Intervento
all’assemblea sul voto di fiducia promossa da Pippo Civati a
Bologna – Sala Scuderia, 23 Dicembre 2014
Auguro a Matteo Renzi
buona fortuna, anche se non condivido il suo azzardo. Voto la fiducia
al governo perché se dovesse fallire aumenterebbe la sfiducia di un
paese già molto provato. Non c’è bisogno però che proprio tutti
si aggiungano al coro. Può essere utile anche segnalare i pericoli
al fine di prevenirli. E soprattutto è necessario per chi è in
minoranza lavorare a una prospettiva diversa da quella imposta in
questi giorni.
Niente è più come
prima
Ci troviamo di fronte a
una grande decisione che in un colpo solo cambia il sistema politico
e in una certa misura anche la natura del Pd.
Tra sinistra e
destra viene stipulato un accordo per l’intera legislatura, e non
più un’intesa parziale per il tempo necessario ad approvare la
legge elettorale. Si tratta di una manifesta rottura del mandato
ricevuto dai nostri elettori. Se infatti era ancora legittima, per
quanto criticabile, la formazione di un governo provvisorio, non è
invece neppure nella potestà della Direzione del partito decidere
un’alleanza organica con la destra.
Nessuno ha chiarito
perché si è abbandonata la priorità della legge elettorale. Forse
Renzi ha temuto di non riuscire ad approvarla in Parlamento, capendo
di aver sbagliato nel cercare l’accordo sull’Italicum con il solo
Berlusconi e non con tutte le forze politiche come sarebbe doveroso
su tale materia. Forse è alla ricerca di un nuovo azzardo per
correggere quello non riuscito soltanto qualche settimana fa.
Ora è
però evidente che l’intesa
col Cavaliere era
ben più ampia dell’argomento elettorale, come dimostrano
la nomina di una persona di sua fiducia al ministero dello Sviluppo -
con delega alle televisioni – e la
dichiarazione di voto da parte di Forza Italia, insolitamente ben
disposta verso il governo. La
base parlamentare del governo
è spostata più a destra rispetto al secondo Letta. Infine al
Viminale rimane Alfano, che ha mentito al Parlamento sul caso
Schabalayeva.
Il segretario del
partito diventa premier con una manovra di vertice senza passare per
il responso elettorale, stracciando l’impegno preso con i suoi
sostenitori. Le primarie cambiano quindi significato: non più un
movimento di partecipazione popolare che prepara il progetto vincente
del Pd per le prossime elezioni, ma un plebiscito che autorizza il
leader a giocare l’ambizione personale in unione mistica con
l'ambizione nazionale. Un partito che accetta questo ribaltamento di
sovranità - addirittura con l’assenso di una minoranza - è già
meno democratico di prima. La successiva elezione di modesti
segretari regionali (con poche eccezioni) porta a compimento il
partito in franchising: la cura del brand al leader mediatico e la
gestione del potere ai notabili. I pasdaran renziani hanno già
proposto di togliere dal simbolo la parola “partito”, ma quella
che rischia di diventare obsoleta è la parola “democratico”.
Chi ha rotto il patto
con gli elettori e con il popolo delle primarie ora non può fare
appello alla disciplina ai parlamentari. Se vengono meno i patti, in
futuro saremo tutti meno legati. Tra i due strappi c’è
una certa coerenza. Per assorbire un’alleanza di legislatura con la
destra occorre un partito domato alla potenza del leader. E questa,
d’altro canto, può essere spesa solo per un’ambizione di non
breve durata.
La Crisi delle
larghe intese
Se l’operazione andrà
in porto - e non è certo – l’Italia avrà percorso quasi un
decennio senza una normale alternanza politica, dalla crisi del
governo Berlusconi nel 2010 fino alle prossime elezioni del 2018. Gli
anni Dieci passeranno con le larghe intese considerate come unico
possibile governo della Crisi più grande. Eppure, alla prova dei
fatti, questa formula politica ha smentito clamorosamente le sue
stesse promesse. Si è rivelata incapace di unire il paese in uno
sforzo condiviso, e inefficace nella politica economica.
Proprio la sua
versione più pura - con il governo di Monti - ha determinato una
spaccatura profonda con la metà dei cittadini che alle elezioni del
2013, anche per gli errori della sinistra, hanno espresso un rifiuto
per il sistema politico-istituzionale. I dieci milioni di voti persi
dai due poli hanno reso impossibile il bipolarismo. Proprio l’eccesso
di governabilità ha prodotto l’ingovernabilità.
