stato, le Regioni e anche le città, come stiamo vedendo in queste ore. L'ossessione per le riforme istituzionali è servita solo a oscurare la vera causa dell'ingovernabilità, ovvero la lunga crisi mai risolta della classe politica. Il risultato del referendum cambia l'ordine di priorità. Dice alla classe politica: "cura te stessa prima di toccare la Costituzione". E allora iniziamo da noi.
Si faccia in primavera un congresso diverso dai precedenti. Gettiamo nel cestino questo assurdo Statuto scritto in un momento di follia collettiva. Con le sue regole siamo stati costretti per dieci anni a decidere solo sulla leadership, ignorando tutto il resto: un'idea del Paese, la cultura politica per il nuovo secolo, l'organizzazione innovativa e partecipata. Proprio di queste carenze poi soffrono i leader. Smarriscono le promesse perché non hanno lo strumento per realizzarle. Lo abbiamo visto con Veltroni, con Bersani e poi con Renzi.
Non ripetiamo sempre gli stessi errori. Invertiamo l'ordine del giorno: venga prima il progetto e solo in seguito i nomi, sia per la maggioranza che per la minoranza. Il segretario faccia un passo indietro. Può essergli anche utile, i capi democristiani sapevano lasciare gli incarichi per poi tornare vincenti. Si affidi a un Consiglio di Saggi la gestione del partito e la preparazione di nuove regole. Svincoliamo il congresso dalla scelta del candidato premier, per il quale si possono fare le primarie nel 2018. Ormai la legislatura deve arrivare alla scadenza naturale, come indica Mattarella. Sarebbe dovuta terminare dopo la sentenza della Corte sul Porcellum, approvando allora il Mattarellum come proponeva Giachetti, e senza avventurarsi nella revisione costituzionale. Si volle proseguire la legislatura promettendo faville, ma è arrivata la sconfitta. Ora dobbiamo aiutare Gentiloni a recuperare la fiducia bruciata nel referendum. Anticipare le elezioni sarebbe un maldestro tentativo di rivincita. Il demone dell’”io contro tutti” che ha portato all'insuccesso nel referendum rischia di condurci alla sconfitta nel voto anticipato. Chi può fermarlo si faccia sentire.
Non è più tempo di azzardi personali, è tempo di chiamare a congresso milioni di militanti e di elettori per partecipare alle scelte. Tempo di uscire dal fortino assediato e riconciliare il PD con l'Ulivo, coltivare le sue radici popolari, alimentare la linfa culturale, onorare l'etica pubblica e selezionare la classe dirigente in base ai meriti, ai risultati e ai consensi dei cittadini. Cambiare il PD è la riforma istituzionale che ci compete.
P.S. - Ho votato contro la relazione del segretario, avendo chiesto il suo passo indietro e il congresso anticipato.
wow... a questo punto la ditta produttrice di malox ti dedicherà un formato speciale
RispondiEliminaZilli,fai veramente pena.
EliminaLuigi, sei tu che fai pena... E' inconfutabile che la vocazione maggioritaria dello statuto del PD è una stupidaggine... ci sono voluti però circa dieci anni perché la cosa fosse evidente anche ai più osservanti della Ditta. Quando si creano dei dogmi e degli IPSE DIXIT si fa sempre una brutta fine. Mentre Veltroni e Renzi (e i loro porta-borse, vedi vari proff.universitari e non) si preoccupavano della loro leadership,il Paese è andato in malora. Ricordiamoci delle ultime elezioni del Presidente della Repubblica che hanno "incoronato" Napolitano (la mancata elezione di Prodi è stata un' orgia di voltagabbana) e il "non" incarico a Bersani (un vero scandalo per chi lo aveva votato). Mi spiace ma non credo che io e molti come me voteranno mai più PD. Abbiamo votato Bersani e ci siamo ritrovati Renzi con tutto quello che ne è conseguito. Ci avevo creduto, ma siamo andati di male in peggio. Nikita.Russka
Eliminacaro Walter, come (quasi) sempre d'accordo su (quasi) tutto, in primo luogo sul concetto di congresso. Ma un partito che non va a un congresso vero nemmeno dopo un disastro simile semplicemente non è un partito, novecentesco o del Terzo Millennio poco importa, e le sue dinamiche (si fa per dire) interne possono interessare solo chi ne è protagonista, comprimario o comparsa. Un abbraccione, Paolo Franchi
RispondiEliminaIl sognato intervento di Renzi all’Assemblea Nazionale del 18 dicembre (in chiave ironica)
RispondiEliminaIl 4 dicembre l’Italia è stata chiamata a pronunciarsi su un quesito referendario proposto dal Governo Renzi.
