Intervento all'assemblea delle minoranze "A sinistra nel Pd", Roma, Acquario, 21-3-2015
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Porto un dubbio in questa assemblea. Abbiamo saputo svelare la posta in gioco? Temo di no. Abbiamo accettato la frantumazione dei problemi: il bicameralismo, la legge elettorale, il Titolo V, ecc. Ma se si mettono insieme i pezzi del puzzle emerge una nuova figura istituzionale. Si cambia la forma di governo, senza neppure dirlo. Si realizza quel premierato assoluto che Leopoldo Elia paventava ai tempi di Berlusconi.
Non serve parlare genericamente di svolta autoritaria, rimaniamo ai fatti. All’aumento dei poteri dell’esecutivo non corrisponde un parallelo rafforzamento dei contrappesi, che anzi diventano più deboli di prima, quando c’era la democrazia parlamentare.
Un leader minoritario che raccoglie il 20-25% dei voti reali conquista il banco e insidia i massimi organi di garanzia costituzionale.
Il premio di maggioranza può essere utilizzato non solo per governare, che è legittimo, ma anche per consegnare allo spirito di fazione la legislazione sui diritti fondamentali, sulla libertà di stampa, sull’autonomia della Magistratura, sull’accoglienza dei migranti, sulla pace e la guerra.
Il capo del governo è legittimato direttamente dal voto popolare mentre il Parlamento è più delegittimato di prima, perché in gran parte nominato dal ceto politico regionale al Senato e dai capi corrente alla Camera.
Questo squilibrio di poteri non ha paragoni in Europa. Infatti, Renzi dice che ce lo copieranno. Ma è l’ennesima anomalia italiana che sbarra la strada verso una democrazia matura.
Le nostre critiche hanno riguardato i dettagli ma non il sistema. Perciò è apparso perfino eccessivo uscire dall’aula solo per le preferenze. Se il dissenso è debole nei contenuti e duro nelle forme si rischia di scivolare nello sterile antirenzismo che non viene compreso neppure dalla nostra gente. Anche perché abbiamo separato il tema istituzionale dalla società.
Il premierato assoluto è già in atto: nel governo che comanda sulla Rai; nel preside che comanda sugli insegnanti; nei ministri che comandano sui dirigenti sottoposti allo spoil system selvaggio; nei burocrati ministeriali che frenano i soprintendenti nella tutela del paesaggio; nei fondi internazionali che sottraggono le banche popolari ai territori; nello Stato che toglie poteri alle regioni aumentando il contenzioso; nella “manina” che cancella la frode per salvare gli evasori; nell’imprenditore che licenzia il lavoratore dicendo il falso in tribunale sulla crisi dell’azienda.
Nel Jobs Act si è visto il premierato perfetto: il governo propone una delega vaga, col voto di fiducia impedisce ai suoi parlamentari di precisarla e scrive il decreto ignorando i pareri delle commissioni. È il trasferimento del potere legislativo in capo all’esecutivo.
Abbiamo preso una sberla; ce la teniamo, magari rilasciando una dura dichiarazione alla stampa? Oppure rispondiamo con atti concreti. Avanzo tre proposte.
1) trasformiamo in un disegno di legge il parere approvato dalle commissioni e non recepito dal governo e chiediamo di votarlo; è ancora il Parlamento che approva le leggi.
2) prendiamo un impegno tutti insieme come minoranze: per come sono andate le cose, non voteremo più la fiducia sulle leggi che delegano il governo a legiferare, anche perché è una prassi di dubbia costituzionalità.
3) mettiamo sul tavolo delle riforme una proposta alternativa al sistema del premierato che assicuri il superamento del bicameralismo, tuteli le garanzie costituzionali e ricomponga il rapporto tra eletti ed elettori.
Però diciamoci la verità, non comincia oggi il premierato; da venti anni ha affascinato la sinistra, sempre alla ricerca della robotica istituzionale per surrogare la politica debole. Il governo che si forma la sera delle elezioni non esiste in nessun paese europeo, è un'invenzione della generazione post-comunista. Nessuno dei nostri leader si è mai davvero applicato a ricostruire un partito diverso dal passato, ma comunque radicato nella società. Tutti hanno cercato di rafforzare la leadership illudendosi che i premi di maggioranza potessero compensare la perdita dei voti popolari.
