martedì 31 ottobre 2023

Quando Petroselli mi bacchettò per il Progetto Fori

 "Roma a portata di mano. La città dei 15 minuti" è il convegno organizzato da Roma Capitale per iniziativa dell'assessore Catarci e del direttore Salvatore Monni al Teatro Quarticciolo il 5 aprile 2023. Sono intervenuto nel dibattito raccontando un aneddoto di Petroselli. Di seguito si può leggere il testo del mio discorso oppure aprire il link del video (1h e 37min) che contiene l'intera discussione della giornata.



Comincio con un ricordo della mia giovinezza. Ci sono affezionato perché è una severa lezione che ho ricevuto dal grande sindaco Luigi Petroselli. Allora ero segretario di partito nella zona Tiburtina e partecipai ad un’importante riunione del comitato cittadino, nella quale Petroselli illustrò il senso del Progetto Fori che aveva presentato qualche giorno prima insieme a Cederna, Insolera e La Regina. A quei tempi si usava così, nei partiti si discuteva appassionatamente sui progetti per la città.

Presi la parola e feci un intervento maldestro e impertinente, contrapponendo ai Fori i problemi più urgenti, citando per esempio le fogne a Pietralata; la borgata, infatti, si allagava quando pioveva, lo raccontava anche Pasolini nei suoi romanzi, e c’era perfino una canzone popolare.. “Pietralata s’è allagata..”.

Nel discorso conclusivo della riunione il Sindaco mi fece una lavata di testa, come usavano a quei tempi i dirigenti di partito al fine di educare i giovani quadri al rigore dell’analisi e della proposta. Mi disse: “per occuparti delle fogne di Pietralata devi studiare i Fori dell’antica Roma”. E aggiunse: “Stiamo realizzando un grande piano di risanamento della periferia, i trasporti, le abitazioni sociali, le scuole, il verde, i servizi di acqua, luce e fogne. Così le borgate escono dall’emarginazione e si riunificano con il sistema urbano. Tutto ciò deve approdare a un pieno riconoscimento tra la città e i suoi cittadini. Solo con i Fori, rielaborando nella vita quotidiana la memoria di una storia universale, i borgatari diventano veramente cittadini di Roma e del mondo”.

Compresi bene la lezione e la domenica successiva accompagnai gli anziani di Pietralata alla prima delle “domeniche a piedi” organizzate da Petroselli. Si commossero ricordando quando furono espulsi da quei quartieri demoliti dal fascismo per costruire lo stradone delle parate militari. Ora tornavano in quel luogo invitati dal Sindaco e si sentivano riconosciuti come cittadini romani.


E poi ci si mise il genio di Nicolini con il cinema a Massenzio. Sotto le volte dell’antica basilica, una volta utilizzata solo per i concerti destinati all’élite, i giovani di borgata scoprirono Roma e si ritrovarono insieme alle altre generazioni in un formidabile crogiuolo sociale e culturale: lavoratori e perdigiorno, indiani metropolitani e famiglie popolari, intellettuali e fagottari. Forse per l’ultima volta tutti si sentirono ancora un popolo. Poi negli anni Ottanta cominciò la grande frammentazione sociale e spaziale che dura fino ad oggi. Anzi, è diventata un’irriducibile eterogeneità che nessuna politica è più riuscita a comprendere e tanto meno a ricomporre.

Quella lavata di testa mi è servita. Da allora ho continuato a studiare il progetto Fori. Anzi, è diventato per me una specie di ossessione, chi mi conosce lo sa. Forse per questo il sindaco Gualtieri mi ha chiesto di contribuire a rilanciare la grande idea di Petroselli. Ho risposto all’incarico (gratuito) scrivendo un Rapporto al Sindaco, che poi è stato pubblicato da Roma Capitale e ha costituito la base di riferimento per il primo concorso di allestimento architettonico dell’area dei Fori. L’idea progettuale è basata sulla Passeggiata Archeologica, il grande anello pedonale intorno al Palatino che invita i romani e i visitatori a riconoscere il Centro Archeologico Monumentale (CArMe) come il molteplice sistema di storia e paesaggio, in una relazione feconda con l’intera Città Metropolitana.

Ascoltando le relazioni al nostro convegno ho notato che la stessa parola “riconoscimento” è stata utilizzata dall’assessore Andrea Catarci e dal professore Salvatore Monni.

È una parola impegnativa, densa di significati filosofici, dal grande Hegel fino ai pensatori contemporanei, per esempio Paul Ricoeur e Alex Honneth.

Essa esprime la risonanza che vibra tra le relazioni spaziali e le relazioni sociali quando le persone si incontrano attraverso la riscoperta di un luogo.

