mercoledì 20 gennaio 2016

Per la riforma costituzionale che non è stata ancora scritta

Intervento in Senato nella lettura finale della revisione costituzionale del 20 Gennaio 2016.

La revisione costituzionale è invecchiata prima di nascere. È rivolta al passato, sigilla il presente e non dice nulla al futuro del Paese.
Le decisioni più importanti sono rinviate o nascoste. È rinviata la diminuzione del numero delle Regioni. È nascosta la cancellazione del Senato. È negata la riduzione del numero dei deputati.

Diventa più conflittuale il rapporto tra Stato e Regioni, poiché entrambi i livelli sono dotati di competenze definite esclusive, che non possono trovare alcuna mediazione dopo la cancellazione della legislazione concorrente. Il superamento delle piccole Regioni, invece, avrebbe creato macroregioni più adatte a cooperare con la politica nazionale e a muoversi nello spazio europeo. Il governo ha promesso di realizzarle con una prossima revisione costituzionale, ammettendo clamorosamente che oggi si approva una legge non risolutiva.

Il nuovo procedimento legislativo è farraginoso. Aumentano i conflitti di competenza e si producono nuovi contenziosi presso la Consulta. Palazzo Madama diventa un dopolavoro per amministratori locali, un’assemblea senza prestigio che cercherà di riguadagnare i poteri perduti ricorrendo allo scambio consociativo con il governo. Se doveva cadere così in basso era più dignitoso abolire il Senato. In una sola Camera sarebbe stato ineludibile definire i contrappesi del sistema maggioritario: votazioni qualificate sui diritti fondamentali, poteri di iniziativa delle minoranze, controllo dell’attività governativa. Il monocameralismo ben temperato è preferibile a un bicameralismo pasticciato.

La maldestra propaganda sui costi della politica si è arenata in Transatlantico. Si conserva l’anomalia di una Camera di 630 membri che non ha pari in nessun Parlamento europeo. Un’assemblea tanto grande quanto debole, i cui membri devono tutto alla nomina dei capipartito oppure all’aumento dei seggi connesso con l’elezione del premier. Si doveva ridurre il numero dei deputati e selezionarli nei collegi uninominali, senza ricorrere ai signori delle preferenze e ai nominati dell’Italicum. Si sarebbe rafforzata l’autorevolezza della Camera nei confronti dell’esecutivo. La democrazia americana, pur guidando un impero, non ha mai rinunciato all’equilibrio di poteri tra Governo e Parlamento.

Perché tante occasioni perse? La mancanza di una vera riforma ha prodotto un testo lunghissimo, di scadente fattura normativa, di sgradevole gergo burocratico. Basta leggere, ad esempio, le ulteriori competenze del Senato definite – cito testualmente l'articolo 10 - nelle “leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132, secondo comma”. Si, è scritto proprio così. Sembra un decreto “mille proroghe” e invece è un brano costituzionale, è uno scarabocchio che offende il linguaggio semplice e intenso dei costituenti. Da come parli capisco che cosa vuoi, suggerisce il buon senso popolare. La forma sciatta rivela il basso profilo politico.

Il vizio d'origine consiste nel cambiare la Costituzione per stabilizzare un governo altrimenti privo del mandato elettorale. Bisognava modificare subito il Porcellum per restituire la parola agli elettori. Invece, l'esigenza politica contingente prevale su ogni garanzia istituzionale, fino al paradosso di riscrivere la seconda parte della Carta in un Parlamento eletto in forma illegittima. In Italia non si governa per migliorare lo Stato, si cambia lo Stato per rafforzare il governo. Al contrario, le Costituzioni disciplinano la politica e conquistano la lunga durata.

Su questo principio sono fallite le riforme dell’ultimo ventennio. Approvate sempre da una parte contro l’altra, per puntellare i governi che avevano perso la fiducia degli elettori, come fece Berlusconi nel 2005 e, ahimè, anche la mia parte con il Titolo V. Si ripetono tutti gli errori già commessi da destra e da sinistra, mettendoci anzi più entusiasmo, fino a chiedere un plebiscito personale. Il Presidente Renzi è il grande conservatore della Seconda Repubblica. Si erige un monumento alle ideologie del ventennio, proprio mentre tramontano in tutta Europa.