Renzi continua l’opera dei nostri leader, segue l’agenda di Luciano Violante, è un conservatore della Seconda Repubblica, ma appare come innovatore solo perché noi rimaniamo legati al passato. Se non vediamo gli errori del ventennio non comprendiamo perché alla fine siamo stati sconfitti. Perché la sinistra riformista si è consegnata al Rottamatore? Ho perso la speranza che a questa domanda risponda la mia generazione dei sessantenni. Spetta a voi, alle generazioni successive fare meglio di noi. Non vincerete mai nel Pd se non lascerete la casa paterna per andare nel mondo a cercare le ragioni della sinistra del XXI secolo, per vedere l’Italia con uno sguardo diverso dal nostro.
Da venti anni i leader di destra e di sinistra promettono grandi decisioni, ma i fatti non si sono mai visti. Gli uomini solo al comando regnano ma non governano. Eppure tutti li invocano. È l’ideologia italiana di questo tempo di decadenza, ma è profondamente antitaliana nella lunga durata. Nella storia nazionale dall’alto non è mai venuto nulla di buono, solo tragedie. I frutti migliori sono stati generati quando la politica si è connessa con le forze vive della società, dal miracolo economico, alla conquista dei diritti sociali e civili, alla lotta al terrorismo, all’ingresso nell’euro, alla creatività dei distretti e della scuola di base. Spetta a voi, alle generazioni successive portare nel nuovo secolo questa italianissima democrazia generativa superando le algide ingegnerie istituzionali dei vostri padri.
Ma la priorità assoluta della vostra generazione è cambiare l’asse della politica europea. Il Jobs Act è venuto dall’incitamento di Francoforte, non dimentichiamolo. Le famose riforme di struttura hanno bisogno di governi dall’alto perché non convincono i popoli. Sembrano indiscutibili ma hanno ottenuto solo il consenso di circa il 25% dei cittadini aventi diritto al voto nelle ultime elezioni europee, gli altri non hanno votato o hanno sostenuto liste anti-Unione. È la stessa percentuale del costituendo premierato italiano. Il “quarto di democrazia” sembra la misura politica del nostro tempo, quello dei governi maggioritari entro democrazie minoritarie.
La frattura tra élite e popolo ha raggiunto una profondità mai vista prima nella storia europea, almeno dall’epoca dell’Ancien Régime. Le classi dirigenti galleggiano sull’esistente, ma non sanno indicare mete ambiziose; si affidano a stupidissime regole macroeconomiche perché non sentono la responsabilità delle grandi scelte politiche che fanno epoca; sono ossessionate dall’ideologia del debito fino al punto di attribuire le differenze storiche e sociali alle colpe antropologiche dei paesi “spreconi”.
Su questo si è consumata la secessione delle élite mediterranee. Hanno accettato la colpa-debito (Schuld), facendo i compiti a casa invece di mettere in discussione l’intera politica europea che aggrava la crisi, come riconoscono ormai quasi tutti gli osservatori internazionali.
La frattura è diventata una voragine nella quale è rotolato quasi tutto il socialismo mediterraneo, scomparso quello greco, superato da Podemos quello spagnolo, al minimo storico quello francese, schiacciato tra grillismo e renzismo quello italiano. Stupisce il silenzio, anche tra noi, sulla crisi del socialismo mediterraneo. Eppure essa è connessa alla manifesta incapacità dell’Europa di influire sul Mediterraneo in subbuglio. In questo antico mare si giocheranno le questioni decisive del secolo che viene: la pace e la guerra, il dialogo tra le religioni monoteistiche, le migrazioni dei popoli, la crescita economica, il problema energetico.
L’Europa di Maastricht è stata generosa con i paesi dell’Est che uscivano dalle dittature, ma non ha aiutato le primavere arabe, inviando solo contratti petroliferi e bombardamenti sulla Libia. Le guerre di oggi sono anche figlie dell’ignavia europea di ieri.
L’Italia non può limitarsi a chiedere flessibilità nei conti e qualche nave per Frontex. Roma non deve lasciare sole Atene e Tunisi. Bisogna mettere in discussione la politica economica autolesionista che impoverisce e divide il continente. Occorre una nuova politica euro mediterranea. L’Italia ha saputo connettere unità europea e cooperazione col mondo arabo. Ha saputo farlo nella guerra fredda, da Fanfani a Craxi, è incredibile che non riesca neppure a immaginarlo oggi in un mondo più aperto.