Al di là della filosofia, però, la forma più semplice di riconoscimento consiste nel darsi un appuntamento: se non si percepisce il carattere del luogo prescelto, fallisce anche l’incontro tra le persone. Spesso è capitato di perdermi quando andavo a fare le assemblee alla sezione di partito di Laurentino 38. Gli organizzatori mi dicevano di girare al settimo ponte, però a volte mi distraevo, perdevo il conto e finivo per mancare l’appuntamento. Quando invece mi dicevano vediamoci a Piazza della Marranella ero sicuro di arrivare puntuale, perché in quel luogo di Roma si trovano tutti, anche le persone provenienti da lontani continenti.

Riconoscimento è diverso da Identità. Il primo è un processo di apprendimento sociale, è una mutevole rielaborazione delle relazioni interpersonali nella dimensione spaziale e costituisce spesso l’esito di una trasformazione urbana. L’Identità, invece, è statica, è una sorta di fermo immagine, una sedimentazione delle relazioni socio-spaziali che ereditiamo dalla memoria collettiva.

Nella Roma di Petroselli il Riconoscimento avveniva in Centro con le domeniche ai Fori e l’Estate Romana. Al contrario l’Identità si era sedimentata nelle borgate in decenni di emarginazione sociale, ma anche nel possente movimento di emancipazione. Nell’esclusione si erano formati legami sociali forti e una radicata combattività democratica. Nell’immaginario la borgata costituiva un mondo vitale e quando si andava in Centro si diceva “vado a Roma”.

Nella Roma di oggi si è capovolta la situazione. Non c’è più il Riconoscimento nella Città Antica e tanto meno nei Fori. I romani considerano questi luoghi ormai consegnati ai turisti. In generale in Centro non accade niente di nuovo, non ci sono innovazioni tangibili. È il luogo dell’Identità che scade nella retorica della città eterna e nella rendita dell’economia turistica.

Al contrario, il Riconoscimento oggi è attivo in periferia, perché nel bene e nel male è il luogo della trasformazione quotidiana. Tutto accade nella vita dei quartieri: la riscoperta di luoghi abbandonati; le esperienze di mutualismo sociale; la street art e il coworking; le produzioni culturali delle avanguardie; la nuova agricoltura della biodiversità; l’economia circolare, l’invenzione di nuovi paesaggi, la musica, il cinema da Sacro Gra a Jeeg Robot e tanti altri, l’invenzione linguistica del neoromanesco che poi risale nella pubblicità e nei media nazionali.

Questo fermento è cominciato negli anni Ottanta, in particolare con la musica, l’arte e la comunicazione delle avanguardie giovanili. Ma anche con l’innesco di una nuova consapevolezza della memoria dei luoghi e di una coscienza ambientalista.

A proposito di mappe, da allora nelle lotte contro le speculazioni i movimenti di quartiere hanno cominciato a imbracciare la Carta dell’Agro, il documento che certificava la ricchezza dei beni culturali: reperti archeologici, casali, ponti, torri, impianti, monumenti, campagne fertili, vegetazione differenziata, fauna insolita, ecc. Questo diffuso patrimonio fornì gli elementi simbolici della vita di quartiere, alimentò esperienze di aggregazione sociale e divenne anche strumento di difesa contro la dissennata espansione edilizia. Spesso l’accusa di NIMBY servì a mettere all’indice queste lotte. Eppure esse implicavano un’alternativa molto più saggia: sarebbe stato meglio cancellare le previsioni edificatorie nell’Agro romano e localizzare le trasformazioni solo intorno alle stazioni del ferro.

Negli anni più recenti si è passati dalla difesa alla sperimentazione di nuove pratiche che coniugano riscoperta del patrimonio ambientale e culturale con la trasformazione dei quartieri, come di vede per esempio nella bella esperienza dell’Ecomuseo Casilino.

Questo Riconoscimento già in atto nella periferia è la risorsa fondamentale di cui prendersi cura per una politica davvero efficace della Città di 15 minuti.

Lo studio presentato a tal fine da Catarci e Monni ci rivela una sorta di Mappa del Riconoscimento: circa 300 quartieri percepiti dai cittadini i come luoghi della propria vita. Come emerge dai questionari delle inchieste sociologiche, ne parlano male, evidenziano tutto ciò che non va bene, ma poi alla domanda cruciale rispondono in maggioranza che non se ne andrebbero per nessun motivo.

Questa Mappa costituisce lo strumento principe per la conoscenza e la trasformazione della città. Innanzitutto, essa potrebbe sostituire la vecchia pianta delle zone urbanistiche che viene ancora usata per le statistiche e la pianificazione, pur essendo riferita a una città degli anni Settanta, ormai superata dalla grande espansione edilizia a scala metropolitana.

Di più, la Mappa dovrebbe essere assunta dalla Giunta come la trama fondamentale di tutte le politiche urbane; ogni iniziativa comunale dovrebbe essere progettata e poi verificata nei risultati in relazione alla qualità della vita in quei 300 quartieri.