D’altronde tale esito
ha portato a compimento una precedente tendenza ad annacquare le
differenze che è la vera causa del fallimento della Seconda
Repubblica. Il bipolarismo italiano è stato più conflittuale a
livello simbolico ma meno differenziato rispetto al mainstream
economico. La destra non ha realizzato la promessa rivoluzione
liberista e la sinistra non ha difeso coerentemente la dignità del
lavoro. Nella paglia di questa doppia delusione è divampato il
malessere sociale grazie alla scintilla della Crisi. Le piazze dei
forconi, delle partite Iva, ma anche dei referendum dell’acqua,
delle fabbriche chiuse, degli insulti grillini sono alimentate dalla
mancanza di progetti politici diversi e credibili.
La medicina è stata peggiore del male. La pretesa di tenere insieme scelte politiche opposte ha paralizzato le decisioni. Nella riduzione delle tasse la mancata scelta tra il lavoro e il patrimonio ha bloccato la politica economica proprio nel momento più difficile della crisi. Non funziona più la vecchia agenda di governo scritta dall’establishment, semplificata nei talk-show ed eseguita maldestramente dai governi Monti e Letta.
Eppure si riprova senza
cambiare nulla, puntando solo sull’energia giovanile di Renzi. Si
affida all’uomo nuovo il compito di realizzare il programma
vecchio. Ma nel frattempo la crisi ha bruciato le risorse disponibili
e ha reso più stringenti i vincoli. Per fare le vere riforme non
basta declamarle, ma occorre prima di tutto renderle possibili
conquistando nuovi margini di manovra. Ciò però comporta la messa
in discussione di assetti consolidati, di convenienze conservative,
di equilibri a ribasso. Gli editorialisti riducono i problemi reali a
facili slogan di largo consenso per larghe intese: riduzione spesa
pubblica, meno tasse, più crescita. In realtà è ormai ineludibile
una gigantesca ristrutturazione di interessi e di convinzioni, che
può essere realizzata solo da politiche radicali o di destra o di
sinistra.
Il tempo delle
decisioni
È ormai tempo delle
grandi decisioni. La sinistra italiana ha il dovere di proporle ad un
paese smarrito.
1) In Europa non basta
chiedere una deroga, bisogna ricontrattare le regole di Maastricht
che stanno aggravando la crisi, come è ormai sotto gli occhi di
tutti. A chiederlo devono essere i paesi fondatori come l'Italia,
insieme agli altri paesi mediterranei, alla Francia e per certi versi
anche alla Gran Bretagna. Sarebbe urgente un'iniziativa diplomatica
del governo Renzi prima che le elezioni di maggio facciano emergere
la sfiducia dei popoli verso il progetto europeo. Certo la
cancellazione del ministero per le politiche europee alla vigilia del
semestre italiano non è un buon segnale.
La misura
dell'integrazione non può essere solo la moneta. Il salario minimo
che i socialdemocratici hanno conquistato per i lavoratori tedeschi
andrebbe garantito a tutti i lavoratori europei. Dovrebbe essere la
priorità del programma comune dei socialisti europei.
2) La dignità del
lavoro non può ridursi a retorica; è la leva per ribaltare le
politiche che hanno prodotto la crisi. Il dominio che la finanza ha
imposto all'economia reale non solo genera sofferenze sociali, ma
apre una crepa perfino nell'establishment, come si è visto nel
dissidio tra Monti e Squinzi. Le imprese che crescono nella
competizione mondiale non hanno l'assillo dell'articolo 18, ma
puntano sulla coesione sociale, sui giacimenti territoriali della
creatività, sulle competenze del saper fare italiano.
Per la sinistra c'è
l'occasione di allargare le alleanze a favore della politica per il
lavoro. Le risorse si trovano proprio mettendo in discussione i
santuari e i dogmi del passato: se la Banca d'Italia ha usato le riserve per sostenere le banche, può impegnarle anche per un prestito finalizzato all’investimento nell'agenda digitale e nella conoscenza; invece di usare le risorse dei lavoratori per finanziare
le multinazionali che chiudono le fabbriche, i fondi pensione
potrebbero essere incentivati a creare nuovo lavoro italiano; invece
di aiutare il salotto buono, la Cassa depositi e Prestiti dovrebbe
favorire la crescita di imprese innovative nel Mezzogiorno. Sono solo
esempi, in cui si possono trovare circa 100 miliardi di investimenti
per aumentare l'occupazione, invece di perdere tempo con gli
spiccioli della legge di stabilità vincolata dalle regole europee.
