Non sarei sincero se
non esprimessi qui i miei dubbi. Li esprimo con la speranza che gli eventi mi
diano torto.
La vita del PD non può
continuare come prima, senza fare i conti con la sconfitta che è dipesa anche
dai limiti soggettivi di tutti noi, non solo dallo spirito del tempo che ci è
venuto contro. Abbiamo mancato l’occasione storica di guidare da sinistra la
fuoriuscita dal lungo ciclo berlusconiano. Per questa transizione avevamo
fondato il PD. Un partito che non assolve la funzione costituente è da
ripensare. Non si tratta di correzioni parziali. Ci sono tutti i presupposti
per un vero congresso che rielabori la politica, la cultura e l’organizzazione
del PD. Ne dovremo riparlare.
La proposta che
avanziamo al Quirinale non è di facile attuazione e contiene insidie che
dovremmo vedere in anticipo allo scopo di prevenirle. L’unanimità che si
registra qui contiene due ambiguità. Chi è d’accordo per forza d’inerzia su una
decisione presa prima della sconfitta. Chi non è d’accordo e conta che saranno
gli eventi a certificarne l’impossibilità. Le due ambiguità convergono
nell’escludere qualsiasi subordinata.
Ma tale rigidità potrebbe indebolirci in caso di insuccesso della nostra candidatura, perché a quel punto ci consegneremmo mani a piedi alle altre soluzioni che ci verranno proposte: il governo del Presidente o la grande coalizione, magari giustificata da un aggravamento dello spread come un anno e mezzo fa. Se cadremo in queste discussioni il pallino non sarà più nelle nostre mani.
Ma tale rigidità potrebbe indebolirci in caso di insuccesso della nostra candidatura, perché a quel punto ci consegneremmo mani a piedi alle altre soluzioni che ci verranno proposte: il governo del Presidente o la grande coalizione, magari giustificata da un aggravamento dello spread come un anno e mezzo fa. Se cadremo in queste discussioni il pallino non sarà più nelle nostre mani.
Consiglierei quindi molta
flessibilità tattica in un passaggio così difficile. Puntare sulla “proposta di
combattimento” dell’incarico a Bersani, ma se non fosse possibile, prima di
cadere nella rete del governo tecnico, si dovrebbe lanciare una seconda
proposta: un governo politico sulla base degli 8 punti, guidato da una
personalità del centrosinistra anche non PD. Una soluzione credibile alla quale
sia difficile per Grillo dire di no senza pagare un prezzo elettorale. Una
seconda “proposta di combattimento” per prevenire il governo tecnico.
Sui contenuti farei un
passo avanti sull’eliminazione del finanziamento pubblico ai partiti. Non
abbiamo saputo difendere questo principio sacrosanto. Non lo abbiamo difeso da
almeno trenta anni e non ci riusciremo nei prossimi giorni. Dobbiamo prenderne
atto e trarre il bene dal male. Ex malo bonum. Si può finanziare la politica
con la scelta volontaria dei cittadini ricorrendo al cinque per mille nella
dichiarazione fiscale.
Per noi dovrebbe essere
facile. Ai tre milioni di elettori delle primarie potremmo chiedere di
finanziare il partito che ha il coraggio di rinunciare al finanziamento
diretto. Forse questa esigenza di raccogliere fondi ci ricorderebbe di parlare
tutti i giorni col popolo delle primarie, non solo nelle domeniche dei gazebo. Questo
popolo è l’asso nella manica che non abbiamo mai saputo giocare nelle partite
decisive. Se avessimo mobilitato quei tre milioni di elettori-militanti in
campagna elettorale avremmo travolto tutti gli avversari.
E invece, ogni volta, appena concluse le primarie riponiamo nei cassetti gli indirizzi dei partecipanti. Chi è venuto una domenica a votare sarebbe disponibile a fare di più, ad impegnarsi nella ricerca del consenso e a contare nelle decisioni. Questa disponibilità dei nostri elettori andrebbe messa a frutto e potrebbe costituire la base di un moderno partito popolare, come il PD non è ancora riuscito a diventare.
E invece, ogni volta, appena concluse le primarie riponiamo nei cassetti gli indirizzi dei partecipanti. Chi è venuto una domenica a votare sarebbe disponibile a fare di più, ad impegnarsi nella ricerca del consenso e a contare nelle decisioni. Questa disponibilità dei nostri elettori andrebbe messa a frutto e potrebbe costituire la base di un moderno partito popolare, come il PD non è ancora riuscito a diventare.
Infine, su Roma, la
prossima battaglia di grande impatto politico nazionale. I soliti
professionisti della sconfitta sono alacremente al lavoro giorno e notte. Tutto
lascia prevedere che andremo al ballottaggio con il candidato grillino che a
quel punto potrebbe essere votato anche dalla destra con un effetto Parma. Se
giocheremo la partita da soli come PD saremo perdenti.
Dobbiamo organizzare un’alleanza civica molto più ampia, senza veti per nessuno, mettendo insieme il centrosinistra nella versione più larga possibile, e poi altri soggetti politici e sociali, singole personalità, associazioni e movimenti. Contro la possibile alleanza tra Grillo e la destra ci vuole un’alleanza civica per Roma organizzata dal Partito Democratico.
Dobbiamo organizzare un’alleanza civica molto più ampia, senza veti per nessuno, mettendo insieme il centrosinistra nella versione più larga possibile, e poi altri soggetti politici e sociali, singole personalità, associazioni e movimenti. Contro la possibile alleanza tra Grillo e la destra ci vuole un’alleanza civica per Roma organizzata dal Partito Democratico.
caro Walter, grazie di aver parlato del momento cruciale delle elezioni Romane. Si prepara qui una nuova pagina terribile della nostra storia se non sapremo parlare con le forze civiche che in questi anni (e non solo negli ultimi 4 o 5) hanno tentato con forza di rivendicare un ascolto dei bisogni delle persone che abitano quotidianamente la città.
RispondiEliminaE' come dici tu, lo stupido ottimismo di escludere la Destra dal ballottaggio (in base a frettolose analisi basate sui dati legati alla personalità di Nicola Zingaretti che per di più fu già votato alla Provincia di Roma dagli stessi che rifiutarono Rutelli 4 anni fa) rivela la miopia di chi non guarda agli elettori come a delle teste pensanti ma come dei sudditi.
Discutere, saper tornare su alcuni principi del "modello Roma", cancellare dalle liste chi ci ha portati a uno stato di degrado lavorando in maniera complice al Comune come alla regione Lazio. Questo si chiede nelle strade, di fronte ai giardini recintati, alle scuole chiuse perchè la caldaia non funziona, all'agro romano devastato dalla speculazione. La Vela incompiuta della Città dello Sport si innalza come una cattedrale nel deserto e costa quotidianamente ai cittadini romani risorse che dovrebbero essere finalizzate ad altro, quella vela dovrebbe funestare le notti di molte persone che oggi rivendicano un loro ruolo ancora nel futuro di questa città.