Alla riunione del Gruppo dei senatori PD, tenutasi ieri, molti colleghi mi hanno chiesto di ritirare le dimissioni, reiterando il caloroso invito già rivolto da Matteo Renzi e dalla Direzione del partito nei giorni scorsi. Ho ringraziato tutti per l’amicizia che mi è stata manifestata con parole davvero generose e affettuose. Che si possa dialogare con tanto rispetto, pur nel vivo di un contrasto di opinioni, è una prova di civiltà della vita interna. Se fosse sempre così potremmo esserne orgogliosi come Partito Democratico. Spero sia sanata la ferita di luglio, quando chi criticava la revisione costituzionale fu accusato di voler mantenere la poltrona.
Ho riflettuto attentamente sugli argomenti che accompagnavano la richiesta di ritiro delle dimissioni. Sono molto ragionevoli, e in parte condivisibili. Non potevo certo rimanere indifferente. Ho convocato un dibattito interiore tra la mia ragione e la mia coscienza. La prima spingeva ad accettare la richiesta, ma la seconda me lo ha impedito.
Gli atti elementari che si possono compiere in politica sono due: la scelta e la testimonianza. Sono molto diverse tra loro nelle motivazioni e negli effetti. La scelta rimane sempre nelle mani di chi la compie, si può alterare e perfino ribaltare in base agli effetti che essa produce. La testimonianza, invece, è un messaggio che mentre si consegna agli altri sfugge dalle mani del suo autore. Il destino della testimonianza è di essere immodificabile. Chi la riceve è libero di farne ciò che vuole, di ignorarla come di apprezzarla.
La mia è stata appunto la testimonianza di un conflitto tra la coerenza e la responsabilità - tra il giudizio severo sul Jobs Act e l’appartenenza alla mia parte politica - e soprattutto di un disagio per un voto di fiducia che è servito solo a impedire ai senatori Pd di migliorare il provvedimento. Ormai è consegnata, secondo le regole, all’Assemblea del Senato, che ne discuterà prossimamente. Saranno poi tutti i senatori con il voto segreto a decidere sulle mie dimissioni. Per parte mia io so già che cosa farò il giorno dopo.
Nel Pd non mi sono mai sentito sull’uscio, anzi, mi sento tra i fondatori insieme a tanti altri. Mi piace chiamarlo Pd non ancora perché credo che possa essere migliore di come è oggi. Credo che non sia ancora riuscito a mettere a frutto le risorse civili di cui dispone, a fare veramente tesoro di tante esperienze di cittadinanza attiva, a dare voce al mondo del lavoro di oggi. Credo che non debba confondere l’indispensabile leadership con l’inutile plebiscito, e che possa prendere decisioni coraggiose senza mortificare le diverse opinioni. C’è molto da fare per i democratici, e il mio contributo di certo non mancherà.
Ragione e Coscienza: facoltà e capacità del pensiero umano purtroppo non sempre evidenti (esistenti???) in gran parte degli altri esponenti della classe politica ita(G)liana.
RispondiEliminaMi auguro, quali che siano le conclusioni del dibattito interiore convocato dallo stimato vecchio compagno di tante battaglie ed iniziative politiche, che non venga a mancare una voce importante per la sopravvivenza proprio di quel briciolo di "Ragione e Coscienza", oggi più che mai indispensabili nella gestione della politica.
Sono disgustata. Voto persone le persone per le loro idee e per l'impegno di portarle avanti, rappresentando l'elettorato e la nazione intera. Se finisce che mi ritrovo un burattino che vota come gli ordina il padrone della sua bottega, ridottasi ormai a vendere merce contraffatta in combutta con la presunta concorrenza, non basta che sono stata truffata ma devo pure sorbirmi le lagne sulla coscienza e la ragione e la diserzione in nome delle stesse. Se uno ha coerenza, ha coscienza e possiede il ben dell'intelletto, come può votare cose sconce che porteranno il Paese a sfasciarsi e lo ridurranno a livelli medioevali? L'economia e la democrazia stanno andando di pari passo a consegnarsi ad un'oligarchia priva di scrupoli. Lei ha il dovere di stare al suo posto ed esigere il rispetto della Costituzione e del programma elettorale del PD, accusando chiaramente di tradimento coloro che accusano lei. Ma tanto non ha la spina dorsale per farlo e finirebbe per restare lì a votare qualsiasi schifezza in nome della fedeltà ad un partito fascista perciò é meglio che, giacché ha votato una catastrofica fiducia per poi dare le dimissioni, onori almeno queste ultime e smetta di fare danni. L'ultimo sarà la testimonianza: la testimonianza di uno che mette un partito voltagabbana in cima ai propri pensieri, sacrificandogli la faccia propria e la pelle altrui. Se lei è uno dei piddini migliori, il cielo ci scampi dai peggiori. Giovanna
RispondiEliminaResto dell'opinione che le dimissioni siano un gesto pubblico e importante; una risorsa della democrazia quando si è in minoranza e si vede una linea di tendenza pericolosamente errata.
EliminaIl gesto di Ratzinger ha svegliato tutti. Tocci non è il Papa ma un politico serio e rispettato. Lo ammiro e lo ringrazio.
myschia.1357@libero.it
Non si va in Parlamento x essere maggioranza ma per rappresentare i cittadini: quegli stessi che non hanno rappresentanza in quanto la minoranza PD vota come gli ordina il padrone del partito e l'opposizione che denuncia e svela catastrofi e scandali viene lasciata sola. Le dimissioni servono in casi di coscienza, ma questo e' un caso di incoscienza. Un programma elettorale ribaltato, eseguito da gente comandata a bacchetta che esegue per opportunismo o x mancanza di senso del dovere. Tocci e' stato votato e pagato x difendere programmi e idee e non l'esatto contrario: dove sta il suo coraggio e la sua coerenza? Io vedo connivenza e ignavia conditi da una lagna vittimistica. Uno Schettino ammantato pero' di un'aurea di autostima x la sua diserzione che lui presume nobile e sublime mentre e' solo una genuflessione al suo partito sfasciatutto. Giovanna
EliminaNon è da tutti dimettersi in questo Paese. Ho detto tutto.
RispondiEliminaLa militanza che ho condiviso con Walter compagno del PCI quando avevo 20 anni mi fa comprendere cosa possa significare votare e poi dimettersi. La conoscenza e la stima di Walter persona mi onora di non averlo mai messo in discussione né come compagno né come persona. Le dimissioni, se accettate, non serviranno al partito, non serviranno al senatore e saranno l'ennesima beffa per la gente che lo ha sempre sostenuto. Il dramma vero è proprio questo!!!
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