3) Quando metteremo
l'ingegno italiano al primo posto dell'agenda di governo? Sogno il
giorno in cui Renzi verrà in Parlamento non solo a parlare bene
degli insegnanti, ma a finanziare il progetto di aprire le scuole
giorno e sera, per dare istruzione di qualità ai figli così
come per riportare sui libri
anche i genitori. Per realizzare una grande infrastruttura di
formazione permanente che annodi intorno alle scuole tutti i fili
della creatività sociale, dalle produzioni giovanili, al
volontariato, alle imprese no-profit, alla condivisione dei saperi,
alle innovazioni dei governi locali. Senza questi laboratori non si
realizzano i cambiamenti di mentalità che dovranno sostenere il
recupero ambientale, il nuovo welfare, la transizione tecnologica e
cognitiva.
4) Non si riesce a
governarla dall'alto, l’Italia. I migliori risultati sono venuti
quando la politica ha saputo aiutare i riformatori che stavano già
facendo qualcosa di buono nella società. Quando invece si è
statalizzata la politica ha perso la forza vitale ed è ricorsa alla
robotica delle riforme istituzionali. Quelle realizzate finora hanno
accelerato le decisioni, ma solo per approvare decreti privi di
visione che hanno finito per aumentare la burocrazia. Invece di
giocare con i rami alti bisogna ricostruire il basamento dello Stato
nel paese reale. Le riforme non sono editti normativi, sono politiche
pubbliche complesse, durature e soprattutto capaci di coinvolgere le
migliori energie civili della nazione.
5) La crisi rischia di
rattrappire lo spirito pubblico, di alimentare le paure, di esaltare
gli egoismi. La destra organizza la fabbrica dell'intolleranza per
speculare sul ripiegamento del paese. Al contrario, le sfide del
mondo nuovo richiedono un innalzamento di grado della civiltà
italiana. La vergogna dei morti di Lampedusa pesa come un macigno e
sollecita la sinistra non solo ad approvare lo ius soli ma ad
un'azione quotidiana per migliorare l'accoglienza e la solidarietà.
Così come sui diritti civili, il riconoscimento della vita in comune
tra persone dello stesso sesso, la lotta contro la violenza verso le
donne, le leggi devono adeguarsi alle migliori esperienze europee.
Dopo il governo
Renzi
A volte, in Parlamento,
guardo l'emiciclo e mi viene da pensare che oggi ci sarebbero i
numeri per risolvere problemi di tal fatta, come non era mai accaduto
nella storia repubblicana. E allora perché siamo costretti a stare
sempre con la destra?
Purtroppo milioni di
voti sono bloccati da quel comico che invecchia proprio male. Però
oggi il ghiacciaio comincia a sciogliersi e diversi senatori Cinque
Stelle, tra i quali ci sono persone serie e competenti, si aprono a
un produttivo confronto parlamentare. E anche in Sel c'è una
discussione in atto, alla quale il Pd non ha offerto alcuna sponda,
aiutando indirettamente una tendenza alla radicalizzazione e
deludendo chi ricordava il patto Italia Bene Comune votato dai nostri
elettori.
Sarebbe interesse di
Renzi guardare con attenzione anche verso questo lato della dinamica parlamentare, senza chiudersi esclusivamente nell'intesa a destra. Se
questa unilateralità fosse confermata saremmo costretti a prendere
l'iniziativa di un libero confronto a sinistra. Qualcuno di noi si
dovrà spingere più avanti come esploratore per trovare il valico
che porta in un altro versante. Un giorno più o meno lontano
finiranno anche le larghe intese. Ma già oggi bisogna preparare il
dopo governo Renzi.
Non capisco perché
abbiamo aperto questa discussione tra chi vuole stare dentro e chi
fuori. Sarebbero due impoverimenti. La nostra forza è proprio nel
doppio lavoro, all'interno per spostare l'asse politico del Pd, e
all'esterno per allargare le alleanze sociali e politiche.
