Il mio articolo per il Corriere della Sera di oggi, 11 Giugno.
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Il referendum promosso dal partito radicale sul trasporto pubblico consente ai cittadini di decidere sul problema più importante di Roma. Il monopolio Atac è ormai insostenibile per le finanze comunali ed è causa di malessere quotidiano della città. Il ricorso alle gare europee è l'unico strumento che può abbassare i costi e quindi aumentare le percorrenze degli autobus e la qualità del servizio.
Come spesso accade nel nostro Paese, la discussione si è divisa tra favorevoli o contrari per motivi ideologici. È invece dirimente il modo: l'esito può essere molto positivo se le gare sviluppano l'interesse pubblico, così come molto negativo se si creasse un monopolio privato. È la differenza tra la liberalizzazione e la privatizzazione.
La liberalizzazione richiede la separazione tra le funzioni di regolazione - la rete, gli standard, le tariffe e gli impianti - e le funzioni di produzione - la guida dei mezzi e la manutenzione. Le prime costituiscono il valore sociale del servizio e devono rimanere sotto il controllo pubblico; le seconde invece sono attività industriali da migliorare mediante la concorrenza tra privati. Gli operatori che vincono i lotti delle gare, gradualmente uno per ogni deposito, devono fornire i servizi in base a costi, quantità e qualità definiti nei contratti, pena severe sanzioni da parte del Comune fino a eventuali rescissioni. I contratti garantiscono inoltre il posto di lavoro degli autisti e degli operai, ma non dei dirigenti; per ricostruire il principio di organizzazione oggi smarrito in Atac è necessario rinnovare il management.
Fondamentale è anche coinvolgere le formidabili competenze degli utenti. In autobus rimango spesso ammirato dei discorsi dei passeggeri sui percorsi, le frequenze e perfino i turni del personale. A Parigi e Berlino si legge il giornale senza pensare ai turni, la competenza dei romani è cresciuta come risposta al malfunzionamento. Forse ne faremmo volentieri a meno, ma visto che c'è, almeno metterla in comunicazione con l’azienda mediante le nuove tecnologie aiuterebbe il miglioramento del servizio.
La fine degli anni novanta vide a Roma la separazione tra regolazione e produzione, che furono destinate rispettivamente alle due nuove società Atac spa e Trambus. Per bloccare la liberalizzazione fu successivamente ricostruita un'azienda unica, la quale tornò presto a essere un grande calderone utilizzato poi da Alemanno per gli sprechi di Parentopoli. Il sindaco Marino ha conservato il monopolio e la sindaca Raggi lo ha sigillato, smentendo la promessa discontinuità.
Tuttavia, le leggi vigenti impongono nuove gare entro dicembre 2019. Addirittura scade l'anno prossimo il contratto già in gestione con i privati per la rete periferica. Il Comune si troverà presto con l'acqua alla gola: a causa della complessità e dei ritardi delle gare sarà costretto a prorogare i contratti per centinaia di milioni di euro, ma al tempo stesso non potrà farlo, perché il nuovo codice degli appalti vieta le proroghe immotivate. Inoltre, perderà una quota di finanziamenti pubblici come penalizzazione per l'assenza di concorrenza. Si rischia il collasso amministrativo e finanziario del servizio di trasporto pubblico. Se ciò sia frutto di inconsapevolezza o di cinismo, non saprei dirlo con certezza.
Di sicuro sono molte le lobbies che puntano a creare una grave emergenza per giustificare la svendita delle azioni dell'Atac. In questo scenario non ci sarebbe più tempo per la liberalizzazione, e l’unica soluzione disponibile sarebbe una privatizzazione disperata, come in passato è accaduto spesso in Italia (si veda il caso dell’IRI).
Al monopolio pubblico si sostituirebbe un monopolio privato che prenderebbe possesso anche delle funzioni pubbliche - reti, standard e tariffe - e imporrebbe le sue regole al Comune. Ai cittadini verrebbe erogato un servizio scadente, senza tutelare neppure i lavoratori.
Per evitare il peggio occorre dare la parola ai cittadini con il referendum.
Se permette, Senatore, per evitare il peggio occorre addivenire a un concordato preventivo, in modo da affrontare in modo drastico il problema delle pendenze insolute dell'ATAC con i fornitori, i manutentori e altri erogatori di beni e servizi. Ciò, al fine di evitare la soluzione molto più drastica di un fallimento, con tutte le ricadute che vi sarebbero per gli utenti, le aziende, i dipendenti di ATAC.
RispondiEliminaChe poi la gara europea risolva i problemi, è assai dubbio, a mio modesto avviso.
Anche TPL Roma, che detiene la gestione della maggior parte delle linee periferiche di Roma com'è noto ha avuto accesso al servizio tramite gara europea. Il risultato non sembra dei migliori, se il Comune è dovuto intervenire, come mi risulta, per pagare gli stipendi ai dipendenti onde permettere la continuità del servizio.
A mio modesto avviso ci sarebbe da riflettere sulla pretesa di fare di ATAC una società per azioni, finalizzata pertanto al profitto, laddove la gestione del trasporto pubblico ha costi altissimi e margini di profitto che mi sembrano assai dubbi.
In secondo luogo, ci sarebbe da riflettere sulla pretesa di accorpare in un'unica azienda la gestione del trasporto di superficie, le metropolitane e le ferrovie urbane (Roma Lido, Roma Civitacastellana Viterbo) che per decenni sono state gestite da entità separate, e anche al momento della costituzione della holding sono rimaste parzialmente separate, mentre oggi sono accorpate in un'unica realtà industriale, con i risultati che vediamo.
Distinti saluti
LC