Perché i leader vogliono il Parlamento dei nominati? Al di là delle motivazioni contingenti, è la conseguenza di fenomeni strutturali della politica postmoderna. Cerco di analizzarli in questo saggio, di cui offro qui una breve introduzione, combinando riflessioni teoriche ed esperienze parlamentari. E alla fine propongo anche alcune soluzioni per restituire dignità al Parlamento, a cominciare da una legge elettorale basata sui piccoli collegi.
Il saggio è pubblicato sulla rivista online Costituzionalismo.it e scaturisce da un seminario sul tema della mediazione politica, che si è tenuto a giugno all'università La Sapienza.
Il saggio completo lo trovate in PDF a questo indirizzo.
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Quando ho letto il titolo del nostro seminario, "Mediazione politica e compromesso parlamentare", sono stato travolto dai ricordi giovanili. Allora facevamo una robusta opposizione, che non si limitava a Twitter, ma spostava interessi e costringeva gli avversari a prendere contromisure. "Noi" e "loro" sapevamo di dover rendere conto a gruppi sociali ben definiti. "Noi" e "loro" eravamo divisi dalle visioni del mondo, ma avevamo sempre l'esigenza di condurre il conflitto a un risultato concreto. Ricordo di aver stretto la mano ad avversari di controversa condotta morale, ma ero sicuro che avrebbero mantenuto l'impegno preso a qualsiasi costo. Oggi non esistono più quelle divisioni ideologiche, ma non sarei tranquillo nello stringere un accordo con un avversario, e neppure con alcuni del mio stesso partito.
Sono un anziano parlamentare e ho visto il declino della mediazione nello stile, nelle politiche e nelle relazioni istituzionali. Il conflitto allora era volto al riconoscimento reciproco, oggi è mirato all'annientamento dell'avversario. Quando e perché è accaduto il ribaltamento? Propongo di superare la periodizzazione tra prima e seconda Repubblica. L'età della mediazione finisce con l'unità nazionale degli anni settanta. In quel passaggio si intrecciano l'esaurimento dei partiti, l'inadeguatezza del modello economico del dopoguerra e l'incrinarsi della coesione sociale e civile. Il trentennio successivo è stato un dimenarsi in quelle stesse crisi, senza la capacità di risolverle. A causa di tali congiunzioni negative la parola mediazione si è guadagnata una dannatio memoriae. Dopo, ci sono state solo forti contrapposizioni: favorevoli e contrari al craxismo, poi al berlusconismo e infine al renzismo.
Mino Martinazzoli riassumeva la transizione affermando: "dal troppo della politica al niente della politica". Parafrasando, possiamo dire: "dal troppo della mediazione al niente della mediazione".
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Caro Tocci, è scaduta la qualità di tutto il personale politico; l'attuale Consiglio Comunale lustrerebbe le scarpe ad un qualsiasi Consiglio di Circoscrizione anni '80, quando erano frequentati da gente come Nicolini, Borgna, etc
RispondiEliminaCaro Walter, non ti seguo sulla proposta. Mi sembra poco coerente con la tua analisi, che invece condivido. Per essere pienamente conseguenti in tutti i collegi il parlamentare dovrebbe essere eletto con maggioritario (magari a doppio turno se non supera il 40%). La quota proporzionale verrebbe coperta dai non eletti nei collegio (premiando quelli con la quota più alta). L'esigenza del rapporto diretto con deputato non può essere subordinata al raggiungimento o meno del 40% da parte di un candidato nel collegio, ma dovrebbe essere garantita a tutti, proprio per l'importanza che tu stesso ci dimostri in modo così convincente.
RispondiEliminaCaro Walter,
RispondiEliminacome sempre lucida e appassionata la tua analisi dell’attuale condizione della politica. Personalmente ho ritenuto sempre anch’io che Matteo Renzi sia la risposta grillina dell’establishment e, quanto alle leggi-garbuglio, scritte con i piedi e in cui si mescolano livelli e prospettive (l’unico articolo (?) della epocale riforma detta della Buona Scuola contiene un comma in cui si stanziano 10 milioni per il pagamento delle multe in sede europea!), continuiamo ad esserne vittime.
L’Italia cantiere della post-modernità politica? Suggestiva e sostenibile ipotesi (del resto il fascismo l’abbiamo inventato noi). Forse aggiungerei sullo sfondo la prospettiva internazionale e il collocamento periferico al suo interno del nostro Paese, che consente e favorisce lo scadimento di una politica sostanzialmente ininfluente. La mediazione invece, concetto alto di una Politica con la P maiuscola, è vitale laddove si decide davvero; quando però ad essere chiamati al governo sono dei meri "reguli", obbedienti pedine di un potere “irresponsabile” e lontano (vedi L’UE brussellese), la politica muore e, necessariamente, prevale l’atomizzazione, la leadership dell’uomo solo al comando, la “tribalizzazione” dei processi democratici, come dici giustamente.
Quanto alla riforma elettorale, quella che tu proponi è sicuramente la strada giusta, ma non passerà, proprio perché è antitetica ad una concezione top-down, leaderistica, “immedesimante “della politica.