Nei mesi precedenti, le forze di opposizione (in primis M5S, Forza Italia e Lega) si erano pronunciate contrarie all’approvazione del quesito non tanto nel merito, quanto per la propria rispettiva missione di controbattere la linea di chi siede al Governo (la classica opposizione di facciata).
Tuttavia anche nell’ambito della estesa area della sinistra storica (CGIL, ANPI, SI, FIOM, LIBERTA’e GIUSTIZIA, e una minoranza autorevole del PD) si era elevato un gigantissimo NO nel merito.
E’ proprio questo secondo ampio NO che Renzi, tuttora segretario nazionale in carica del PD, avrebbe dovuto prendere in forte considerazione. Perché non lo ha fatto? Perché continuo a chiedermi?
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Assalito da questo mio incessante dubbio, la scorsa notte ho sognato che Renzi, rivolgendosi ai compagni della minoranza presenti all’assemblea nazionale del PD, affermava:<>.
E poi Renzi aggiungeva:
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<> ho esclamato svegliandomi di soprassalto e, ahimè, illudendo la mia povera moglie che, prendendo foglio e penna, mi ha prontamente incalzato: <>.
Ben per me che mia moglie ha il sonno leggero e si è riaddormentata subito.
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Il segretario di un grande partito ha il dovere di analizzare ed, eventualmente, inglobare tutte le voci anche dissonanti che si elevano all’interno del suo stesso partito. Così funzionavano i grandi partiti di massa. Così funzionava il grande PCI di Enrico Berlinguer che non disdegnava avere nello stesso Ufficio Politico Amendola, Berlinguer, Ingrao, Cossutta, Napolitano, ecc., o anche il PCI di Occhetto che vedeva nella stessa segreteria D’Alema e Veltroni.
Mi pare che il sistema presenti problemi con le virgolette. Provo a ripubblicarlo scusandomi con Tocci.
RispondiEliminaIl sognato intervento di Renzi all’Assemblea Nazionale del 18 dicembre (in chiave ironica)
Il 4 dicembre l’Italia è stata chiamata a pronunciarsi su un quesito referendario proposto dal Governo Renzi.
Nei mesi precedenti, le forze di opposizione (in primis M5S, Forza Italia e Lega) si erano pronunciate contrarie all’approvazione del quesito non tanto nel merito, quanto per la propria rispettiva missione di controbattere la linea di chi siede al Governo (la classica opposizione di facciata).
Tuttavia anche nell’ambito della estesa area della sinistra storica (CGIL, ANPI, SI, FIOM, LIBERTA’e GIUSTIZIA, e una minoranza autorevole del PD) si era elevato un gigantissimo NO nel merito.
E’ proprio questo secondo ampio NO che Renzi, tuttora segretario nazionale in carica del PD, avrebbe dovuto prendere in forte considerazione. Perché non lo ha fatto? Perché continuo a chiedermi?
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Assalito da questo mio incessante dubbio, la scorsa notte ho sognato che Renzi, rivolgendosi ai compagni della minoranza presenti all’assemblea nazionale del PD, affermava: “E’ vero, IO, noi della maggioranza, non abbiamo perso, abbiamo straperso. Ciononostante, devo ammettere che voi della minoranza sebbene aveste votato più volte SI in Commissione, con l’avvinarsi della fatidica data del 4 dicembre sono sicuro che avete avuto una folgorazione, altrimenti si tratta di ben altro. Infatti o avete avuto culo, o lo avete fatto apposta nella speranza di volermi tirare le cuoia in una trappola (evento che io ritengo si sia avverato puntualmente). Sciaguratamente, prima dell’assemblea e in privato, avevo espresso questi concetti a Giachetti, che temo abbia equivocato e semplificato tra Speranza e culo”.