Tutto era cominciato negli anni novanta con le speranze di una sorta di modello Westminster all’italiana. Oggi il bipolarismo è in affanno anche in quell’antico palazzo inglese, non esiste più in Spagna, è travolto in Francia dal lepenesimo, è sterilizzato dalle larghe intese in Germania. L’Italicum e la legge Boschi si accaniscono a tenerlo in vita artificialmente, ricorrendo al premierato assoluto senza contrappesi: può iniziare da una minoranza del 20% degli aventi diritto al voto che poi conquista il banco e impone la propria volontà alla maggioranza del paese. Tutto ciò aumenta l’astensionismo e riduce il consenso verso la competizione bipolare. Ovunque la vecchia dialettica tra i partiti è travolta dalla nuova frattura tra élite e popolo. I paesi europei sono diventati ingovernabili per eccesso di governabilità.

Si è dimenticata una semplice verità: per guidare le società frammentate di oggi occorre un consenso più ampio di ieri; le classi politiche debbono imparare a convincere i popoli invece di ridurre la rappresentanza; i premi di maggioranza alla lunga non riescono a surrogare gli elettori che non votano.

Si è ridotta la politica a mera amministrazione di sistema. Da qui è scaturito il primato degli esecutivi sui Parlamenti. Ma nell’orizzonte europeo tornano i grandi dilemmi della pace e della guerra, dei limiti e dei nessi tra religione e politica, dell’accoglienza e del rifiuto dei migranti, della libertà individuale e dell’etica pubblica, della potenza tecnologica e dell’intangibilità della vita, dello sviluppo economico e della durata della Terra. Non sono problemi risolvibili dagli esecutivi, sono conflitti contemporanei che hanno bisogno di nuovi riconoscimenti culturali e politici. E saranno possibili solo in un'inedita democrazia parlamentare, come non l'abbiamo ancora conosciuta. Quella del secolo passato seppe neutralizzare i conflitti Stato-Chiesa, città-campagna e capitale-lavoro. Sono ancora da immaginare i Parlamenti capaci di ricomporre le fratture della civiltà europea nel nuovo secolo. È la sfida politica dei tempi nuovi.

Il mondo che abbiamo davanti è molto diverso da quello degli anni novanta. Le riforme istituzionali della seconda Repubblica sono ormai vecchi arnesi. La riforma costituzionale per il futuro italiano non è stata ancora scritta.


P.S. - In sede di votazione finale ho confermato il No che avevo già espresso nella prima lettura della legge costituzionale. 


15 commenti:

  1. Bravo Walter. Limpido, coerente, determinato. Sono certo che il tuo voto sarà conseguente alle tue parole
    un abbraccio, eddy

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    1. Ho appena votato NO alla legge costituzionale; ti abbraccio caro Eddy.

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    2. Il tuo discorso è bello e non fa una piega ... ma allora ti chiedo: come fai a restare nel PD? proprio per coerenza ... per me sarebbe impossibile, essere presa in giro costantemente dal dittatorello Matteo Renzi (che ormai mi fa vergognare di essere toscana!!).

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    3. mi chiedo la stessa identica cosa

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  2. A piegare la realtà è la velocità dei mutamenti politici e sociali ed economici;altri Paesi come la Germania, Spagna,Francia,per la prima volta della loro storia, registrano la nascita di aggregati politici mai conosciuti in passato.Questi Paesi saranno costretti a modificare le loro costituzioni e, se vorranno governare, saranno costrette,come l'Italia,a modificare le loro costituzioni.

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  3. Bisognava modificare subito il Porcellum per restituire la parola agli elettori...E perchè non lo si è fatto a tempo debito, ad esempio prima delle elezioni del 2013? Forse perchè Bersani pensava di avvalersene in vista di una "facile" vittoria elettorale? E dove eravate quando il SOLO R Giachetti faceva lo sciopero della fame contro il famigerato Porcellum?.