Tuttavia, nella riscoperta della vita di quartiere c’è anche un retrogusto più amaro. Oltre la spinta positiva al riconoscimento dei luoghi vitali, c’è anche una tendenza negativa al ripiegamento nel locale causato dal malfunzionamento del sistema metropolitano, soprattutto per quanto riguarda i trasporti. Negli ultimi anni molti cittadini, più o meno consapevolmente, hanno dovuto constatare che era sempre più difficile vivere la città nel suo complesso e che l’unica cosa possibile era rinchiudersi nel quartiere cercando di curarlo tramite un’azione collettiva.

Qui si trova la prova del nove per la politica della “Città di 15 minuti”: da un lato sostenere il lato creativo del Riconoscimento, ma dall’altro non accettare il ripiegamento e la sfiducia nei confronti di una trasformazione strutturale dell’area metropolitana.

La chiave di volta è ovviamente nello sviluppo della cura del ferro. Solo una moderna rete di ferrovie, metro e tram può contribuire da un lato a migliorare la vita di quartiere e nel contempo restituire la libertà di scegliere altre parti di città per qualsiasi iniziativa di lavoro, di studio, di socialità e tempo libero.

In questo approccio occorre riconquistare il Centro Storico come patrimonio di tutti i romani, non più solo come vetrina per i turisti.

Ecco, quindi, che l’aneddoto di Petroselli torna utile per il compito di oggi. Il progetto per Centro Archeologico Monumentale (CarMe), presentato dal Sindaco Gualtieri a ottobre 2023, si pone l’obiettivo di reincantare lo sguardo dei romani verso la Città Antica, di riaprire i luoghi più prestigiosi della storia romana alla vita quotidiana dei cittadini, di connettere tramite nuove relazioni culturali il centro e la periferia.

I Fori devono tornare ad essere ciò che erano nell’antichità: luoghi della vita pubblica, dove darsi un appuntamento, passeggiare attraverso la storia, conoscere il mondo, lavorare, oziare, studiare e partecipare al discorso pubblico. Se tornano i residenti questi luoghi si liberano dalla deprimente omologazione turistica, ritrovano il colore della vita quotidiana e la molteplicità delle funzioni urbane. In tal modo, diventano più accoglienti anche per i turisti e aiutano i romani a riscoprire il privilegio di vivere a Roma.

Ecco l’imperativo del progetto CarMe: coniugare il Reincanto della città antica con il Riconoscimento della città contemporanea.


Ciò ha bisogno di iniziative concrete e di progetti mirati proprio a curare il patrimonio culturale come relazione tra le diverse parti di città. Vi propongo due esempi emblematici.

La priorità è la relazione tra Fori e Appia Antica. È il sogno narrato dalla cultura ambientalista romana: la creazione di un magico contesto di storia e natura dal Campidoglio ai Castelli. L’unico triangolo centro-periferia rimasto libero dalla cementificazione può dare l’impulso decisivo per la rinascita dell’intera Campagna Romana, come il triangolo rosso che rivoluziona la vita senza senso del cerchio bianco nel poster icona dell’avanguardia artistica di El Lisickij.

Di questo sogno bisogna dare una prima prova concreta entro il prossimo Giubileo con il recupero della Casina Vignola Boccapaduli, come centro informativo dedicato proprio alla connessione Fori-Appia.

In tale funzione può essere coadiuvata dalla vicina Casina del Cardinal Bessarione, come Centro di documentazione, di ricerca e di dibattito intorno al grande tema del rapporto tra Città e Campagna, inteso come vettore della transizione ecologica.

Inoltre, la semplificazione dell’incrocio davanti la Casina Vignola Boccapaduli consente di realizzare una piazzetta ricca di motivazioni funzionali ed evocative: la memoria della Porta Capena; la targa indicante l’inizio della Regina Viarum, oggi dimenticata in un’aiuola spartitraffico; la fermata dell’Archeotram, la linea di trasporto che connette quasi tutti i luoghi di Roma Antica, dalla Piramide al Colosseo, fino al Museo Nazionale e alle Terme di Diocleziano; la partenza dei percorsi pedonali e ciclabili verso l’Appia Antica, anch’essa interessata dall’eliminazione del traffico di attraversamento e dalla pedonalizzazione nei pressi di Cecilia Metella e Castrum Caetani.

Nell’area circostante trova spazio anche la fermata dell’Archeobus elettrico. Questa nuova linea di trasporto pubblico, coadiuva la Nuova Passeggiata Archeologica nel primo tratto da piazza Venezia a Porta Capena e poi si dirige verso la Regina Viarum lungo il percorso dell’attuale autobus 118, prolungandone però il capolinea, oggi attestato a Capannelle, fino alla piccola stazione di Torricola di Ferrovie dello Stato.