E poi Renzi aggiungeva:
“E dal momento che siete persone fortunate (poiché non credo affatto che, in quanto minoranza, abbiate saputo interpretare i bisogni che provenivano dal popolo italiano - altrimenti che minoranza sareste?-), in forza dell’articolo 1bis (Rappresentanza delle minoranze) dello Statuto del Partito Democratico, nell’augurio che ci possiate ungere, purificare, propongo un ampliamento alle minoranze del NO sulla base del sopracitato art.1bis “…assicurando, ad ogni livello territoriale, la rappresentanza delle minoranze con l’adozione di sistemi proporzionali di elezione analoghi a quello fissato per la formazione dell’Assemblea nazionale all’articolo 9 del presente Statuto.”
Inoltre propongo a codesta Assemblea Nazionale di nominare una commissione composta da esponenti del NO, del SI, dell’ANPI, della CGIL, di LIBERTA’ e GIUSTIZIA, ecc., di rielaborare sotto forma di quesiti spacchettati una nuova riforma costituzionale da sottoporre alle opposizioni in Parlamento. In caso di non accordo con le opposizioni (M5s, Forza Italia, Lega, ecc.) ricorreremo a un nuovo referendum.
Ho compreso bene la lezione del 4 dicembre, e sono sicuro che il popolo italiano non vorrà aspettare altri 20 anni (come vorrebbe “Izner lu iettatore” detto anche “Izner lu dittatore”), e accorrerà in massa per darsi esso stesso la tanto auspicata riforma costituzionale.
Suvvia, con il dovuto spacchettamento almeno il quesito del CNEL, me lo vorrete far vincere, NO?”.
“Evviva!!!” ho esclamato svegliandomi di soprassalto e, ahimè, illudendo la mia povera moglie che, prendendo foglio e penna, mi ha prontamente incalzato: “Sbrigati, dettami i numeri prima che li dimentichi!”.
Ben per me che mia moglie ha il sonno leggero e si è riaddormentata subito.
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Il segretario di un grande partito ha il dovere di analizzare ed, eventualmente, inglobare tutte le voci anche dissonanti che si elevano all’interno del suo stesso partito. Così funzionavano i grandi partiti di massa. Così funzionava il grande PCI di Enrico Berlinguer che non disdegnava avere nello stesso Ufficio Politico Amendola, Berlinguer, Ingrao, Cossutta, Napolitano, ecc., o anche il PCI di Occhetto che vedeva nella stessa segreteria D’Alema e Veltroni.
Ho votato NO al referendum. Avrei potuto motivare questa scelta solo sulla sfiducia verso chi ha proposto la riforma e sul disgusto per i metodi da imbonitore da fiera che ha usato per promuoverla, e credo che molti cittadini si siano saggiamente regolati in questo modo, rifiutando di "comprare" da un "venditore" di cui non si fidavano.
RispondiEliminaMa non mi sembrava onesto limitarmi a questo e quindi, armato di pazienza, ho voluto approfondirne il merito per esprimere su quello un giudizio motivato. Ne è uscito un NO grande come una casa.
Non mi dilungo: la mia conclusione è stata che la riforma Napolitano-Verdini-Renzi-Boschi (con la Boschi nella veste della procace valletta del prestigiatore) era un serio e consapevole tentativo di blindare il potere delle segreterie di partito a scapito della democrazia.
Bene, caro Walter, lo immagini come hanno potuto considerare il tuo condivisibile e costruttivo discorso le persone che hanno concorso a ideare, promuovere, attuare quel tentativo, tanto simile ad un golpe bianco? Con disprezzo? Con fastidio? Con malcelato divertimento? con impaziente disinteresse? Probabilmente con un insieme di queste cose.
Giachetti, da quella vecchia volpe che è, ha avuto il merito di rivelare la natura di quelli a cui ti sei rivolto quando ne ha solleticato l'istinto da lanzichenecchi assetati di bottino. Col suo insulto da borgataro rivolto a Roberto Speranza è riuscito facilmente a farli esplodere in un liberatorio ululato.
Non funziona, Walter. Non può funzionare la tua composta ragionevolezza con quelli che si galvanizzano quando il capo protende la mascella e si piazza a gambe larghe davanti a loro. Non ti capiscono nemmeno, e nemmeno ti vogliono capire.
A mio parere devi usare altri metodi se vuoi contribuire ad espellere i lanzichenecchi dalla casa del PD. Ad esempio potresti ricordarti che la verità è rivoluzionaria, e che sbattere in faccia la verità a chi finge di ignorarla è un buon modo per smascherarlo.