Questa è l’occasione e anche la responsabilità del Pd, che è diventato, per merito di Renzi – non senza una certa ironia della storia – il primo partito del PSE. Deve promuovere nella famiglia socialista la svolta euro mediterranea. Non può bastare la bella foto degli scamiciati alla festa dell’Unità, né la bella cravatta regalata a Tsipras, occorre una politica di lungo respiro.
La minoranza deve pensarsi come maggioranza proponendo a tutto il Pd di promuovere l’unità della sinistra europea per superare le angustie di Maastricht. Siamo all’altezza del compito? Non so, ma intanto proviamo a fare l’esatto contrario dell’anno passato. Non seguire sempre e solo l’agenda che ci viene imposta, ma proporre progetti nuovi per l’Italia e l’Europa. Non passare le giornate nel battibecco mediatico, ma chiamare tutte le risorse sociali e intellettuali a rinnovare la cultura della sinistra. Non rimanere chiusi nei nostri caminetti, ma coinvolgere i tanti militanti che cercano ancora un partito degno di questo nome.
Non sappiamo quale sarà il destino del Pd. Ci auguriamo il migliore. Ma se dovesse fallire nei suoi compiti ci rimarrebbe il rammarico di non aver fatto tutto ciò che era nelle nostre possibilità.
Perchè secondo me non siete credibili (mi riferisco a quelli che orgogliosamente si definiscono i DIVERSAMENTE PD ....... che abbiamo visto e sentito ieri). :
RispondiElimina1) la maggior parte dei costituzionalisti non condivide il vostro allarme che i massimi organi di garanzia sono in pericolo
(leggere http://www.libertaeguale.com/files/ceccanti.pdf )
2) il Jobs Act serve al paese per avere la stessa flessibità che hanno altri grandi paesi industriali
(leggere http://www.pietroichino.it/?p=1079
Paolo del Romano
Cioè Ceccanti sarebbe "la maggior parte dei costituzionalisti"? LOL
EliminaE Ichino sarebbe il punto di riferimento per decidere che "il Jobs Act serve al paese"? LOLLONE
Walter, sono d'accordo su alcune cose, su altre meno. I giovani di cui parli, e che dovrebbero raccogliere il testimone, chi sono esattamente? Per fare le cose che dici bisogna poter essere politici di professione. O ricchi liberi professionisti. O professori universitari (ma con pochi impegni accademici)
RispondiEliminaAndrea
Walter, condivido la tua analisi, ma non la tua rassegnazione. Né la tua, né quella della sinistra PD. Si capiva che andava a finire così già da quando Veltroni volle quello statuto e insistette sulla vocazione maggioritaria del PD (fece fuori la sinistra). Quando ogni leader del PD promuoveva seminari e colloqui con esponenti del centro-destra. Napolitano ha fatto pure da cinghia di trasmissione. Incredibile ci si adegua sempre al peggio, mai al meglio. Finché i sessantenni del PD continueranno ad "colloquiare" con il centro destra dentro e fuori il PD e non decideranno di rischiare di perdere la poltrona (tanto l'hanno persa, se dipenderà da Renzi,comunque vada) non se ne esce. Ma accidenti persino il Papa vi ha dato l'assist! Che aspettate a rimettere in piedi il PCI? Se la legge elettorale tutelerà il partito di Alfano, piuttosto esiguo, figuriamoci se un nuovo PCI, non entrerà in Parlamento! E, allora, dai muovetevi! Ciao.Nikita/Franca
RispondiEliminaSolo alcune cose:
RispondiElimina1) Il titolo V, voluto dal PD, è la principale causa del lievitare delle spese delle regioni, del malaffare e della corruzione, con le regioni meridionali e il Lazio che perdono una manovra correttiva l'anno.
2) La riforma del lavoro sostituisce la forma di caporalato che permetti a diversi gruppi (stranieri) di piazzare lavoratori presso le aziende a prezzi maggiorati e senza alcuna garanzia per gli stessi.