E poi lasciatemi dire -
da vecchio militante - che scissione è proprio una brutta parola, ha
un significato mutilante, un freddo suono metallico, un tempo senza
futuro.
Le discussioni di
questi giorni mi hanno ricordato l'89, quando erano in gioco
passioni, storie e ideologie ben più importanti di oggi. Allora
avevo la vostra età e rimasi affascinato dalle parole del mio
maestro: nella lotta politica non ci sono acque tranquille, bisogna
stare nel gorgo per cambiare le cose. Oggi, però, aggiungerei: fin
quando non si rischia di affogare.
Bene Walter, la tua presa di posizione è da senatore del PD. Da elettore, un po' trascurato (anche se l'ultimo voto è solo di un anno fa), ho l'impressione che non si possa non sostenere Renzi, per quanto sbagliate siano oggi le larghe intese. Perché è di fatto il Governo del PD, al di là di Renzi, e oggi non c'è ancora alternativa, almeno fin quando sarà varata la legge elettorale.
RispondiEliminaPiù in generale, è giusto che una coscienza “di sinistra” appoggi il tentativo del Presidente del Consiglio incaricato? Perché tanti, “di sinistra”, prendono le distanze, storcono il naso?
Al di là dei motivi che hai ricordato (l'alleanza con la destra e la scelta di non passare per le urne), c’è una motivazione pre-politica che spiega la diffidenza di molti. Che nasce dal malessere più comune, a sinistra: il maldipancismo. Vogliamo dirlo in termini più nobili? L’etica della convinzione.
La virtù, di solito, alberga in queste coscienze, compiaciute della nobiltà dei loro scopi ed intenzioni. Del tutto condivisibili, va da sé. Ma chi crede di essere interprete di un universale non può vivere che come una ferita l’azione particolare, la realizzazione determinata (allearsi, fare “un” governo). Qualunque azione sarà sbagliata.
Questo soggetto virtuoso, scriveva Hegel, preferirebbe “prendere il corso del mondo alle spalle”, purificarlo senza ferirlo e – soprattutto – senza ferirsi. Il virtuoso vorrebbe combattere mantenendo immacolata la propria spada. Vorrebbe, ma non può: e allora preferisce non agire, e affidarsi alla critica, quella sì tagliente. A chiacchiere.
Così, questa coscienza critica e “di sinistra” si condanna all’irresolutezza: finisce col non agire, lasciando che si sporchi le mani – e la coscienza – l’uomo “del corso del mondo”, cioè chi non esita più di tanto nel conflitto tra ideale morale e necessità politica. Consapevole, il politico, che nulla può assicurarlo a priori che la sua azione abbia senso, men che meno la sua etica della convinzione.
Forse, con Weber e Sartre, siamo condannati a esser liberi ed a mettere alla prova dei fatti la nostra personale responsabilità: rischiando. Soltanto post factum si potrà giudicare se ho agito bene: è la realizzazione, il processo compiuto che si spiega, soltanto l’azione svolta dà conto dell’intenzione, il reale del possibile.
Continuiamo a lavorare.
Ma poi l'astuzia della Ragione utilizza questi individui cosmico-storici e li getta via per procedere nel suo avanzamento storico. Grazie, caro Luciano.
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
EliminaMolte volte ho sentito una grande risonanza con le tue posizioni. Questo intervento è (purtroppo) perfetto, oggi. Ciao
RispondiEliminaSperiamo di far cadere il purtroppo...Grazie
EliminaLa vostra forza sta nel votare il fiscal compact, il pareggio di bilancio in Costituzione, la riforma Fornero, l'abolizione dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e nel frattempo, con aria da nemesi incombente e sguardo corrucciato da ciglio del precipizio, chiamarsi "responsabili" o addirittura riempirsi la bocca con la parola Sinistra. Il profilo psicologico corrispondente a questo genere di comportamenti viene generalmente definito "schizoide"
RispondiEliminacondivido ma son triste
RispondiEliminacondividere la tristezza è già un passo avanti per superarla
EliminaWalter, il mio carattere non è molto incline a incensare le persone, ma devo dire che per l'ennesima volta a Bologna il tuo intervento è stato ineccepibile e da ascoltare più volte per rifletterci su (e infatti l'ho registrato e me lo sono risentito ieri..)