La sottovalutazione di questa stazione è almeno pari alla sua rilevanza strategica. È un esempio purtroppo emblematico di come siano state sprecate per tanto tempo le migliori occasioni di accessibilità al patrimonio culturale. La fermata è quasi inutilizzata nonostante costituisca almeno potenzialmente un efficace accesso nell’area dell’Appia Antica, altrimenti difficile da servire con altre modalità di trasporto e comunque da vietare alle automobili per evidenti ragioni di tutela.

Adeguatamente riqualificata, secondo gli attuali programmi di FS, la stazione può essere collegata al tratto basolato dell’antica strada da un breve percorso ciclopedonale.

In tal modo si realizza un’affascinante Archeoferrovia che consente ai cittadini e ai visitatori di partire dalla Stazione Termini per trovarsi dopo un viaggio in treno di soli nove minuti nel cuore della Regina Viarum, aggiungendo, se si vuole, una sosta nel Parco degli Acquedotti.

Dalla nuova stazione di Torricola, poi si ritorna lungo l’Appia verso il centro città, tramite il percorso ciclopedonale oppure con l’Archeobus.

Infine, a Porta Capena si prende l’Archeotram per tornare al punto di partenza alla stazione Termini.

Con un solo biglietto Metrebus si percorre, utilizzando diversi mezzi, un grande anello a scala metropolitana, che connette il CArMe, le Terme di Diocleziano e l’Appia Antica, e comprende quasi tutto il patrimonio culturale di Roma classica.

L’itinerario multimodale composto da Archeotram, Archeoferrovia e Archeobus potrebbe essere chiamato ArcheoMetrebus, proprio per sottolineare i benefici dell’integrazione del trasporto pubblico riguardo alla tutela e alla visita dei monumenti della città.




Fig.45: l’ArcheoMetrebus composto da Archeoferrovia, Archeobus, Archeotram e percorsi ciclopedonali.


L’altra iniziativa consiste in una sorta di gemellaggio tra un’area archeologica per ciascun Municipio e la città dei Fori. Non solo una relazione evocativa, ma anche una connessione fisica mediante linee su ferro e percorsi ciclopedonali.

Le aree saranno definite in accordo con le istituzioni municipali sulla base di due criteri: punti di innesco di più ampie riqualificazioni di reti ecologiche e di itinerari culturali; luoghi espressivi di centralità sociali e culturali, come fossero dei “Fori” dei rispettivi Municipi.

Se ne possono indicare alcuni esempi: il parco di Centocelle con la villa Ad duas lauros, il Parco della Serenissima con l’antica Collatina, l’esposizione di alcuni reperti dell’Antiquarium in un padiglione del Santa Maria della Pietà e nelle sedi delle nuove biblioteche comunali in via di realizzazione.

Una localizzazione di grande suggestione è l’area di Gabi, la più lontana dai Fori nella storia e nello spazio. Nella storia in quanto antica città di origine preromana; nello spazio perché il sito archeologico è prossimo al capolinea Pantano della metro C al confine comunale, mentre il capolinea interno è previsto per il 2025 proprio in via dei Fori.

Un percorso ciclo-pedonale, già previsto dalla delibera n. 2/2023 dell’Assemblea Capitolina, collegherà la stazione Pantano con Gabi. L’itinerario poi potrebbe tornare verso Roma, lungo il grande Parco Lineare dell’Est, oppure proseguire verso i Castelli utilizzando la rete ciclabile in fase di pianificazione a cura della Città Metropolitana.





Fig. 48: la connessione ciclopedonale tra i due capolinea della metro C di Gabi e dei Fori


Il progetto del Centro Archeologico Monumentale, quindi, si congiunge – non solo nel territorio, ma anche nell’impegno finanziario e nell’immagine urbana - alla cura dei reperti e dei musei allocati nei quartieri e nel suburbio. I siti municipali, sostenuti dalla nervatura dell’accessibilità, contribuiscono a svelare la ricchezza del diffuso patrimonio archeologico-monumentale.

È il tentativo di coinvolgere i romani nella riscoperta della città antica come leva per la trasformazione della città di oggi. Ciò è possibile proprio perché le testimonianze archeologiche sono vicine ai tessuti residenziali, in molto casi con tempi di accessibilità a piedi inferiori ai dieci minuti, come mostra la figura elaborata dai ricercatori di Mapparoma sulla base dei dati forniti dalla Soprintendenza Speciale con il sistema SITAR.






Figura 49: l’accessibilità delle aree archeologiche nel suburbio (Mapparoma in collaborazione con la Soprintendenza Speciale di Roma - progetto SITAR)




2 commenti:

  1. Formidabile analisi, walter! Quanta cura di Roma c'è nelle tue parole e nei tuoi pensieri! Carlo

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