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  4. Ero al fianco di Giachetti e sono rimasto convinto del Mattarellum fino alla fine. Il mio emendamento all'Italicum era molto semplice: ripristinare i collegi del Mattarellum; Renzi mi disse che era una buona idea ma non si poteva fare senza l'intesa con Berlusconi. Non ho mai capito perché dopo la fine del patto del Nazareno non siamo tornati alla legge elettorale basata su collegi uninominali.

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    1. perchè quel patto non è mai finito adesso c'è Verdini!

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  5. Walter, ti ho conosciuto come una brava, onesta e coerente persona. Se per te può valere qualcosa sappi che per me, con questo intervento, confermi questi valori in tutto e per tutto. Quasi tutti gli odierni rappresentanti che siedono alla Camera e al Senato non sono degni di rappresentare queste istituzioni.Un abbraccio.

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  6. ciao Walter
    il tuo intervento è lucido come quelli che facevi in Selenia negli anni '70,o che facevi,sempre negli stessi anni, nelle aule di Fisica circondato dagli autonomi .
    Mi chiedo però perchè non rendi più popolari/pubbliche le tue idee, certo servirebbe a tanti a capire megli cosa stà succedendo e quali errori sono
    impliciti nella Riforma Costituzionale.
    Ti salutoe spero in una tua maggiore visibilità.
    Roberto G.

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    1. Grazie Roberto, mi è caro il ricordo delle comuni battaglie sindacali in Selenia

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  7. Caro Walter sono tornata a leggere questo tuo lucido e lungimirante intervento sulle riforme istituzionali e della Costituzione perché adesso è il momento per il popolo di decidere sul referendum e sento la profonda esigenza di fare una scelta consapevole. Ti ringrazio davvero per la profondità dei tuo pensiero scevro da appartenenze e libero solo delle tue idee e convinzioni. E' prezioso per me come l'acqua. Grazie.

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  8. leggo solo ora questo tuo articolo e concordo con te sulla validità della proposta anche se da buon democratico sono convinto che una volta che una maggioranza ha deciso bisogna accettare la decisione pur continuando a combattere per le proprie posizioni. Mi pare di capire che nella nuova legge i collegi sono più piccoli e per questo tendono ad avvicinarsi all'uninominale. Io credo che la "così detta" minoranza PD al Senato, molto eterogenea, non ha saputo elaborare una proposta alternativa che fosse condivisibile in una maggioranza che è quella che è e della quale bisogna prendere atto. Tanto si vede con il comportamento del M5S per le Unioni Civili come la vecchia politica non è morta anche tra i nuovi movimentisti. Voler dimostrare la minoranza del PD in Senato per appoggiare la legge francamente mi è parso un prezzo troppo alto. Dicevo e chiudo per non annoiarti che una proposta unica della minoranza da confrontare tra gli iscritti non ci sia stata. Tutte opinioni pseudo-personali, Molti desiderosi di difendere una poltrona che oggi conta. qualcuno che esce portandosi via il pallone come si faceva da ragazzini. Il risultato è un PD molto più debole. Continuo a dire PD e non "Renzi" perché è quello che è gestito da una maggioranza che può non piacerci ma è quella e la buona politica dice che bisogna operare per sostituirla e non andarsene. Purtroppo siamo sempre stati pieni di depositari della verità e poco di veri combattenti. Spero che tu rimanga perché spesso mi trovo in sintonia con te. Io sono rimasto anche quando il partito era gestito in pratica da D'alema e la sua gestione, ti posso assicurare, mi piaceva meno di quella dell'attuale Renzi, che non sarà ortodosso ma almeno ci mette la faccia. Sono convnto che ne avremo la controprova al Referendum. Se, perso il referendum, come ormai mi pare scontato se ne va veramente allora perdiamo un buon leader che con tutti i limiti ci ha portato al 42%, diversamente va cacciato.

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  9. Che il numero di parlamentari sia anomalo in Italia è matematicamente falsificabile. In un mio vecchio studio del 2011 ho dimostrato che tutti i paesi europei hanno una media comparabile con gli altri, compresa l'Italia.

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