RispondiEliminaCaro Walter
RispondiEliminascusa se non commento le tante cose importanti e come al solito intelligenti che hai detto nel tuo intervento. Ma come ben sai c’è un punto dolente e su quello bisogna tornare.
Tu dici “Non capisco perché abbiamo aperto questa discussione tra chi vuole stare dentro e chi fuori. “ . Bene, se questa discussione non doveva essere aperta, allora bisognava proprio muoversi in un altro modo. Essere chiari subito dopo la Direzione, dicendo che non era in dubbio il voto di fiducia e che si continuava con quel “doppio lavoro” che, dici giustamente, è stata una delle forze di questa esperienza. Ma non è stato così: si è parlato per giorni – senza che nessuno smentisse – di un nuovo gruppo al Senato, è stata convocata un’assemblea i cui obiettivi non sono stati sempre chiari (consultazione? nascita di un nuovo soggetto?), è apparso evidente che tra come la pensava Civati e come la pensavano molti suoi collaboratori c’era una grossa differenza. Si sono create aspettative e si sono create paure. Alla fine quella che doveva essere un’occasione di rilancio si è trasformata oggettivamente in una prova di incertezza e di debolezza.
Quello di cui più mi dolgo è che l’assemblea di Bologna ha dato un colpo duro al lavoro “dentro e fuori” . E’ stata una bella e appassionata assemblea di una corrente (lo dico senza nessun intento spregiativo) del PD da cui chi non è dentro è stato nei fatti del tutto escluso. Non è storia che ci riguardi, perché la storia accade ancora e solo tutta dentro il PD.
Io non penso che fuori ci siano “praterie” . Magari. Ma qualche campicello c’è. E in questi campicelli avete preso una parte non indifferente della vostra (della nostra) forza; basta pensare alla differenza non da poco tra i voti di Civati alle primarie interne e quelli delle primarie “aperte”.
C’era un modo per evitare che questa lacerazione avvenisse? Non lo so, forse no. Forse la contraddizione era troppo grande per poter essere sanata. Ma continuo ugualmente a dolermene. Di questo “noi diviso” come dice con una bella (e triste) espressione Civati.
Poi resta sempre la grande domanda finale. Qual è il momento in cui si rischia di affogare? Non vorrei che ci se ne accorge quando ormai nelle braccia non c’è più la forza per tirarsi fuori dal gorgo. Oppure: si raggiunge la riva e non c’è più nessuno.
Con l'affetto di sempre
Celeste
Cara Celeste, stavolta ero tentato di derogare alla mia regola di non parlare sui giornali per fermare la girandola di messaggi; hai ragione, è stata controproducente. A quelli rimasti fuori veniamo a prendervi presto per fare insieme qualcosa di nuovo...
EliminaNon credo sia secondaria la considerazione del modo nel quale Renzi pone il tema del rapporto con l'Ue. Al posto dell'ipotesi di fare blocco con la Francia per uscire dalle strettoie imposte dalla direzione destrista dell'UE, appare chiaro lo sguardo che Renzi volge verso Londra: ossia verso la finanza internazionale (il suo blairismo palese), la quale forse non è estranea all'improvvisa accelerazione dello strappo che ha portato questo Lucignolo al governo. Ma lo sapete chi è Serra, vera guida (assieme a Ichino), e chi è Padoan? Scissione è parola dal suono sgradevole, ma la dissoluzione che Renzi sta attuando ha un suono, per me, ancora più sgradevole. La sinistra assiste oggi passiva all'offensiva di destra, sottovalutandola, come del resto sottovalutò (vedi bicamerali varie) a suo tempo Berlusconi, pensandolo come controparte legittima.
RispondiEliminaCaro Antonio, hai ragione, entrambe le parole scissione e dissoluzione suonano male. Ci vuole nuova musica a sinistra....
EliminaCaro Walter, innnzi tutto ti ringrazio del tuo costante, 'militante', contributo di idee, critiche e proposte.
RispondiEliminaSu molte cose concordo, su qualcuna no. Di seguito, in sintesi, il mio commento:
1. Non basterebbero le sole misure di politica economico-finanziaria e sociale - neppure se fossero giuste - per affrontare la catastrofe in atto. Molto c'è da lavorare anche sul piano anche culturale, perché l'ossessiva domanda di consumi, tutta quantitativa, è incompatibile con qualsiasi prospettiva di sviluppo sostenibile.