3) Ai tempi della guerra in Libia l'unico ad opporsi fu Berlusconi, sbeffeggiato e accusato da tutti di perseguire interessi personali e non istituzionali. Napolitano mise in atto la sua forza per spingere l'Italia a partecipare al rovesciamento di Gheddafi. Oggi possiamo intuire la lungimiranza politica.
4) Il governo Monti operò una serie di provvedimenti chiaramente contro le parti meno abbienti, (Fornero, IMU ed altro) aumentando notevolmente la disoccupazione (stile Grecia) e riducendo il PIL, senza intaccare minimamente i poteri forti e i centri di spesa ingestibili nei vari ministeri. Il PD si è vantato di essere stato il più fedele sostenitore di Monti, il sobrio, contro Berlusconi, l'innominabile.
5) Se si ecettuano la lenzuolata di Bersani e l'ingresso nell'Euro, non mi ricordo nulla di significativo della sinistra negli ultimi 20 anni, prima di Renzi, che ha dato 1.000 euro ai redditi più bassi: Letta ha impiegato 9 per decidere di non far pagare la seconda rata di IMU, sottostando al ricatto di Berlusconi-Alfano, per poi introdurre la TASI per coprire i buchi lasciati presso tutti i comuni (che poi hanno ovviamente provveduto ad innalzare le aliquote).
6) L'idea che si fa la gente di queste discussioni, legittime, è che la minoranza PD discute di aria fritta, perchè a cosa serve il bicameralismo, le garanzie del Presidente, etc..., se per decenni i soliti noti hanno rubato di tutto e di più, e hanno mandato al tappeto la nostra Nazione? Quale garanzia democratica e costituzionale ha approntato il Senato, permettendo che 6-7 Italiani diventassero poveri, il tessuto industriale fosse smantellato, le aziende Italiane svendute agli stranieri, e i soldi dei politici, vitalizi in testa, sempre salvi?
7) Quando si parla di politiche europee miopi verso il mediterraneo, occorre meditare quanto vale il nostro peso in sede europea, dopo anni di screditamento continuato e di mancate riforme, auspicate per decenni dall'Italia e non dall'Europa (la bicamerale che resuscitò un Berlusconi moribondo, approdando al nulla, fu voluta e presieduta dallo stratega D'Alema, che adesso incita gli altri a fare atti concreti).
8) La distruzione di un pilastro economico e industriale come le telecomunicazioni in Italia con perdita di decine di migliaia di posti di lavoro e l'uscita da uno dei pochi settori tecnologici presenti nel paese, lo si deve a chi autorizzò (governo D'Alema) la scalata di Telecom a chi non aveva neanche i soldi per acquisire una mini azienda, con il risultato che la più ricca azienda Italiana è stata depredata e affossata da 40 miliardi di euro di debiti.
9) L'aumento delle pensioni minime fu deciso da Berlusconi, non dalla sinistra.
10) Berlusconi fu criticato da tutti per la vicenda Alitalia, con esborso dei contribuenti di miliardi di euro, per nulla. Ma i sindacati che adesso protestano, non sono stati e sono consenzienti affichè gli Italiani paghino 10.000 o 20.000 euro al mese di cassa integrazione a decine o centinaia di piloti Alitalia, che allegramente lavoravano per altre compagnie? Nello stesso periodo ci sono milioni di disoccupati che 10.000 euro non li hanno mai visti e forse mai li vedranno, rimanendo in Italia.
A presto,
Michele
tocci,senatore che non vota è già una contraddizione in termini.Penso inoltre che si disse che il pd doveva essere una fusione di vari riformismi,ma se il segretario non ha il pedigree degli ex-comunisti(non ancora socialisti)allora è di destra e progetta una svolta autoritaria.Ma via siamo seri
RispondiEliminadall'intervento del senatore si evince un tipo di democrazia fatta di mille discussioni e nessuna decisione.Non se ne può +
RispondiEliminaUna minoranza di sconfitti... incazzati e preoccupati per le poltrone ... solo questo siete... non credibili ... anzi schifosamente opportunisti. E non potete insegnare niete a nessuno. Le idde dovevate farvele venire quando sonnecchiavate all'ombra del centro destra... facendo finta di afre opposizione ...a chiacchiere. Non capite che state facendo il gioco delle destre? certo che lo capite...ma non è una vostra priorità...
RispondiEliminaInteresting post I enjoyed read this
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