2. Sull'Europa, direi che Maastricht e fiscal compact sono solo effetti di una sorta di peccato originale della costruzione europea: e cioè che l'euro non può reggere senza un sovrano. Se lasciamo incompiuta la costruzione europea, se non diamo un sovrano alla nostra moneta, se - per dirla con Fitoussi - pensiamo di risolvere con la politica economica un problema di rango costituzionale e non facciamo anche una federazione politica dopo aver fatto quella monetaria, le cose non cambieranno.
3. Sono convinto che l'esplosione delle disuguaglianze - disuguaglianza: paradigma del neoliberismo degli ultimi 30 anni - insieme con le guerre (finanziate a debito!) sia tra le principali cause di questa terribile crisi. Sono convinto che la sinistra debba fare della riduzione delle disuguaglianze un obbiettivo prioritario. In questo tuo intervento la questione delle idisuguaglianze ci sarebbe stato benissimo.
Un caro saluto. nino
Accolgo la critica
EliminaSecondo il mio parere, questa e' un'analisi perfetta per scaricarsi la propria coscienza, quindi trovo inutile arrampicarsi sugli specchi, difendendo il "nuovo governo", rinominato da Re Giorgio, di centrodestra, con la prospettiva di durare fino al 2018, la naturale fine leggislatura, cercando, tra l'altro, di attaccare chi contrasta questo disegno politico, per pura convenienza politica, senza pagarne pegno, no, questo non puo' bastare per scaricarsi la coscienza, per poi continuare a cercare di fare politica dentro questo stesso partito (Pd), che ormai ha perso ogni rappresentativita' di una sinistra che non c'e' piu', per cui si abbia il coraggio di uscire da questo pentolone e cercare, fuori il parlamento, una sinistra vera, fatta da valori e principi fondamentali, di cui andar fieri di farne parte, solo se si riesce ad organizzare una vera forza politica di sinistra, potremo contrastare la "piena" grillina che sta travolgendo la politica italiana, altrimenti siamo costretti a soccombere a questa forza devastatrice, che ci spazzera' via, come foglie al vento e questo solo per la nostra incapacita' di formare e unire forze di sinistra. Mi rivolgo a te, perche' hai a cuore queste problematiche, non fare e non fate, (mi rivolgo ad altri che la pensano come te), un"altra "Civatiana" figura, come ormai ci ha abituato, che tradotta in paesano si dice: una Pecionata, pertanto ricordati che alla fine la coerenza paga, per cui quando affermi che, nella lotta politica non sempre ci sono acque tranquille e quindi bisogna stare nel "gorgo" per cambiare le cose, credo che a volte cio' non corrisponde a verita', perche' il piu' delle volte il rischio e' di rimanerci imbrigliato e di affocare in un bicchiete d'acqua, oppure accorgersi che a forza di continuare a lottare nel gorgo per cambiare le cose, fuori le cose sono gia' cambiate, perche' nelle acque melmose in cui il partito e' abituato a navigare, ai cittadini non interessa piu' e, quindi ti ritrovi a combattere una battaglia, gia' persa, senza nessun seguito, senza un'esercito, senza cittadini che nel frattempo sono approdati in altri lidi, la' dove ancora e' possibile costruire una nuova sinistra di governo, la' dove le acque sono piu' limpide, la' dove si da' credibilita' ai valori e principi fondamentali che, la Carta Costituzionale ci insegna, la' dove queste idee si rispettano, puoi trovare il tuo posto naturale, altrimenti continuerai a navigare nelle acque melmose che, prima o poi ti annullano, ti soffocano, fino allo spegnimento totale della tua personalita', se e' questo che vuoi, continua sulla tua strada, ma senza rimorsi di coscienza. Non so se leggerai questo commento, sono parole scritte con il cuore in mano, sappi che io non sono stato mai comunista come te, sono stato socialista e forse dentro ancora lo sono, ma non avrei mai pensato che queste ideologie sane potessero andare a braccetto con chi le ha sempre combattute, ti premetto che sono e saro' sempre di Sinistra. Ora ti auguro buon lavoro.
RispondiEliminaPurtroppo la mia coscienza non è affatto scaricata e anzi condivide lo stesso travaglio della tua. Grazie per il messaggio appassionato.
Eliminaconsiglio di correggere la data del post. C'è scritto 23 dicembre 2014... :-)
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